Aron Hector Schmitz alias Italo Svevo, uno degli scrittori più innovativi a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, amava molto i film di Charlie Chaplin e il personaggio di Charlot in particolare. Ai racconti e romanzi dell’autore d’origine triestina si sarebbero ispirati in seguito diversi cineasti.
Alessandro Cuk e Barbara Sturmar propongono un censimento critico nel volume ‘Italo Svevo tra cinema e letteratura’ (Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia).
«L’obiettivo di questa pubblicazione è stato quello di indagare e di approfondire la relazione tra i testi del grande scrittore triestino e le sue trasposizioni cinematografiche e televisive, anche con uno sguardo verso il teatro. Le opere di Svevo sono state apprezzate dal cinema anche se in misura parziale, comunque i risultati cinematografici sono stati buoni, rivelando la versatilità dei suoi libri. I lavori più numerosi sono stati a livello teatrale, però anche la televisione è stata davvero importante per far conoscere l’opera sveviana ad un pubblico più vasto e più eterogeneo. Sono stati gli anni Sessanta il momento importante per lanciare, oltre la dimensione letteraria, le opere di un autore che ha avuto una considerazione difficile e tardiva, ma che poi è esplosa a livello internazionale. È chiaro, però, che i mezzi di comunicazione di massa sono molto importanti per estendere in maniera assoluta e moltiplicare la popolarità dei testi letterari, perché si può arrivare ad una platea veramente ampia e variegata».
«Sono tre i punti essenziali. Il primo si colloca nel 1961 quando Sandro Bolchi porta in scena ‘Un marito’, un testo di Svevo mai rappresentato in teatro e che viene riproposto anche a livello televisivo. Ma è l’anno successivo che avviene un’ulteriore accelerazione perché per la prima volta il cinema si avvicina alle opere di Svevo con la trasposizione del romanzo Senilità che viene diretto da Mauro Bolognini. Gli attori sono di rilievo come Anthony Franciosa, Claudia Cardinale, Betsy Blair e Philippe Leroy. Il film ha avuto un buon successo vincendo il premio alla regia al Festival di San Sebastiano e il Nastro d’argento per la migliore scenografia e i migliori costumi. Un’opera significativa che fa conoscere maggiormente Svevo, ma che anche rilancia Trieste come set cinematografico portando sul grande schermo un’opera del suo scrittore più famoso. Un evento che viene ricordato, quasi cinquant’anni dopo, dal documentario La città di Angiolina realizzato da Gloria De Antoni e Oreste De Fornari».
«Ma il terzo punto, forse il più importante, è rappresentato dal portare in scena l’opera più famosa di Svevo ‘La coscienza di Zeno’. Su questo è davvero determinante il lavoro di Tullio Kezich che adatta per il teatro in maniera adeguata e ben usufruibile il testo dello scrittore triestino che sulla carta poteva essere di difficile traducibilità nel passaggio tra la letteratura e gli altri mezzi comunicativi. Nel 1964 il Teatro Stabile di Genova porta in scena la versione di Kezich con la regia di Luigi Squarzina e con Alberto Lionello come protagonista. I risultati sono più che positivi tanto che due anni dopo, nel 1966, viene realizzato uno sceneggiato televisivo prodotto dalla RAI e adattato per il piccolo schermo dallo stesso Kezich e da Daniele D’Anza, che si occupò anche della regia televisiva. Lo sceneggiato era articolato in tre puntate e venne trasmesso in bianco e nero nella prima serata dell’allora Secondo Programma della Rai. Zeno Cosini è ancora interpretato da Alberto Lionello e un altro classico della letteratura può essere apprezzato anche dal folto pubblico di telespettatori. Nel 1988, poi, viene prodotta per la TV una nuova versione de La coscienza di Zeno diretta da Sandro Bolchi con la sceneggiatura di Dante Guardamagna e Tullio Kezich, mentre il protagonista è Johnny Dorelli. Il risultato di pubblico è davvero notevole, complice anche un ottimo cast. Ma questa pubblicazione si occupa anche del documentario che Franco Giraldi ha realizzato nel 1978 (nel cinquantenario della morte dello scrittore) e intitolato La città di Zeno. A Trieste con Italo Svevo.
Poi del film che Francesca Comencini ha diretto nel 2001 Le parole di mio padre, ispirato liberamente a due capitoli della La coscienza di Zeno. Inoltre si descrive il mancato progetto di Giorgio Strehler di portare al cinema La coscienza di Zeno e si analizzano le opere del teatro di Svevo a Trieste».
Lorenzo Codelli
Fonte: Cinecittà News – 18/05/20222
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