DAILA – Dopo esser stato convento, ospizio e rovina, parte della nota tenuta dei Padri benedettini di Daila diventerà un paradiso turistico. Ma su quel convento si continua a polemizzare e a combattere per vie legali. Troppi, infatti, gli interessi che lo riguardano. Non sempre religiosi, non sempre legati alla (tragica) storia di chi l'ha abitato. Ultimamente l'argomento è ritornato d’attualità, perché alla denuncia del 2006 pervenuta al Tribunale di Buie, da parte dei benedettini di Praglia, dove si sono trasferiti quelli di Daila dopo il 1947, quando furono cacciati dalle autorità jugoslave, finalizzata alla restituzione dei beni tolti dal regime jugoslavo con la nazionalizzazione, il Tribunale comunale di Buie ha risposto che la questione non era di sua competenza. Nel frattempo il Bosco dei Frati ha ottenuto disco verde da parte del ministero dell'Ambiente croato per diventare complesso turistico, con un campo di golf e 520 posti letto. Il Comune di Verteneglio, che all'inizio era un po’ indeciso, ha infine approvato il Piano urbanistico, appoggiato dal ministero.
Verteneglio: «Sviluppo sostenibile»
Doriano Labinjan, sindaco di Verteneglio: "Il contenzioso legale “Chiesa contro Chiesa” sinceramente non ci riguarda. Il Comune ha dato disco verde al progetto nel cosiddetto “Bosco dei Frati” perché si tratta di uno sviluppo turistico sostenibile. I posti letto previsti sono appena 520 e il golf è un settore del turismo molto redditizio, che porterà all’apertura di nuovi posti di lavoro, cosa per noi molto importante, come pure un riscontro positivo nel settore terziario. Un modo per vendere il vino di Verteneglio o il pesce di Carigador, un modo per proseguire nella crescita turistica, da tutti noi tanto auspicata".
L’aspetto triste della storia
La parte triste della storia è che gli ultimi monaci presenti vennero deportati, imprigionati e processati con (false?) accuse da parte del regime jugoslavo. Vennero condannati ai lavori forzati per sfruttamento, contrabbando, appropriazioni indebite e altre accuse che avevano il solo scopo di sottrarre ai monaci i possedimenti per nazionalizzarli, ma soprattutto per annientare il ricordo del loro operato a favore del prossimo. Sta di fatto che in tanti anni la struttura, magnifica, è stata meta di vandali e solo alcuni edifici sono stati recentemente recuperati.
Una cosa scontata
La denuncia era rivolta verso la Diocesi di Parenzo e Pola, alla quale nel 1999 lo Stato croato aveva assegnato i beni dei benedettini di Daila. Che non sono pochi, perché oltre agli immobili che semplicemente non hanno prezzo, in ballo ci sono 600 ettari di terra fertilissima. Chiesa contro Chiesa, dunque. Era logico, per il Tribunale di Buie e la giudice Margareta Vivoda, decretare una sentenza simile, anche perché altrimenti avrebbe dovuto ribaltare quella dello Stato che aveva individuato gli eredi dei benedettini di Daila nella Chiesa croata.
Va anche detto che i possedimenti dei benedettini sono divisi fra il Comune di Verteneglio e quello di Cittanova, ragion per cui anche questi hanno cercato in qualche modo di influire sul loro destino, varando piani urbanistici su "misura" in modo da agevolare la nascita o di nuovi terreni di golf oppure di aree turistiche o edificabili per la vendita di appartamenti. Una moda che in Istria rende bene.
Il bello è che dopo il 1999 la Chiesa ha iniziato a vendere i terreni ricevuti, un po’ come già successo con le case abbandonate di chi, dopo la Seconda guerra mondiale, se ne era andato all'estero. Nel frattempo, il Comune di Verteneglio, nel marzo di quest'anno, ha modificato il piano regolatore, permettendo la costruzione di appartamenti, da affiancare ai campi di golf. Ci sono state dunque delle transazioni terriere legate al grande turismo, a una miriade di interessi, con protagonisti la Chiesa da una parte, imprenditori e politici dall'altra. A tutto ciò ha assistito impotente la comunità dei benedettini di Praglia.
Nel Bosco dei Frati la «golfmania»
Nella penombra del cosiddetto "Bosco dei Frati", futuro paradiso del golf, si nascondono dunque infiniti interessi che il Tribunale di Buie ha demandato a qualcun altro. Forse neanche ad un tribunale, ma alla politica. I benedettini di Praglia dicono, infatti, di esser stati sempre, indipendentemente dalla nazionalizzazione, gli unici proprietari sia della terra sia del monastero, per il semplice fatto che l’ex Zona B era stata consegnata dalle autorità militari a quelle civili solo nel 1954. E Daila allora era inclusa nell’ex Zona B.
In meno di un secolo gli eventi e gli uomini hanno deciso il destino di quel convento. Lo spazio antistante al cortile è delimitato da due edifici lunghi e bassi sul mare, cui si accede da un elegante portale. Davanti si espande l’insenatura di Carigador, mentre a sinistra c'è la secca e, dopo la boa, il mare aperto.
I benedettini entrarono nella villa nel 1860 trasformando gli edifici in monastero, il quale mantenne la sua funzione fino all'anno 1947, quando con un processo truccato venne tolto ai benedettini tutto il possedimento. Fino al 1989 l'ex monastero era adibito a casa del pensionato e ospizio per i poveri, e da allora è stato abbandonato, trascurato, ma non certo dimenticato. Il resto è storia di questi giorni.
L’avvocato polese Tiziano Sošić, che assiste e rappresenta l’Abbazia di Praglia dal 2006, al quale abbiamo chiesto un aggiornamento sugli sviluppi della situazione dopo la sentenza di primo grado, non ha voluto rilasciarci alcuna dichiarazione, richiamandosi alle regole deontologiche della professione.
Franco Sodomaco