Da ”La carta del Carnaro e altri scritti su Fiume” pubblichiamo l’inizio della Lettera di De Ambris a D’Annunzio, datata 18 marzo 1920, per gentile concessione dell’editore Castelvecchi.
Comandante,
ti presento il ”Disegno di Costituzione” che mi hai incaricato di tracciare, dopo avermene indicato le linee principali nelle lunghe conversazioni che abbiamo avuto insieme. Io non so fino a che punto mi sia riuscito di accogliere e costringere negli scarni articoli di questo disegno le grandi e nobili idee che la tua parola immaginosa suscitava o coloriva con tanta ricchezza, in quei colloqui; ma siccome c’era fra noi due una completa identità di pensiero e di sentimento, oso sperare che la fatica durata abbia dato un risultato non troppo lontano dalla tua aspettazione.
Ed oggi, nel presentarti il ”Disegno di Costituzione”, mi è grato ricordarne le genesi e lo sviluppo ch’ebbe in noi, prima di concretarsi nelle formule che sottopongo al tuo esame.
Anzi tutto: Come sorse l’idea? Non è essa la negazione pratica dell’ideale volontà che mosse i Legionari da Ronchi, tante volte affermata e confermata da Fiume, l’annessione all’Italia?
A queste domande risponde la dichiarazione che precede preliminarmente gli articoli della Costituzione: soltanto la strania prepotenza, che non ci è dato di debellare per la nostra pochezza numerica e per la viltà di chi regge lo Stato italiano, ci costringe a ricercare l’estrema difesa del Diritto di Fiume in un suo ordinamento politico indipendente. Dopo aver constatato l’impossibilità attuale di smuovere l’ottusa ostinazione che i governanti dell’Italia hanno messo con tanto zelo al servizio della rapacità capitalistica internazionale, ci siamo dovuti convincere che i termini del problema fiumano non sono più quelli di sei mesi or sono. Oggi l’invocata annessione di Fiume allo Stato Italiano appare impossibile; ed è per questo, unicamente per questo, che riconosciamo la necessità di costituire Fiume in Repubblica come l’unico mezzo che ancora ci resta per salvaguardarne i diritti che si vogliono calpestare e i beni che si vogliono usurpare, per opera di quel trust mondiale degli stati ricchi che ha assunto per irrisione il nome di Società delle Nazioni.
Alceste De Ambris