Dal Messaggero Veneto del 20 settembre 2009
Nel 2008 aveva ripreso l’attività soltanto a novembre, ma quest’anno aprirà i battenti già entro la fine di settembre e, precisamente, domani pomeriggio. Stiamo parlando dell’ufficio ricerche-informazioni sui deportati al piano terra del palazzo della Prefettura goriziana, in piazza Vittoria.
Sono passati ormai oltre tre anni e mezzo dallo “storico” marzo del 2006 quando, per la prima volta, era stato messo a disposizione dei familiari delle vittime delle foibe l’elenco fornito dagli archivi dell’ex Jugoslavia con i nomi di 1.048 persone deportate a guerra finita durante l’occupazione da parte delle milizie del IX Corpus titino. Grazie all’instancabile impegno della presidente del comitato dei congiunti dei deportati, Clara Morassi (nella foto), l’ufficio tornerà dunque operativo già nei prossimi giorni a testimonianza del fatto che, nonostante tutto, l’interesse sulla questione deportati è ancora vivo così come la volontà dei parenti delle vittime di non dimenticare i loro familiari scomparsi nel maggio del 1945 durante l’occupazione titina e mai più ritornati a casa.
L’ufficio sarà operativo ogni primo e terzo lunedì del mese: «Il servizio informazioni aperto al pubblico riprenderà lunedì 21 settembre dalle 16 alle 18 nell’ufficio sito al piano terreno della Prefettura in piazza Vittoria 64 – si legge nella nota inviata dalla presidente del comitato dei congiuti dei deportati in Jugoslavia di Gorizia –. Il comitato sollecita i familiari che desiderano ottenere la medaglia ricordo della presidenza della repubblica italiana in memoria dei propri congiunti a farne richiesta all’ufficio stesso».
Certo che a tre anni e mezzo dall’elenco dei 1.048 nomi per i parenti è difficile non lasciarsi cogliere dall’amarezza e dal pessimismo: sembrava che quell’elenco potesse essere il primo passo per fornire indicazioni finalmente concrete sulla sorte dei deportati, per sapere in quale foiba furono gettati, in quale fossa comune sepolti, in quale campo di lavoro trovarono la morte.
«Per sapere – come ha più volte ripetuto Clara Morassi – dove quelle persone scomparvero affinché i familiari possano portarvi almeno una volta, prima di morire, una piccola croce, un fiore».
Non è stato così. In questi ultimi tre anni e mezzo è ripiombato il velo plumbeo del silenzio nonostante le sollecitazioni avanzate anche dal sindaco di Gorizia Ettore Romoli. «Sono passati 64 anni, ma l’omertà e il silenzio sopravvivono ancora e intanto per i figli e le figlie di chi venne deportato e che furono testimoni diretti di quella tragedia il giorno volge al tramonto. Spetta ai giovani mantenere vivo nel proprio cuore il ricordo», aveva detto Clara Morassi davanti al lapidario del parco della Rimembranza per la annuale cerimonia in ricordo dei deportati lo scorso maggio: la ripresa dell’attività dell’ufficio serve anche a questo, per contribuire a tenere vivo quel ricordo e continuare a sperare che gli archivi, un giorno, possano aprirsi davvero.