Sul sito www.maserada.com trovate dei bellissimi filmati in cui parla l'esule chersino Marino Coglievina, nato a Cherso il 18 giugno del 1920, che oggi vive a Breda del Piave. Nei filmati, grazie al figlio Italo, specialista elettromeccanico elicotterista della Marina Militare che lo ha ripreso, l'anziano Marino Coglievina si racconta, in "Una vita in immagini". Ricorda i nostalgici momenti della gioventù ormai lontana, canta canzoni dalmate insieme al suo amico e quasi coetaneo Giacomo di Daniel, legge le sue poesie. Ma ecco quanto scrive di sé.
Sono della classe 1920, e sono di Cherso. Negli anni 1931-1937 facevo parte del gruppo chiassoso degli studenti delle medie che si recavano a Zara presso il Convitto "Niccolò Tommaseo, facendo tappa al molo di Lussinpiccolo, giungendo da Cherso con mezzi di fortuna: a spinta, a mano, con percorsi avventurosi da "Pirati della Magnesia". Quando si era in discesa, verso Ossero, andava bene ma nelle salitelle erano sudori. Verso Ustrine e Vrana, con la bora che filtrava dalle masiere e ci bloccava il respiro, erano imprecazioni dialettali venete-istriane locali e internazionali. Sulla Riva attendevamo la motonave San Giusto o la Francesco Morosini, che da Trieste facevano tappa a Pola, Lussinpiccolo e Zara, a Dio piacendo e tempo permettendo. Sul molo di Lussino ci attendeva il gruppo lussignano, comprese le "mule" che partivano per il Collegio San Demetrio (una decina di bellissime San Demetrine), più di una decina di ragazze di Cherso, allieve maestrine timide e umili. Poi via! Seguivano mal di mare per bora, scirocco o libeccio, a seconda della luna cadente o entrante.
I marinai ci davano le sigarette zaratine a prezzo di "porto franco" e chi non fumava era un "cavron", per non dire di peggio. In vista di Zara diventavamo tutti santerelli, educati e pacifici, affidati ai nostri prefetti e sorveglianti, che ci rifilavano la massima punizione alla prima mossa fuori ordinanza. Domenica niente libera uscita. Punizione e studio continuato fuori orario. Beata giovinezza! A giugno arrivavano le vacanze. Per tre mesi mare, sole, tuffi, "tociade", barca a vela, canotto e canoa. Io avevo una batana piatta che non si rovesciava mai. La ciamavo la "Kontiki". Poi ebbi la seconda barca, di quattro metri: la "Londonderry", con il nome più lungo della barca, che stava ormeggiata nel porticciolo di Cherso, gremito di "pirati". Nel 1937, dopo il diploma magistrale, la prima supplenza annuale, già in ottobre, a Carnizza d'Arsa, in quel di Albona. Poi nel 1938, a San Giovanni di Cherso e, nel 1939, a San Giovanni d'Arsa, località di miniere e cave di bauxite, con 1.000 operai quasi tutti croati, un ambiente difficile, a contatto con i movimenti rivoluzionari e con esiti violenti nell'ottobre del 1943, quando infoibarono gli agricoltori italiani.
In questo posto esisteva il caffè. Al mattino il bidello mi presentava una tazza di vino, con il pane duro: o questo o niente. I tre anni passati come giovane maestro in questi paesi, li ricordo anche come periodi di grandi pescate e mangiate, e anche bevute. Ricordo pure le cantate fatte con il parroco di San Giovanni di Cherso, don Heinrich, da Zara, che andavano dalle canzoni patriottiche a quelle di chiesa. A scuola cantavamo con le cinque classi riunite, accompagnati dalla fisarmonica del bidello e dal cane Nero del parroco, che ululava. Nel 1940 passai la visita di leva a Pola e fui inviato alla scuola Allievi ufficiali di fanteria-mitraglieri, a Salerno, per sei mesi. Poi come sottotenente e del 14.mo Reggimento fanteria "Pinerolo", fui inviato per dodici mesi a Chieti di Pescara prima e a Taranto poi, nei magazzini del porto mercantile, dove facevo il servizio di guardia e sicurezza per le mercanzie in partenza per la Libia, la Cirenaica, El Alamein, Tobruk e Derna. Non tornai più a Cherso, né vidi più i miei amici, sparsi per i vari fronti a combattere e a morire in una guerra inutile con l'Istria perduta per sempre. Dal 1940 al 1945 furono cinque anni fin giovinezza perduta.
Fui congedato a Treviso nel 1947 e a Breda di Piave ho fatto poi il maestro fino al 1975. Oggi leggo e discuto di Lussino con il mio medico curante, buon conoscitore e frequentatore estivo delle nostre isole. Parliamo allora di Zadaboschi, Unie, Bocca Falsa, Prico, della Madonna Annunziata, di San Pietro dei Nembi, di Premuda: delle nostre belle isole dalmate veneziane.