Il settimo raduno della Mailing List Histria è vissuto su interventi di numerosi relatori. L'incontro, tenutosi a Palazzo Manzioli a Isola, ha fornito spunti, idee ed auspici per il futuro, ed è emerso quanto importante sia la collaborazione tra esuli e "rimasti" e l'impegno nella costruzione di un dialogo comune, che non dev'essere una mera utopia bensì un traguardo da raggiungere. Rispetto a qualche decennio fa, la realtà è mutata notevolmente, in meglio. La dissoluzione della Jugoslavia ha permesso un primo, per certi aspetti timido, avvicinamento tra le genti dell'Adriatico orientale che la storia aveva diviso, anche traumaticamente. Non sempre è stato possibile raggiungere gli obiettivi desiderati, complici anche le puerili diffidenze, le divisioni, ma anche le assurde etichettature affibbiate alle persone, o meglio alle istituzioni e/o associazioni che rappresentano, sia di qua sia di là dal confine – che tra breve verrà meno definitivamente –, che impediscono il riavvicinamento e la collaborazione, specialmente con la diaspora presente nel capoluogo giuliano.
Dalle comunicazioni esposte, invece, è emersa una posizione che esce dai tradizionali cliché. Le generazioni di "mezzo" ed i giovani guardano, per fortuna, con occhio diverso alla questione. Si tratta di una (ri)scoperta della terra dei loro padri e/o nonni, pertanto sono interessate alla storia, alla cultura, al territorio, nonché ad entrare in contatto con una terra che non è solo caratterizzata dalle tragedie del Novecento ma è anche e, sopratutto, luogo di interazione tra le etnie e le culture, che ha prodotto quella particolare civiltà adriatica, la cui componente romanza dette un contributo fondamentale, imprescendibile, che non si può ignorare. Ed il rispetto della storia, dei caratteri originari, poi, è un'altra dimensione che è emersa dagli interventi. Certo, non avrebbe alcun senso parlare di queste terre in senso "mononazionale", poiché la compresenza di più entità è una verità lapalissiana, ma al contempo è doveroso denunciare la storpiatura del passato, cioè la rilettura stereotipata ed artificiosa dei tempi andati – spesso in senso nazionalistico –, in quanto tendono a cancellare l'essenza di quella civiltà sorta lungo i lidi adriatici, che subì influenze reciproche, poiché a queste latitudini il mondo neolatino e quello slavo si intrecciano, e le popolazioni di quest'area, per secoli, hanno convissuto in armonia. Per non cadere nella banalità è importante sottolineare le dicotomie esistenti ed è fondamentale osservare la storia abbandonando quella che è la situazione attuale, completamente diversa dalla realtà del passato, anche da quello più vicino a noi. Sarà l'affermarsi delle coscienze nazionali a provocare le prime divisioni, e, soprattutto, i totalitarismi che funesteranno l'area senza risparmiare nessuno. Se la politica ed i nazionalismi avvelenarono gli animi, bisogna rammentare anche che le popolazioni autoctone – tranne qualche eccezione – non si divisero etnicamente. Le fusioni e la convivenza continuarono nonostante i soprusi compiuti dai regimi, e a testimoniarlo ci sono, in primo luogo, i legami di parentado.
Il Novecento adriatico è contraddistinto dalle violenze, fascista verso Sloveni e Croati e da quella comunista jugoslava nei confronti delle comunità italiane. È doveroso, anche, ricordare che in una dozzina di anni dalle coste dell'Adriatico orientale la componente italiana scomparve o quasi. La sparuta presenza italiana rimasta, ridotta ormai a piccola minoranza, oggi rappresenta i resti, la "testimonianza" di un popolo, non giunto per volere di qualcuno, bensì autoctono e sviluppatosi lungo questi lidi. La comunità "rimasta", indebolita in tutti i sensi, guarda con un certo interesse alla possibilità di creare dei rapporti con chi se ne è andato, e lo stesso si può dire anche con una parte degli esuli, e in modo particolare con i figli ed i nipoti di quest'ultimi, poiché vedono nei connazionali, oggi presenti in Slovenia e Croazia, un interlocutore con cui avviare un discorso, e al tempo stesso sono sensibili nei confronti delle sorti dei connazionali stessi. La Mailing List Histria ha più volte sensibilizzato l'opinione pubblica del Bel Paese e il mondo della politica, presentando i problemi della minoranza, e ha fatto conoscere a quest'ultima la realtà degli esuli, non solo quella triestina – più o meno nota – bensì anche quella presente in un contesto più ampio. Grazie ai nuovi mezzi di comunicazione, che annullano le distanze e avvicinano terre lontanissime, abbiamo constatato che vi sono non poche persone disposte al dialogo, e perciò sono interessate a quanto viene tuttora fatto in Istria a Fiume e in Dalmazia a favore della lingua e della cultura italiana. È non è un interesse scialbo o ipocrito. Si tratta di donne e uomini che hanno un profondo legame con la terra d'origine ed auspicano pertanto di poter condividere qualcosa con coloro che in quelle contrade ancora ci vivono e testimoniano la presenza italiana. Il concorso letterario che viene promosso da questo gruppo di persone, ed appoggiato da varie associazioni della diaspora, sono altresì un'ottima iniziativa culturale che sta dando interessanti risultati. Da quegli elaborati emerge che un mondo e una cultura sono ancora vivi, nonostante tutto e tutti. La cultura è un vettore eccezionale per trasmettere conoscenza e creare legami tra le persone. È importante continuare l'opera iniziata, cercando di intavolare un dialogo costruttivo: l'Europa dei popoli, della concordia e della collaborazione deve nascere per volere spontaneo delle persone che credono in ciò che fanno. Ogni forzatura, nata da esigenze "istituzionali", invece, rappresenterebbe solo una grande ipocrisia ed una perdita di tempo!
Kristjan Knez