È stata una presentazione molto partecipata con tanti giovani e un po’ di commozione. Sabato 29 ottobre 2022 nella Sala consiliare del Palazzo dei Priori di Arezzo è stato presentato al pubblico il volume di Elio Varutti intitolato La patria perduta. Vita quotidiana e testimonianze sul Centro raccolta profughi Giuliano Dalmati di Laterina 1946-1963, dell’editore Aska di Firenze.
Luca Stella, presidente del Consiglio comunale di Arezzo ha aperto i lavori dell’incontro che ha visto la presenza di oltre 30 persone, tra le quali esuli e loro discendenti. “Sapevamo che a Laterina, c’era stato un Campo di concentramento per prigionieri britannici – ha detto Stella – ma pochi di noi sapevano dell’esistenza di un Centro raccolta profughi d’Istria, Fiume e Dalmazia, perciò grazie di questa occasione culturale, offertaci dall’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD) che ha collaborato all’organizzazione dell’evento”.
Il presidente Stella, dopo aver ricordato che in sala erano presenti, tra gli altri, Gabriele Veneri, consigliere della Regione Toscana e i consiglieri comunali di Arezzo Valentina Sileno, Roberto Bardelli, Francesco Palazzini, ha dato la parola a Bruno Bonetti, vicepresidente dell’ANVGD di Udine che, dopo aver ringraziato per l’ospitalità il Consiglio comunale, ha portato i saluti della Presidente del Comitato ANVGD di Udine Bruna Zuccolin, impegnata a Roma, e ha menzionato il sostegno dell’ANVGD nazionale con il Presidente Renzo Codarin.
Bonetti ha brevemente ricordato “storia e scopi dell’Associazione, che da strumento di assistenza materiale agli esuli è diventata custode della memoria della civiltà italiana dell’Adriatico orientale e messaggera dei valori di pace e libertà”. In merito al libro, Bonetti ha rimarcato che “il suo valore trascende la cronaca locale, assurgendo a simbolo del riscatto di un popolo che ha dimostrato che la vita può sempre continuare anche dopo le prove più dure e a testimonianza alle giovani generazioni dei guasti che provocano la violenza e i totalitarismi”. Ha poi avuto la parola Claudio Ausilio, Delegato provinciale dell’ANVGD di Arezzo, che ha letto un commovente intervento.
L’intervento di Claudio Ausilio sul libro: La patria perduta
“Desidero porgere innanzitutto il saluto dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e mio personale – ha detto Claudio Ausilio – al Sindaco, ingegnere Alessandro Ghinelli, al Presidente del Consiglio Comunale di Arezzo Luca Stella, al Consigliere Comunale Roberto Bardelli, e all’Amministrazione di Arezzo, al professor Elio Varutti, autore del libro “La Patria Perduta”, a Bruno Bonetti Vicepresidente ANVGD Udine, e a tutti Voi presenti che con la vostra partecipazione date un segno di riconoscimento al valore della memoria e dell’impegno per un futuro più umano per tutti. È un libro da leggere per non dimenticare”.
Poi Ausilio ha aggiunto: La storia terribile degli italiani di Istria, Fiume e Dalmazia alla fine della seconda guerra mondiale è stata per lungo tempo pressoché ignorata e se è stata alfine proposta all’attenzione degli italiani qualche anno fa ciò è avvenuto principalmente per motivi di convenienza politica. In questo libro, scritto da Elio Varutti, la storia dei profughi di queste regioni è narrata sulla base di documenti inoppugnabili, senza concedere alcuno spazio a speculazioni politiche. È una storia che, se fu meno tragica di quella di migliaia di altri italiani massacrati nelle foibe, fu certo altamente drammatica: gli uni e gli altri furono vittime, certamente in gran parte innocenti, di una guerra combattuta con crimini orrendi commessi tanto dagli jugoslavi che dagli italiani.
Dal campo profughi di Laterina (paese che dista 18 chilometri da Arezzo) transitarono dal 1946 e il 1963, secondo le cifre accertate, più di diecimila profughi giuliani (in particolare istriani, fiumani e dalmati), trascorrendovi periodi in qualche caso brevi ma più spesso di vari anni. Erano italiani che non avendo voluto rinunciare alla cittadinanza italiana, optando dovettero abbandonare le loro terre, espropriati dal governo jugoslavo di ogni loro avere e quindi a Laterina arrivarono portando solo qualche cassone di cose care, quasi sempre dopo esser transitati dai centri profughi di Trieste e Udine.
