Il confine orientale d'Italia: nel corso del "secolo breve" una regione lacerata dai nazionalismi, contraddistinta da forti tensioni, da rapporti segnati di sovente da violente esacerbazioni nazionaliste; una regione che si è dimostrata cruciale anche negli equilibri internazionali, oltre che ovviamente nelle relazioni fra Roma e l'"altra parte".
Una parte che, nell'arco di poco meno di un secolo – dagli inizi del '900 ai primi anni Novanta del secolo scorso – si è presentata con un ventaglio di forme statali differenti: dalla plurisecolare esistenza nell'impero asburgico alla monarchia sabauda, dal ventennio fascista alla repubblica, dall'occupazione tedesca alla Jugoslavia socialista e infine a tante repubbliche indipendenti.
A ripercorrere e rileggere le vicende di questa travagliata area adriatica è il tedesco Rolf Worsdorfer nel volume "Il confine orientale. Italia e Jugoslavia dal 1915 al 1955", di recente pubblicato da Il Mulino (Bologna 2009, pp. 456, euro 35).
Rolf Worsdorfer insegna Storia contemporanea nella Technische Universitat di Darmstadt. Ha pubblicato "Movimento operaio e socialisti a Messina" (Gangemi, 1990) e ha collaborato a un fascicolo monografico, curato da R. Petri, della rivista "Memoria e ricerca" con un saggio su "Italiani e sloveni: concetti d'identità nazionale nell'area alpina e adriatica tra metà Ottocento e metà Novecento" (2004). È corrispondente della rivista "Ge-schichte und Region/Storia e regione" di Bolzano. Ha curato il quaderno "Sozialge-schichte und soziale Bewegungen in Italien 1848-1998" (Essen, 1998) e ha pubblicato numerosi saggi sulla storia del movimento operaio, della questione meridionale, dei problemi adriatici e del Sudest europeo.
Con una riflessione che offre una visione transnazionale delle questioni affrontate, Worsdorfer riesce a scrivere la storia della civiltà romano-germanico-slava che ha vissuto e intrecciato le proprie vicende in una zona di frontiera non particolarmente facile, dalla scesa in campo dell'Italia nella Prima guerra mondiale (1915) fino alla fine dell'esodo dall'Istria ( 1955 )
La scelta del periodo analizzato nel saggio è più che appropriata: da una parte la Grande Guerra ha significato la mobilitazione nazionale dell'intera regione e la divisone della popolazione delle varie etnie, schierata su fronti contrapposti; dall'altra parte l'anno 1955 ha segnato la fine di un capitolo importante nella storia delle relazioni italo-jugoslave, rispettivamente la fine di una presenza massiccia di italiani nell'area, e la conseguente trasformazione della parte rimanente in una delle minoranze nazionali dell'allora Jugoslavia.
Worsdorfer si è addentrato in questa zona di confine anche sulla base di aspetti quali l'immigrazione, i miti, gli scambi culturali… Uno dei maggiori meriti del libro è quello di avere incluso nella storiografia tedesca – e di aver contribuito alla loro comprensione – tematiche a essa poco conosciute fino a oggi, ovvero quelle relative a un pezzo di storia dell'Adriatico orientale: dalle sanguinose battaglie sull'Isonzo alle ostilità e al successivo riavvicinamento tra l'Italia e il regno jugoslavo tra le due guerre, il ventennio fascista, l'invasione del 1941, la guerriglia partigiana, con i suoi fronti confusi, al di là dei confini etnici, il dramma delle foibe e la demistificazione del fenomeno, gli omicidi dei comunisti, la durissima e violenta contesa con la Jugoslavia, la spartizione del territorio nel dopoguerra sancita dal trattato di pace del febbraio 1947, il ritorno di Trieste all'Italia nel 1954 dopo anni di governo alleato… Oltre quarantacinque anni di storia d'Italia, visti dalla sua periferia più turbolenta. (br)