Poco più di un secolo fa agli attuali confini dell’Italia mancavano il Trentino e il territorio di Trieste, alla fine della Prima guerra mondiale le sue frontiere supereranno quelle attuali aggiungendovi anche l’Istria, Fiume e Zara. È proprio in questo periodo di transizione, e cioè qualche anno prima e due dopo gli anni della guerra contro l’Austria, che si svolgono le vicende trattate nel romanzo “Siamo tutti eroi” (Etabeta, Lesmo 2022) di Dino Radolovich, socio del Comitato provinciale di Bergamo dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia.
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Istria, questa tormentata penisola dell’alto Adriatico citata sempre quando si parla delle foibe, mostra i suoi problemi già al tempo del primo conflitto mondiale allorché gli uomini validi, assieme a quelli della Venezia Giulia e della Dalmazia, sono arruolati nell’esercito asburgico. In tale frangente, buona parte della popolazione civile è trasferita forzatamente in alcuni centri di raccolta, predisposti in fretta e furia, all’interno dell’impero austro-ungarico. Intanto che questa povera gente (donne, vecchi e bambini) soffre la fame, il freddo e muore per gravi malattie, i suoi uomini validi combattono e vengono uccisi nelle gelide terre del fronte russo. La fine del conflitto porta agli Istriani e ai Dalmati grandi sconvolgimenti: i primi si trovano cittadini della nazione che hanno combattuto (il Regno d’Italia) mentre i secondi devono subire l’inserimento al neo costituito Regno di Jugoslavia. Solo le città di Fiume e di Zara avranno un altro iter. Una storia vera, dal forte sapore romanzesco, che racconta con estro le tristi vicende d’una giovane famiglia del territorio di Pola che, divisa dalla guerra, si ricompone alla fine delle ostilità per trovarsi immersa in nuovi problemi.