A Laterina non si può certo dire che trovassero ambienti accoglienti: dovettero alloggiare in grandi casermoni non riscaldati e con i servizi igienici all’esterno, praticamente in regime di promiscuità perché a ciascuna famiglia venne assegnato uno spazio ristrettissimo e tutta la privacy di ciascuna di esse era affidata a delle coperte appese a un filo di ferro a far da divisorio tra una famiglia e l’altra. Certamente a quei profughi che avevano scelto di essere italiani per la seconda volta, l’Italia parve allora matrigna e come tale l’Italia fu vicina a comportarsi quando ricevette quegli sventurati profughi: va però concessa un’attenuante all’Italia del 1946, cioè quella di essere, essa stessa un Paese in rovina e praticamente alla fame, per il quale l’arrivo di più di trecentomila profughi non poteva non rappresentare un ulteriore gravissimo colpo a cui mancavano i mezzi per far fronte.
Per di più in tutti i centri a loro destinati, i profughi si trovarono di fronte a una sospettosa accoglienza degli abitanti delle città e dei paesi che dovettero riceverli, sia per una naturale diffidenza verso gli immigrati in genere, sia perché, per un assurdo fraintendimento, questi disperati costretti a fuggire dall’Istria da Fiume e dalla Dalmazia, furono scambiati spesso per fascisti e come tali etichettati.
Per fortuna da questo libro sappiamo che, a Laterina, dove pure la situazione era particolarmente delicata perché il numero dei profughi (circa 3.000) arrivò a un certo punto a eguagliare quello degli abitanti del paese, questo irragionevole pregiudizio, a poco a poco andò perdendo forza e negli ultimi tempi del Centro profughi giunse quasi a dissolversi, tanto che si ebbero anche matrimoni tra laterinesi e ospiti del Centro stesso. A Laterina giungono pure certi sfollati dalle ex colonie italiane.
Il libro comunque documenta questa storia con una grande quantità di prezioso materiale (importantissimo ed eloquentissimo anche quello fotografico) e di testimonianze, cosicché, dopo averlo letto, si può arrivare a concludere che i profughi che passarono dal Centro, se vi dovettero affrontare dolorose sofferenze, alla fine ne uscirono quasi tutti in grado di rifarsi una vita con nuovi lavori e nuove prospettive. E, come risulta dalle storie raccontate nel libro, molti di loro trovarono l’incoraggiamento necessario ad affrontare la dura vita di rifugiati in tre diversi campi: la scuola, lo sport e, per i credenti, la religione.
La scuola: dal libro siamo informati che nell’anno scolastico 1948-1949 lo Stato italiano riuscì per lo meno a far avere la scuola ai bambini del Centro di Laterina. Ma in Italia eravamo allora tanto disastrati che la scuola fu rappresentata solo dal maestro: un maestro unico per 64 bambini in una baracca-aula senza banchi, senza quaderni, senza libri, senza matite, senza lavagna, presumibilmente senza riscaldamento. Eppure quel maestro e le maestre e i maestri degli anni successivi riuscirono a far sì che quei bambini imparassero e andassero avanti. Penso che quegli insegnanti siano stati poco meno che eroici e provo per loro tutta la possibile ammirazione. Veramente, come scrive Varutti «la scuola elementare del Campo Profughi di Laterina è un caso esemplare di rinascita sociale e civile nella storia d’Italia» (p. 57).
Anche lo sport rappresentò un raggio di sole per il campo di Laterina. Innanzitutto da quel campo passarono anche grandi campioni, primo fra tutti un asso del calcio come il fiumano Rodolfo Volk, famoso cannoniere che in cinque stagioni (dal 1928-29 al 1932-33) nella Roma aveva segnato ben 105 gol, e il campo ebbe una squadra di calcio e si sa che nel 1950 vi giocava anche Volk ormai più che quarantenne. Il calcio certamente contribuì molto a sollevare il morale dei profughi, e per qualcuno rappresentò anche una risorsa.
Poi naturalmente, per i profughi credenti, fu di gran conforto la religione: il campo ebbe un’intensa vita religiosa e nella piccola chiesa venivano tutti gli anni celebrate le cresime e le comunioni (rievocate nel libro anche da molte fotografie) e anche molti matrimoni: fecero poi sentire un’attiva presenza, con aiuti concreti, vari sacerdoti fra cui Don Bruno Bernini sempre affettuoso verso i ragazzi e ragazze del campo e l’allora vescovo di Arezzo monsignor Mignone. Nell’autunno del 1951 gli esuli del CRP di Laterina, pur nelle loro ristrettezze, organizzarono una grande colletta per gli alluvionati del Polesine.
