Il rosso amaranto della Serenissima ha pacificamente invaso ieri l'aula del consiglio comunale di Trieste. I dalmati, riuniti per la solenne assemblea della Congregazione del patriziato, della nobiltà e degli uomini illustri della Dalmazia – uno degli eventi più attesi del 56.o Raduno nazionale, che si conclude oggi in città – hanno indossato la storica cappa che ricorda il colore della Repubblica veneta.
Il presidente del raduno, Renzo de' Vidovich, ha affermato che «l'appuntamento vuole essere una tangibile e reale prova della continuità di tante frastagliate tradizioni familiari, che costituiscono una grande, corale e storica tradizione dalmata, che nasce nel 456 d.C. con Marcellino primo, re di Dalmazia, e che prosegue nel popolo della nazione dalmata».
«La nostra congregazione – ha concluso de' Vidovich – unitamente alla Fondazione Rustia Traine, che l'ha promossa, intende appoggiare la rivoluzione globale della storiografia della Dalmazia, per ridare alla nostra terra d'origine la centralità storica che merita».
La cerimonia, svoltasi alla presenza del presidente del consiglio comunale Sergio Pacor e dell'assessore Michele Lobianco, si è incentrata sulla consegna dei diplomi di soci ”ad honorem” a Isi Coppola, assessore della Regione Veneto, e a Yoko Hoshida Raggi Karuz, una giapponese, studiosa di storia, che ha sposato un dalmata.
Nel pomeriggio i partecipanti al raduno sono tornati nell'aula del Consiglio comunale, per l'assemblea generale dei Dalmati italiani nel mondo, nel corso della quale Ottavio Missoni, uno dei dalmati più noti, ha consegnato il Premio Tommaseo al delegato dell'Onu per l'Europa Staffan de' Mistura, la cui famiglia è originaria di Sebenico.
De' Mistura ha detto di essere «molto vicino ai tanti profughi che ho conosciuto nel corso della mia attività, proprio perché memore delle vicissitudini che ha dovuto subire la mia famiglia».
Ieri sera i partecipanti al raduno hanno poi assistito al concerto di musiche di Francesco de' Suppè Demelli.
Ugo Salvini su Il Piccolo