Come preannunciato nell’Arena di marzo, il “Libero Comune di Pola in Esilio” è uscito dalla Federazione. La decisione, assunta dal Consiglio Comunale in data 17 marzo u.s. a Milano, è stata ratificata a maggioranza dall’Assemblea Generale dell’Associazione, tenutasi a La Spezia in data 19 maggio 2007, in occasione del 51° Raduno Nazionale degli Esuli da Pola.
Sarebbe ripetitivo citare nuovamente le ragioni specifiche che hanno portato a questa decisione, già esplicitate in precedenza su questo giornale; opportuno, invece, ribadirne almeno quelle a carattere generale. Così come detto, a sostegno della ratifica della decisione, dal nostro a tutti noto socio e collaboratore, Danilo Colombo, da innumerevoli anni attento alle nostre vicende: “ quando un’organizzazione, una federazione nata per svolgere un’azione comune su problemi comuni s’ammala cronicamente di verticismo e poltronismo, cala decisioni dall’alto senza una consultazione preventiva o difformemente da quanto prima collettivamente concordato, alza un muro davanti ad ogni serio tentativo di migliorarne la rappresentanza e la funzionalità, taccia chi critica il suo modo di operare di ribellismo, sconsideratezza, guastafestaggine … è tempo di dirle ciao…Quando l’agire con diplomazia è inteso come l’arte di non prendere mai di petto i problemi glissando sulle difficoltà; di vasellinare ogni screzio in nome, a parole, dell’unità; di adeguarsi agli umori di chi dirige il vapore; di dimenticarsi del proprio senso di responsabilità in nome del quieto vivere … è ora di tirarsene fuori”.
In effetti, e sarebbe scorretto il sottacerlo, c’è stato anche chi, come il consigliere Lino Vivoda, si è espresso in senso contrario, ossia per l’inopportunità della decisione, giustificandola però con il solo timore che, uscendo dalla Federazione, avremmo dato estro alle altre note associazioni degli esuli di riversare solo su di noi – e sull’Unione degli Istriani, anch’essa contestualmente uscita dalla stessa – l’accusa di averla distrutta e, fatto ancor più criminalizzante, di aver compromesso il buon esito delle consultazioni in atto con l’attuale Governo. Meglio, a suo dire, stare “alla finestra” ed attendere che si liquefacesse da sola. Timore non peregrino il suo, come attestato dalla lettura degli editoriali dei signori Toth e Brazzoduro sui rispettivi giornali Difesa Adriatica (maggio) e Voce di Fiume (aprile), ma non convincente per ribaltare la decisione assunta in sede di Consiglio Comunale. Non sono stati forse proprio il passivo attendismo e la paura o il timore riverenziale, nei confronti di persone ed eventuali conseguenze, a determinare la situazione di stallo in cui siamo venuti a trovarci e la generale e profonda insoddisfazione che pervade la base degli esuli? C’è davvero chi crede che, uniti o disuniti, noi esuli si abbia ancora un potere contrattuale in termini elettorali? Illusione! Le forze politiche, ammesso che lo si abbia mai avuto, ci hanno già detto in faccia brutalmente e con arroganza che non l’abbiamo. La nostra futura possibilità di successo dipenderà esclusivamente dalla chiarezza e fermezza delle nostre richieste e, soprattutto, dalla determinazione a denunciare, a livello nazionale ed internazionale, il prevedibile omertoso atteggiamento del Governo nei confronti dei nostri problemi.
