da Capodistria, scrive Stefano Lusa
Più si accendono le polemiche più il suo mito sembra rinsaldarsi. A Lubiana l'amministrazione locale decide di intitolare una strada al Maresciallo. C'è chi si oppone fermamente e chi, invece, caldeggia l'ipotesi
Lubiana presto potrebbe tornare ad avere una via intitolata al maresciallo Josip Broz – Tito. Sino al 1991 al presidente della federazione jugoslava era stata destinata una delle principali strade della capitale slovena, ma nell’ottobre di quell’anno il consiglio comunale decise di rinominare quell’arteria con ben due nomi diversi: strada di Vienna e strada slovena. La scelta pareva più in linea con quello che doveva essere il nuovo corso della politica nazionale.
Era quello il periodo in cui si procedeva a rapidi passi verso il riconoscimento internazionale della Slovenia. In tutto il paese si stavano cambiando i nomi di vie e piazze. Dalle città sparirono quelle intitolate all’Armata popolare jugoslava ed in alcuni casi anche i nomi legati al passato regime ed in genere alla Jugoslavia. In ogni modo non furono molte le località che cancellarono Tito dal loro stradario. I cittadini erano stati a lungo educati al culto del maresciallo ed il suo carisma aleggiava ancora in tutta la federazione jugoslava che si andava sfaldando.
Per Tito, oggi, non si prospetta una via del centro di Lubiana, ma una semplice bretella – che deve ancora essere costruita – nella zona nord della capitale. Per ora la nuova strada avrebbe un solo numero civico. La proposta, che ha incassato luce verde in consiglio comunale, ha suscitato da una parte soddisfazione e dall’altra accese proteste.
Da mesi in Slovenia, infatti, si è ripresa la polemica intorno a vicende legate alla Seconda guerra mondiale. Ad accendere la miccia è stato il ritrovamento di centinaia di cadaveri in una miniera nei pressi di Laško. Si trattava di soldati – inquadrati nelle formazioni collaborazioniste slovene o croate – liquidati senza troppi complimenti alla fine del conflitto. Le immagini di quelle cataste di salme avevano sconvolto il paese.
Subito sono stati messi sotto accusa i comunisti che nell’immediato dopoguerra, con la loro polizia politica, esercitarono un controllo assoluto ed un potere arbitrario. Il presidente dell’organizzazione dei reduci partigiani, Janez Stanovnik, ha maldestramente cercato scaricare le responsabilità su Belgrado precisando che quegli eccidi erano stati perpetrati “sotto il comando di Tito”. A quel punto il partito democratico, dell’ex premier Janša, cogliendo la palla al balzo ha subito proposto di cancellare il nome di Tito dalle piazze e dalle vie slovene e di spostare nei musei i monumenti che gli sono dedicati. Del resto, nel 2007, un ministro del suo governo si era persino preso la briga di criticare i giovani che portavano magliette con l’effigie di Tito e con quella di “Che” Guevara.
La risposta più significativa gli è arrivata proprio dalla capitale slovena con la decisione di intitolare una via a Tito. Il sindaco Zoran Janković non ha rischiato molto visto che un sondaggio, fatto alla fine di marzo, rivelava che al 59% degli interpellati piaceva l’idea di ridare il nome del maresciallo ad una strada della città. Le petizioni organizzate dall’opposizione di centrodestra e le minacce di internazionalizzare la questione non hanno fatto desistere l’amministrazione comunale dai suoi propositi.
Nella società, del resto, il giudizio su Tito è ancora prevalentemente positivo. Tra i suoi meriti si annovera quello di aver organizzato una delle più efficaci resistenze in Europa. Dal punto di vista sloveno, però, quello che più conta è di aver consentito il cosiddetto “ricongiungimento del Litorale alla madrepatria”. I detrattori del maresciallo cercano di spiegare all’opinione pubblica che senza il comunismo si sarebbe potuto anche ottenere di più, ma d’altra parte si ribatte che senza la resistenza non si sarebbe ottenuto nulla.
Per alcuni Tito non fu altro che un sanguinario dittatore che fece i conti prima con chi si oppose alla rivoluzione ed all’instaurazione del potere popolare e poi con i propri “compagni di strada”. Per altri invece seppe dire no a Stalin e divincolarsi dal soffocante abbraccio offerto dal blocco sovietico. Il suo merito sarebbe stato quello di mantenere il paese in bilico tra occidente ed oriente e di aver dato – con il Movimento dei non allineati- ai Balcani un ruolo internazionale ed un prestigio che mai prima e mai dopo avrebbero avuto. Per gli sloveni, comunque, ancor più fondamentale sarebbe stato il suo consenso alla Costituzione del 1974 su cui vennero poste le basi giuridiche della proclamazione dell’indipendenza della repubblica nel 1991.
In ogni modo in Slovenia il contrasto sulla figura di Tito da tempo non coinvolge solo i politici, ma vede roventi dispute tra storici di diverso orientamento. Lo scambio di reciproche accuse, a volte, assume toni durissimi. La polemica, però, ha oramai coinvolto anche l’opinione pubblica. Pochi giorni fa due gruppi hanno persino rischiato di venire alle mani. Sul monte Sabotino a ridosso del confine italiano era stata organizzata una fiaccolata con l’intento di far rivivere la scritta inneggiante a Tito. Subito è stata preparata una contromanifestazione e pare sia volata persino qualche pietra.
La scritta sul monte Sabotino – oggi coperta dalla vegetazione – anni fa era stata disfatta e poi rifatta, in varie occasioni ed era stata motivo di accese polemiche.
In ogni modo se da una parte quindi si cerca di presentare Tito come una figura controversa dai molti lati oscuri dall’altra si sta nuovamente sviluppando il culto della sua figura, anzi pare proprio che più feroci siano le critiche e più si vada a potenziare il suo mito.