DI LUIGI COBISI
Radio Capodistria compie sessant’anni. Per una generazione di italiani ha rappresentato una delle radio delle vacanze, quelle da ascoltare sulle spiagge dell’Adriatico (perché sul Tirreno imperversava Radio Montecarlo). La sua storia è però molto più complessa, accostandosi a quella della comunità italiana rimasta al di là della frontiera orientale dopo la II Guerra mondiale. E di quella comunità Radio Capodistria rappresenta ancora la voce e un punto di riferimento culturale, ben al di là delle dediche e delle orchestrine romagnole che ne fecero la fortuna negli anni Settanta, quando centinaia di lettere inondavano gli studi della radio. C’era tanta musica allora.
Del resto, il «perché » dell’esistenza di un’emittente italiana a 15 chilometri da Trieste è stato solo un dato di fatto. Poi – con l’
indipendenza della Slovenia e il successivo ingresso nell’Unione Europea – la frontiera è caduta e Radio Capodistria ha saputo rinnovarsi e divenire un centro di produzione culturale aperto a tutta l’area alto-adriatica, dal Veneto alla Dalmazia. La tv collegata at tende invece un ritorno sul satellite per quest’inverno, per ampliare il suo servizio alle comunità italiane e ritrovare alcuni telespettatori di un tempo: quelli che grazie a lei videro la tv a colori per la prima volta.
In radio l’onda media (1170 kHz) continua a sentirsi per chilometri lungo la costa e attraverso internet e il satellite in tutto il mondo. Lo testimonieranno i diretti interessati il prossimo 29 maggio a Capodistria, insieme con esperti di diversi Paesi, nel convegno «60 anni di radio tra di voi» che guarderà, oltre all’esperienza di Radio e Tv Capodistria, anche alla programmazione della Sede Rai di Trieste e delle redazioni italiane della radio croata di Pola e Fiume, dalle quali esce un quadro di vitalità e di scambi culturali di forte impatto.
Da quando Pola è approdata sul satellite e Fiume è ospitata ogni giorno sulle onde corte, ciò che un tempo era un segnale della separazione di quelle comunità dal resto dell’area culturale italiana è divenuto un esempio di equilibrio tra vita regionale e proiezione verso il mondo, oltre che un punto d’incontro tra la nostra lingua e cultura e quelle slovene e croate, protagoniste con propri programmi delle stesse emittenti. Sessant’anni fa non era facile essere, o solo farsi vedere italiani oltre la frontiera est; oggi – anche attraverso la lunga storia di Radio Capodistria – ci ritorna, dopo una dolorosa diaspora, un’italianità aperta e soprattutto libera, che arricchisce di sé il panorama radiotelevisivo italofono.