Nessuna sorpresa, dunque, per le scontate accuse che vengono rivolte alle due Associazioni “istriane” (la terza, le Comunità Istriane, ha preferito al momento assumere una posizione agnostica. Peccato!); trattasi, però, di accuse di parte interessata, volte più che altro a giustificare il proprio operato ed a mettere le mani avanti in previsione di un andamento insoddisfacente delle trattative in corso, di cui si dichiarano artefici unici. Gli interrogativi e le relative risposte del Presidente Toth e l’epiteto di “falsi profeti” attribuitici dal Presidente Brazzoduro possono, forsem, eccitare e convincere coloro che hanno informazioni solo parziali e pilotate del reale andamento delle nostre cose, ma di certo non preoccupare o spaventare, tante sono le fantasie, le inesattezze e le omissioni, coloro che, come il sottoscritto ed il Presidente Lacota, hanno una conoscenza diretta e sufficientemente approfondita degli sviluppi degli ultimi anni, e non solo. Ciò che sorprende, invece, in questi signori è l’assoluta mancanza di autocritica. Eppure, la fine della Federazione, implicitamente sancita anche da un alto esponente di Governo, l’On. Letta, che ne ha dichiarata la non esclusiva rappresentatività degli esuli al tavolo di concertazione, è stata pubblicamente denunciata nella cosiddetta “Dichiarazione di Milano” (vedasi occhiello a pag. 2) i cui firmatari sono quasi esclusivamente soci, alquanto noti e ben al di dentro delle sue vicende, della Anvgd di cui i suddetti condividono, come nella Federazione, posizione di vertice. A questo proposito, peraltro, corre obbligo precisare che i progetti enunciati nel documento, sostanzialmente condivisibili ancorché discutibili per taluni coinvolgimenti individuali e modalità d’attuazione, e la decisione dei firmatari di “uscire allo scoperto”, contrariamente a quanto enunciato, sono stati del tutto ininfluenti circa la fuoriuscita delle due Associazioni istriane dalla Federazione. Questa, infatti, era stata proposta dai rispettivi Presidenti di gran lunga prima ai propri associati e, solo per ragioni procedurali, votata successivamente. Viene, inoltre, da chiedere all’amico Vivoda – che di recente ha dichiarato sul suo giornale “Istria-Europa” di sentirsi sollevato, per la sua presente condizione di ex Consigliere effettivo prima ed onorario poi della Anvgd, dagli usuali “giochino di corridoio” – quale altra liquefazione si vuole ancora attendere per cercare d’imboccare una nuova strada?
Credo che il “nuovo”, o quanto meno il “vecchio rivisto e migliorato” sia nelle aspettative dei più e, di certo, lo è nelle nostre. Da tempo si parla di rifondazione della Federazione e questa può indubbiamente essere una via. Difficile prevedere qualcosa di totalmente nuovo, come la creazione, auspicabile, di un’unica grande associazione. Ci sono, però, poche ma precise condizioni da rispettare: che, come per il passato, sia rispettata la pari dignità e rappresentatività delle associazioni fondanti, per così dire “politiche” (ovvero che determinano le linee d’azione del nostro associazionismo); che non si faccia confusione di ruoli tra associazioni “politiche” e prettamente culturali; che, come nella logica dell’associazionismo apartitico, non ci siano ai vertici associativi esponenti che siano stati, siano od aspirino ad essere esponenti attivi di partiti politici; che sia fatto spazio ai giovani, facendoli crescere e maturare nell’ambito delle associazioni tradizionali, per garantirne la continuità e porre fine all’immobilismo dei vertici; che nessuno si arroghi il diritto di agire al di sopra e al di fuori della collettività; che il nuovo organismo si doti di una reale ed efficiente struttura operativa a cui fare riferimento; che, da ultimo ma non meno fondamentale, la via europea indicata dall’Unione degli Istriani, con i miglioramenti e gli apporti del caso, venga da tutti condivisa come unica valida alternativa o anche solo integrazione a quella nazionale e valida forma di pressione nei confronti del nostro Stato e dei suoi Governi.
Il Libero Comune di Pola in Esilio si dichiara a tal fine, come già in passato, a ciò disponibile e auspica, come inizio, una sempre più forte identificazione, quantomeno delle Associazioni istriane, in un’unica espressione rappresentativa degli interessi comuni.
Silvio Mazzaroli