Il Comitato provinciale di Milano dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia giovedì 30 settembre ha di nuovo affrontato il tema dell’Isola Calva, presente all’incontro il giornalista de “Il Giornale” Matteo Carnieletto.
Riportiamo qui di seguito una sintesi dell’incontro a cura di Claudio Fragiacomo, dirigente dell’Anvgd di Milano .
Il nome esotico non deve trarre in inganno: non si tratta di un’isola caraibica, dalle bionde spiagge morbide e le palme illuminate dal sole del tramonto. Ecco come appare quest’isola nella descrizione del giornalista Matteo Carnieletto, autore del reportage “Goli Otok la Memoria Infranta”: “All’alba, Goli Otok è pallida. Un’isola anonima contro cui si infrangono le onde oleose del Quarnaro. Guardandola dalla terra ferma non si vede alcun tipo di vegetazione; non si scorgono né alberi né arbusti. Dall’acqua emerge solo una distesa di roccia livida e sterile…”
Il giornalista Matteo Carnieletto de “Il Giornale” ha dedicato al dramma dei confinati a Goli Otok una conferenza, dai toni accorati e dalle tinte forti, seguita dai nostri associati in diretta Facebook e registrata sul canale YouTube del Comitato di Milano.
L’argomento è ignoto ai più con il distacco dal “Cominform”, avvenuto nel giugno del 1948, Tito chiese ai suoi seguaci di abiurare la dottrina imperialistica di Stalin per appoggiare la sua svolta autonomista. In quel momento, c’era una larga parte di ex partigiani e suoi sostenitori che credevano nell’internazionalismo comunista di Stalin, a cui aveva aderito fino a quel momento lo stesso Tito.
Costoro si chiesero come mai avveniva quella svolta, ed il solo interrogativo, il solo dubbio fu punito con inaudita crudeltà, relegandoli nell’Isola Calva (Goli Otok). A questo gruppo di dubbiosi appartennero non solo i cosiddetti “monfalconesi”, cioè operai del cantiere navale di Monfalcone istigati dal partito comunista italiano a trasferirsi in Jugoslavia per aiutare i fratelli jugoslavi, ma anche un certo numero di intellettuali italiani.
Furono tutti puniti con un periodo di brutale detenzione in quest’isola, dove alcuni non sopravvissero alle tremende fatiche e umiliazioni a cui furono sottoposti con il pretesto di “rieducarli”
Sulle orribili esperienze dei condannati di Goli Otok non mancano le testimonianze, sia saggistiche, che documentaristiche. In questo secondo ambito voglio ricordare il documentario di Franco Giraldi “C’erano solo pietre”, in cui il regista raccoglie le testimonianze di un operaio fiumano e di uno scrittore di Rovigno (Gino Kmet ed Eligio Zanini, il secondo lui stesso autore di un romanzo su Goli Otok, Martin Muma, unico suo romanzo e capolavoro).
In campo saggistico, oltre al libro di Giacomo Scotti su Goli Otok, fondamentale è l’apporto del Centro Ricerche Storiche di Rovigno, con il saggio di Luciano Giuricin. La conferenza è stata seguita da un pubblico attento, che ha espresso la sua soddisfazione per l’importanza e l’attualità dei contenuti. Mi ha impressionato come da una narrazione che induce alla meditazione sulle miserie umane sia scaturita da parte di un attento ascoltatore una proposta concreta.
Il giornalista Matteo Carnieletto, alla conclusione del suo intervento, aveva evidenziato le differenze di “trattamento” da parte delle autorità croate di due esempi di lager, quello di Arbe, gestito dal Fascismo, e quello di Goli Otok, gestito dal Comunismo.
Il primo era degno di memoria da parte dei visitatori, il secondo era lasciato in condizioni di abbandono offensivo, con un trenino che lo percorre senza alludere ai drammi vissuti dai condannati in quell’isola.
La proposta deriva dalla constatazione: “Un luogo di testimonianza abbandonato e concesso a un dissacrante sfruttamento turistico. Tutto il contrario, ci attesta il giornalista, della cura di tre giardinieri sempre presenti su Arbe. Doppio standard.”
Che fare? – si chiede l’autore di queste considerazioni, Valter Lazzari Un primo strumento può essere la Risoluzione Parlamento Europeo del 19.9.2019. Inoltre l’Associazione “Inter Asso” (congresso di Erfurt, il 6 e 7 settembre scorsi) ci porta a meditare. Sono stati i croati stessi a evocare Goli Otok e questo è molto significativo. C’è il comune riconoscimento che esso può diventare luogo simbolo, e testimonianza didattica di cosa è stato il Comunismo.
Conclude Lazzari: “Allora non è economicamente impossibile, se ci si unisce, croati e italiani (magari attraverso Inter Asso stessa), ottenere in affitto o in acquisto una parcella, un rudere, un manufatto di pochi metri quadri dove poter allestire un proprio museo, fare testimonianza, lavorare per circoscrivere lo svilimento operato dal turismo macabro.”
Sono parole che inducono alla riflessione e dovrebbero spronare all’azione gli uomini giusti.
Fonte: Como Live, Resegone Online, Valtellina News e Varese In Luce.