Vergarolla, località balneare di Pola, 18 agosto 1946. Una strage di bambini. Famiglie devastate. Una città, che dopo gli incubi della Seconda guerra mondiale e le incertezze in merito ai nuovi confini, fu colpita duramente da un attentato che causò oltre 100 morti, di cui solamente 65 identificati, e ben più di 200 feriti. Molti di questi feriti si sono salvati perché il dottor Geppino Micheletti nell’ospedale cittadino ha lavorato ininterrottamente, come era abituato a fare negli ospedali da campo in cui ha prestato servizio nel conflitto appena terminato. Ma stavolta lo ha fatto con l’angoscia di aver saputo che tra le vittime c’erano anche i suoi due figli di 6 e 9 anni, morti assieme ai parenti che li avevano accompagnati a Vergarolla.
A Vergarolla la Società nautica di consolidata tradizione patriottica italiana Pietas Julia aveva organizzato le gare della Coppa Scaroni. Si trattava di una frequentatissima spiaggia in cui giaceva un deposito di mine marine disinnescate, su cui i bambini giocavano e attorno al quale quel giorno si erano raccolte decine di famiglie per affrontare la calura estiva guardando l’evento sportivo e facendo il bagno.
Poco dopo le 14:00 un’esplosione avrebbe sconvolto Pola, il capoluogo dell’Istria che, pur sotto Governo militare angloamericano, in attesa delle decisioni della conferenza di pace in corso a Parigi era ancora territorio italiano. Una mano criminale aveva fatto esplodere quel deposito di tritolo, facendo letteralmente a pezzi decine di corpi, i cui brandelli sarebbero finiti sugli alberi della limitrofa pineta e nelle acque antistanti, ove i gabbiani si sarebbero macabramente nutriti. Un terzo delle vittime erano minorenni, non fu possibile comporre almeno una cinquantina di salme talmente erano state dilaniate dalla deflagrazione.
Nessuna rivendicazione, nessun risultato ufficiale nelle indagini svolte dalle autorità di occupazione: appena nel 2008 l’apertura di alcuni archivi britannici ha indicato negli apparati della Jugoslavia comunista i possibili esecutori di una strage che avrebbe sconvolto la comunità italiana di Pola, la quale di lì a poco avrebbe svuotato la città dell’Arena aderendo in massa all’esodo (28.000 esuli su 32.000 abitanti) pur di non trovarsi a vivere entro i confini di un regime che a livello di opinione pubblica locale era stato già individuato come il mandante della carneficina.
La prima e la più sanguinosa strage di civili nella storia dell’Italia repubblicana chiede ancora giustizia. Ecco perché le associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati, che hanno conservato il ricordo di questa terribile pagina di storia del confine orientale italiano, auspicano che la nuova Legislatura apra una Commissione d’inchiesta parlamentare ad hoc ovvero che inserisca anche Vergarolla nei lavori della Commissione stragi.
Lorenzo Salimbeni
Responsabile comunicazione Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia
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