La storia del Campo profughi, che questo libro racconta, ci fa dunque comprendere che la vita che vi condussero i profughi fu certo assai dura nei primi anni (nei quali però anche quasi tutti gli altri italiani dovettero penare molto) ma che andò via via migliorando e la grande maggioranza degli esuli riuscì a lasciare il campo trovando lavoro, spesso ottenendo l’assegnazione di case popolari, e inserendosi nella vita “normale”.
Per concludere non posso trovare parole migliori di quelle scritte nel libro (pp. 11-12) dalla presidente del Comitato Provinciale di Udine dell’ANVGD, dottoressa Bruna Zuccolin: «L’insegnamento che possiamo trarre da queste storie è che gli ideali (non le ideologie) le fedi (non i fanatismi) e l’amor di patria (non i nazionalismi) debbano servire agli uomini come mete che ci fanno progredire insieme». Il libro è assolutamente da leggere! Grazie di cuore a voi tutti per la partecipazione a questa serata.
Perché Italiani della patria perduta?
Ha poi avuto la parola il professor Elio Varutti, dell’ANVGD di Udine, che ha ringraziato Guido Giacometti, referente di ANVGD Toscana. “Per questo libro – ha detto l’autore – devo ringraziare Claudio Ausilio, esule di Fiume e delegato provinciale dell’ANVGD di Arezzo, per le articolate e pazienti ricerche da lui svolte sul territorio; le fotografie che vedete sono state reperite da lui con una serie attenta di contatti con centinaia di profughi e loro discendenti in Italia e all’estero, come Australia, Canada, USA, Brasile, Francia”.
È così che si è venuti a sapere che il Campo profughi di Laterina (AR), dal 1946 al 1963, per ben diciassette anni, funziona come Campo profughi per italiani in fuga dall’Istria, Fiume e Dalmazia (per oltre 10mila persone), terre assegnate alla Jugoslavia col trattato di pace del 10 febbraio 1947. Sono italiani della patria perduta. Nelle baracche patiscono il freddo e la fame. Tra i più anziani di loro ci fu un alto tasso di suicidi. A Laterina giungono pure alcuni sfollati dalle ex colonie italiane. “Con questo libro – ha concluso Varutti – si è analizzata la vita quotidiana degli esuli e l’incontro-scontro con la popolazione locale, fino alla completa integrazione sociale, mediante qualche matrimonio misto (toscani e giuliano dalmati) e, soprattutto, col lavoro, la scuola e con l’assegnazione delle case popolari ai profughi. Molti esuli destinati al Crp di Laterina sono transitati per il Centro smistamento profughi di Udine di via Pradamano, il più grande d’Italia, che ospitò oltre 100mila persone dal 1946 al 1960”.
È stata annunciata, infine, l’uscita del formato “e-book” del volume stesso, essendo andata a ruba la prima edizione cartacea. Tra il pubblico si sono notati Claudio Bronzin, vicepresidente dell’ANVGD di Firenze, Igor Mandich, dell’ANVGD di Genova e Manlio Giadrossich, dell’ANVGD di Arezzo. Tra gli esuli e loro discendenti c’erano: Matilda Trojanis, con avi di Lesina, Elda Spogliarich, di Fiume, Patrizia Sabatti, il cui babbo era Giulio, di Visinada, esuli ad Arezzo e l’istriana Lucia Gasparini.
Al termine della presentazione la dottoressa Anna Maria Ceccarelli ha ringraziato i dirigenti dell’ANVGD di Arezzo e di Udine, perché l’hanno consigliata nella preparazione della sua tesi di laurea sostenuta presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Pisa il 21 febbraio 2022, col titolo “Il Fronte orientale e le tragiche vicende che lo videro protagonista. Gli Esuli Fiumani, Istriani, Dalmati e i CRP in Italia”.
Il libro presentato
E. Varutti, La patria perduta. Vita quotidiana e testimonianze sul Centro raccolta profughi Giuliano Dalmati di Laterina 1946-1963, Firenze Aska, 2021. In formato e-book dal mese di novembre 2022 sul sito dell’Editrice.
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Testi di Elio Varutti, Bruno Bonetti e Claudio Ausilio. Networking a cura di Girolamo Jacobson, Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Lettori: Bruna Zuccolin, Bruno Bonetti e Claudio Ausilio. Copertina: La sala consiliare del Palazzo dei Priori di Arezzo il 29.10.22 per la presentazione de ‘La patria perduta’ di Elio Varutti. Fotografia di Roberto Bardelli. Grazie a Alessandra Casgnola, Web designer.
Fotografie di Roberto Bardelli, Bruno Bonetti e Elio Varutti e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine. – orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vicepresidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito web: http://anvgdud.it/
Fonte: ANVGD Udine – 02/11/2022