La comunità degli esuli dalle terre dell’Adriatico Orientale, in particolare quella degli istriani, è molto devota a San Vito, celebrato il 15 giugno dalla Chiesa Cattolica.
San Vito è tuttora il Patrono di Fiume, ma già tradizionalmente nel toponimo della città il nome del santo e quello del centro urbano comparivano uniti . Quest’anno il Comitato Provinciale di Pescara dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia ha voluto valorizzare la festività organizzando lunedì 20 giugno, presso lo spazio eventi dell’Aurum di Pescara, un convegno dal titolo:
“ SAN VITO, PATRONO DI FIUME, TRA STORIA E LEGGENDA:
DAI MARI DELLA PENISOLA AL CUORE DELL’EUROPA CRISTIANA”
L’evento, patrocinato dal Comune della Città Dannunziana, ha rappresentato un’ulteriore occasione per rinnovare il legame tra Fiume e l’illustre cittadino pescarese, autore della celebre “impresa”. Al convegno sono intervenuti gli storici Licio Di Biase, Marino Micich e Marco Patricelli. Moderatrice Donatella Bracali, Presidente del Comitato Provinciale ANVGD.
La figura di San Vito assume una dimensione che travalica i confini geografici e le differenze etniche e sociali, come giustamente accade per tutti i Martiri della Fede Cristiana e come hanno ampiamente dimostrato i relatori. Tuttavia intorno a lui si è ulteriormente rafforzato il senso di appartenenza dei fiumani e, in genere, di tutti coloro che hanno vissuto il trauma dell’esodo dalle terre dell’Adriatico Orientale. La fama del giovane martire di origini siciliane, perseguitato da Diocleziano (illirico…ironia della sorte!), ha attraversato tutta l’Europa Cristiana almeno dal IV secolo in poi, dal Sud al Nord della Penisola, da Ovest ad Est del Continente (Francia, Sassonia, Boemia,…)
San Vito, ha riferito Donatella Bracali, visse esperienze terrene ed operò prodigi tali da renderlo tuttora molto popolare ed invocato in circostanze particolarmente gravi e pericolose. Vittima dell’ostilità paterna (fu addirittura denunciato dal padre pagano) e dell’ingratitudine dell’Imperatore (che prima ottenne da lui la guarigione del figlio epilettico, poi lo perseguitò!), fu spesso costretto a fuggire dall’odio dei suoi nemici, quasi prefigurando il destino di tanti suoi fedeli, molti secoli dopo, fuggiti dinanzi alla violenza dei partigiani di Tito.
Quando gli effetti della devozione religiosa trasformano la storia in leggenda, possibilmente deve intervenire lo storico, cercando di distinguere i fatti dalle convinzioni popolari. Il compito è arduo, come ha dimostrato Licio Di Biase, profondo conoscitore dello sviluppo urbanistico della città di Pescara, che si è soffermato ,per analogia con San Vito, sulla singolare vicenda terrena attribuita a Cetteo, il Santo patrono del capoluogo adriatico. Secondo alcuni, il Santo potrebbe avere origini illiriche, , tuttora da dimostrare. Vissuto ben tre secoli dopo Vito, fu anch’egli vittima dell’ingratitudine e dell’odio. Vescovo (ma, ci avverte Di Biase, con le attribuzioni tipiche conferite a tale ruolo dalle prime comunità cristiane) di una località dell’aquilano ( l’antica Amiterno in Sabina), accusato di tradimento dai cittadini, subì il martirio per annegamento nel fiume dove poi, presso la foce, fu raccolto dagli abitanti del villaggio che sarebbe diventato la moderna Pescara. Anche i pescaresi, dunque, hanno considerato il Santo elemento tradizionale della propria identità.
Marino Micich, in questo percorso geografico-spirituale , dall’Abruzzo ci ha condotti a Fiume, la città di dannunziana memoria, oggetto delle note aspre contese fra stati nei due conflitti mondiali. Il Direttore dell’Archivio Museo Storico di Fiume non è solo un testimone dell’esodo, ma un appassionato cultore di quella disciplina, la Storia, che si basa sullo studio di dati certi: la storia di Fiume, il famoso “corpus separatum” in cui a lungo convissero etnie diverse, ha una sua chiara identità culturale e linguistica italiana. Lo confermano i dati raccolti dallo studioso , riguardo, ad esempio, la composizione etnica della popolazione che, anche in periodi storici particolarmente complessi ( per es. tra il 1918 ed il 1940), ha sempre registrato una maggioranza di italiani, a fronte di percentuali di croati e sloveni rimaste piuttosto invariate, malgrado alcune interpretazioni strumentali della storiografia slava. Sullo sfondo di uno scenario storico spesso turbolento, il culto di San Vito a Fiume ha rappresentato un ulteriore simbolo di unità e di appartenenza. Oggi, ci racconta Micich, il ricordo del Santo Patrono non si pone in conflitto con l’elemento slavo della popolazione. Nella Fiume di oggi, infatti, finalmente lontano il periodo del cosiddetto ”ateismo di Stato”, anche grazie alla nutrita presenza della comunità italiana e di altre associazioni, la Festività continua ad essere molto sentita.
Alle spalle dei relatori, frattanto, scorrevano le immagini che il Col. Carlo Cetteo Cipriani, che ricopre vari incarichi nelle associazioni d’arma e degli esuli, aveva preparato per illustrare i luoghi del culto fiumano ed i simboli della venerazione per San Vito (come il “Crocifisso Miracoloso” che ha ispirato una preghiera molto amata dagli esuli, letta durante la Messa celebrata alla fine dell’evento).
Ha concluso il convegno l’intervento di Marco Patricelli, storico pescarese esperto di tematiche del ‘900 anche in area mitteleuropea, tanto che i suoi saggi sono famosi ed acclamati in Germania ed in Polonia. Lo studioso ha descritto lo scenario decisamente complesso del culto cristiano in terra di Boemia, dopo che la fama di San Vito si era diffusa grazie a Longobardi e Franchi. Fu proprio la movimentata traslazione delle reliquie del Santo ad indurre San Venceslao, duca di Boemia, a dedicare a San Vito una rotonda, che poi sarebbe stata sostituita dalla famosa Basilica di Praga, in cui vennero incoronati principi e sovrani. La Basilica è tuttora meta prescelta da numerosissimi turisti, ma pochi ricordano che la Chiesa Nazionale cecoslovacca risente di divisioni un tempo laceranti, specie quando il riformatore Jan Hus anticipò, nel XV sec., molti dei temi del futuro protestantesimo. Hus fu condannato al rogo per le sue idee, ma la chiesa nazionale si è poi ispirata alla sua riforma, pur nella convivenza con cattolici, ortodossi ed ebrei. San Vito è dunque accolto e celebrato in un contesto decisamente singolare, ma ha conservato il suo prestigio: una sua raffigurazione compare sul celebre ponte di Praga insieme alle altre statue, così come in passato le sue reliquie, unitamente ai tesori della corona, erano stati portati al sicuro durante le guerre di religione. Addirittura Patricelli ha svelato all’attento e numeroso pubblico un curioso particolare: in una delle vetrate della Basilica compare una figura recante uno strumento che, ad un approfondito esame, risulta essere il ferro usato nella preparazione delle “neole”, tipici dolci abruzzesi… …come e perché nel suo lungo “viaggio” San Vito abbia portato con sé questo originale strumento della pasticceria tradizionale abruzzese, a nessuno ancora è dato sapere… Un altro dei miracoli del Santo!
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