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Da Saba a Croce, da Genova a Zara (Il Giornale 30 ago)

«Esser uomo fra gli umani/io non so più dolce cosa» versi dalle Fughe di Saba, cui Silvio Ferrari, intellettuale impegnato, politico e scrittore, ha attribuito «un impegnativo proposito di vita». Li scoprì seguendo un consiglio di Franco Croce: «Legga più avanti, anche oltre le raccolte di cui si vuole occupare» e si era infatti laureato sulle Poesie giovanili del poeta triestino. A Franco Croce in Non ci sono più nemici (De Ferrari), per un Incontro-ricordo proposto dal gesuita Padre Millefiorini, è dedicato il primo dei «15 scritti degli ultimi 4 anni», che è il sottotitolo dell'opera. Di Croce, del cui pensiero offre «flash» attraverso pubblici impegni o conversazioni, Ferrari dà una connotazione: «un'attraente superiorità motivata dalla conoscenza e dalle convinzioni ideali laiche e moderate».

Lontana dai versi di Saba, pur se in tempi meno difficili, la frase dell'amico V.T., ricordato quasi a fine libro per il minuto di commemorazione nel Consiglio della Fondazione Carige, di cui ha fatto parte come ne fa parte Ferrari: «Il mondo che lascio alle mie figlie mi fa paura». È l'unico segnale al suicidio di V.T. che quel giorno gli viene in mente dopo la consueta passeggiata nel centro storico fino a Santa Sabina. Vi si era recato per sbaraccare il suo ufficio presso l'Istituto di slavistica e gli rimane il rimpianto di lasciare il Dizionario in lingua serba fermo alla lettera «p». Quella passeggiata gronda amore per Genova: dalla descrizione dei bei visi ammiccanti alle finestre delle latino-americane (quasi apparizioni femminili nelle quinte del San Sebastiano di Antonello da Messina) a Vico Untoria dove si potrebbero girare un film di guerra o uno d'attualità sul nuovo meticciato genovese: genovesità storica più l'istintiva aggressività dei nuovi arrivati.

Il libro è percorso da un altro amore: per Zara, dov'è nato. Sospeso tra due culture ha maturato la coscienza che nella Repubblica Federale Jugoslava, fondata nel 1943 e cancellata dalle seconde guerre balcaniche (1991-95), la Croazia abbia costituito un tessuto sociale di cui fanno testo i Giochi sportivi ed europei di Dubrovnik (Ragusa) utilizzati per reperire fondi per il sistema scolastico. Di qui la critica ad Enzo Bettiza, definito «gran signore borghese» (quindi incapace di capire), per il libro Dalmazia – Il Paradiso perduto, che ritiene sia una terra usurpata dagli slavi. Come «parte migliore dell'immagine del suo Paese nel mondo» nel libro campeggia il generale serbo, Jovan Divyak, che andò contro la sua serbità per difendere i più deboli, assediati in Serajevo (Bosnia), e continua l'opera per i bimbi bosniaci. Nel libro tante cose importanti: l'Arte, il Mediterraneo, il Teatro. Politicamente riflessioni sul terrorismo, sulla mafia, fin la critica al Pd, sua parte storica per le radici. Nelle stilettate alla maggioranza di oggi «scapriccia» come all'impatto con l'Italia, quando nell'esodo (14 luglio 1948) a Trieste, alla stazione dei pullman la madre croata lo invitava a parlare in italiano, lingua del padre di cui era da poco orfano. Il bimbo gridò in croato: non voglio!

«Non ci sono più nemici» di Silvio Ferrari (edizioni De Ferrari), 100 pagine, 11 euro.

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