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Stesse radici, nuovo millennio (La Voce d’Italia 05 lug)

CARACAS – Sono 350 mila i giuliani che negli ultimi cinquant’anni hanno abbandonato la loro terra. Una migrazione particolare, spinta dalla necessità di fuggire dalla pulizia etnica, dalla dittatura di regime, dalla tragedia storica delle foibe. Per celebrare i 50 anni di questo esodo – il cui inizio è identificato con la data simbolica del 1954, anno del grande ritorno di Trieste all’Italia – nel 2004 l’Associazione Giuliani nel Mondo ha inaugurato a Roma la mostra "Con le nostre radici nel nuovo millenio" che dopo aver toccato Australia, Sud Africa, Canada, Stati Uniti e Cile, fra gli altri, è arrivata ora nella Galleria Giotto del Centro Italiano Venezolano di Caracas, ultima tappa prima della chiusura in Brasile.

La mostra dell’emigrazione giuliana è tra gli eventi promossi all’interno del VI Festival Italiano, kermesse organizzata da Ambasciata d’Italia, Istitito Italiano per il Commercio estero, Camera di commercio venezolano italiana. A comporla, una serie di pannelli che riproducono fotografie e documenti originali articolando i quattro percorsi dell’esposizione, identificati da altrettanti colori, che illustrano aspetti e momenti diversi del fenomeno migratorio. Bellissimo lo scatto in bianco e nero della nave Castelverde che, proprio nel ’54, lasciava il molo di Trieste e una folla in lacrime che salutava i cari in partenza. Oltre a questo, gli sbarchi in coste sconosciute, i primi matrimoni e le prime case, la prima automobile… e una serie di fotografie che ricordano il cammino di circoli ed associazioni.

L’associazione Giuliani nel Mondo, nata nel 1970 e casamadre di 60 circoli nei vari continenti tra cui quello del Venezuela coordinato da Moises Maionica, è "punto di riferimento per tutti gli emigranti dalle province di Trieste e Gorizia e dai territori di Istria, Fiume, Zara e Dalmazia, ceduti alla Ex-Jugoslavia dopo la seconda guerra mondiale", ci dice il Presidente Dario Locchi, in questi giorni a Caracas.

Un sostegno importante per chi, più che semplice emigrante, è spesso profugo.

"Quella giuliana è un’emigrazione motivata dalle travagliate vicende storico politiche che hanno travolto il territorio più che per mere motivazioni economiche. Fino al 1954 – ci spiega il Presidente Locchi – Trieste viveva una profonda incertezza, divisa com’era tra il controllo alleato e jugoslavo. Basti pensare che solo nel 1975 un trattato risolve la situazione di Trieste dando ai triestini la certezza di ‘essere italiani’. Senza contare la tragedia delle foibe e l’esodo dei sopravvissuti… quando si parla dei giuliani non si parla solo di avventurieri in cerca di fortuna.

Dei 350 mila emigranti dalle terre cedute alla Ex Jugoslavia un terzo si è fermato a Trieste cambiando radicalmente il profilo della città, un terzo si è spostato in altre regioni italiane ed, infine, un terzo si è rivolto all’estero. Si tratta quindi di una doppia emigrazione – continua Locchi – in quanto prima di sbarcare in America, in Australia o in Africa molti nostri corregionali sono passati per i campi profughi triestini o di altre città.

Un decimo dei giovani, inoltre, ha abbandonato le terre giuliane dopo il 1954 in quanto, una volta estinta la presenza degli alleati che in nove anni avevano creato un proprio organismo economico, era arrivata la crisi. E così i 20 mila ragazzi che lavoravano nella polizia civile o nei cantieri angloamericani, e quindi conoscevano l’inglese, se ne dovettero andare".

Oltre a questo aspetto, che fa unica in Italia l’emigrazione giuliana, il fatto che oggi non esista un territorio di riferimento. Come ci dice Locchi, questi italiani "tornano a casa e trovano un territorio straniero, radicalmente diverso, e gente sconosciuta. L’origine, che è venuta a mancare, oggi siamo noi come associazione".

Mantenere il legame con un territorio scomparso è un’impresa ardua, soprattutto se si parla di anziani che non hanno mai avuto le possibilità economiche di ritornare nelle loro terra natale o di giovani che, pian piano, stanno dimenticando le loro origini. Ma l’Associazione Giuliani nel Mondo si attiva con numerose e disparate iniziative poichè, come spiega Locchi, "è fondamentale considerare i nostri migranti non solo come identità culturale da salvare o partner in un rapporto nostalgico, ma come avamposto italiano prezioso anche nel mondo economico e del business".

"Da dodici anni, con il finanziamento della Regione, organizziamo stage annuali per una quindicina di giuliani dispersi nel mondo – spiega il presidente Locchi –. Per due settimane, completamente spesati, questi ragazzi hanno la possibilità di conoscere il territorio dal punto di vista non solo meramente turistico. Gli offriamo la possibilità di avere uno spaccato del mondo culturale, istituzionale, associazionistico, economico, della ricerca.

C’è poi il corso "Origini" della scuola di management Mib, in inglese, composto da due mesi di teoria e due di pratica. Infine, – prosegue – si promuovono convegni continentali giovanili. Il prossimo, a Puerto Alegre, sarà aperto a tutti i sudamericani di origine giuliana".

Insomma, "puntare sui giovani, per non disperdere il patrimonio" senza dimenticare coloro che, nelle terre giuliane, sono nati.

"L’associazione giuliani nel mondo pensa anche agli anziani, soprattutto indigenti, organizzando soggiorni di viaggio gratuiti. Quindici giorni a Trieste è un’occasione preziosa per chi, quasi sempre, dopo essere emigrato, non è più tornato a casa".

Per informazioni sulla mostra, www.festivalitaliano.com.ve. Per informazioni sull’Associazione giuliani nel mondo, www.giulianinelmondo.com.

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