“Quest’anno ci sarà una riduzione del 70 p.c. della produzione di oliva rispetto al 2020”. Questa la prima stima dell’ingegnere agronomo David Banko, che ogni anno segue l’andamento del comparto olivicolo nell’Umaghese, che conta oltre 250mila piante. “Purtroppo, la stagione, iniziata molto bene – prosegue –, a causa delle escursioni termiche è proseguita male e ora le stime non sono buone, perché la produzione rispetto all’anno scorso scenderà notevolmente. In alcuni oliveti ci sarà ben poco da raccogliere, in altre poco, appena il 30 p.c. rispetto all’anno scorso e forse anche di meno. Comunque la situazione cambia, da zona a zona, ma ora le cose sono messe male, soprattutto per chi si occupa solamente di produzione olivicola”.Lo scorso anno, come molti ricorderanno, l’oliva è stata tanta, ma le rese sono state scarse. Molti olivicoltori non potevano credere di avere auto rese molto basse, anche di appena 7-8 chilogrammi d’olio su un quintale d’oliva. Altri, ma pochi, hanno raggiunto rese tra il 10 e il 14 p.c. I più da una tonnellata d’oliva hanno ricavato a malapena dai 70 ai 100 chilogrammi d’olio.
”Purtroppo, a causa della siccità, dalla fine di giugno e durante tutto il mese di luglio si è verificata la caduta delle olive e ora la preoccupazione è tanta – dice ancora l’ing. Banko –. La Bianchera resiste un po’ meglio, ma il Leccino no, tanto che alcune piante sono completamente prive del frutto. Ci saranno delle conseguenze sul mercato dell’extravergine, con gravi ricadute sui guadagni, che saranno penalizzanti per molti olivicoltori, che in questo comparto hanno investito molto negli ultimi trent’anni”.
Poco da salvareA questo punto c’è poco da salvare, mentre i parassiti, come la mosca olearia, sono ininfluenti, perché molti produttori hanno deciso di non raccogliere quel poco che è rimasto. Dunque ogni anno è diverso, molto spesso difficile, come lo è questo 2021, che alla fine non sarà buono. Per tutte queste ragioni nell’Umaghese molti imprenditori agricoli hanno deciso, oramai da anni, di non puntare più su una produzione unica, ma su colture diverse, cioè sulla policoltura o pluricoltura. Se per gli oliveti e i vigneti c’è una tradizione da mantenere, chi si occupa d’agricoltura oggi punta anche sulla rotazione delle colture, piantando cipolla, patate e pomodoro su vasta scala. I tempi sono cambiati e l’agricoltura, si sa, è particolarmente soggetta agli eventi atmosferici e alle escursioni termiche, come le gelate primaverili (in aprile, per esempio, avevamo fotografato dei campi completamente ghiacciati), il forte vento e la siccità estiva.
Il vino e l’olivo d’oliva sono le colture regine di questo territorio, che negli ultimi anni hanno conosciuto un’enorme salto di qualità grazie anche alla Regione istriana, che ha recepito le esigenze dei contadini e delle autonomie locali della penisola. Tuttavia, il settore è sempre nelle mani di madre natura, che quest’anno è stata meno generosa con gli olivicoltori rispetto al passato.Per quanto riguarda invece il potenziale di crescita, questo è in aumento. Oggi infatti soltanto il 20 p.c. dell’olivicoltura nazionale è intensiva, mentre un buon 30 p.c. è in coltivazione estensiva, in zone prettamente collinari. La zona olivicola del vasto Buiese è molto grande: conta 400 chilometri quadrati e non è uniforme. Per queste ragioni il clima e le sue variazioni spesso causano danni a macchia di leopardo.Quando a Umago c’è la grandine, a pochi chilometri di distanza splende il sole e nulla è prevedibile. “Ci sono zone più o meno esposte ai venti, alla grandine o al freddo – spiega l’ing. Banko –. Chi si occupa d’agricoltura sa che non è facile controllare gli eventi atmosferici e tanto meno prevenirli. Possiamo soltanto effettuare i trattamenti in tempo, per evitare malattie o la diffusione di insetti, come la mosca olearia. Ma per il resto c’è poco da fare”.
Franco Sodomaco – 29/08/2021
Fonte: La Voce del Popolo