Il 17 maggio 1920 nasceva a Santa Domenica di Visinada Norma Cossetto, la quale, poco più che ventitreenne, sarebbe diventata il simbolo delle stragi delle foibe compiute dai partigiani comunisti jugoslavi di Tito nelle tremende giornate successive all’8 settembre 1943.
In occasione del centenario della sua nascita, a cura del Comitato 10 Febbraio veniva pubblicato il libro Norma Cossetto. Rosa d’Italia (Eclettica, Massa 2020), nel quale compariva anche un contributo del Presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Cav. Renzo Codarin, di cui pubblichiamo uno stralcio per gentile concessione dell’editore.
Norma simbolo del popolo giuliano-dalmata
In seguito al collasso politico, militare ed istituzionale verificatosi l’8 settembre 1943, in Istria e Dalmazia quel vuoto di potere consentì all’esercito partigiano jugoslavo di Josip Broz “Tito” di prendere il controllo della situazione per un mese circa in province che facevano parte dell’allora Regno d’Italia. Avvenne così la prima ondata di massacri nei confronti della comunità italiana locale, colpita da arresti arbitrari, processi sommari, fucilazioni, sepolture in fosse comuni ed infoibamenti: circa un migliaio furono i morti. Si trattava soprattutto di persone che per il loro ruolo lavorativo o sociale rappresentavano lo Stato italiano, ovvero la plurisecolare presenza dell’italianità nell’Adriatico orientale: impiegati pubblici, vigili urbani, forze dell’ordine, maestri…
Di tale mattanza fu vittima anche Norma Cossetto, nata cent’anni fa a Santa Domenica di Visinada, figlia di un piccolo proprietario terriero, inquadrato nelle organizzazioni fasciste locali, come tutti gli italiani di allora, ma a cui carico nessuna azione criminale è stata mai segnalata. In quel momento insurrezionale costui rappresentava, tuttavia, il simbolo della presenza italiana “dominatrice” nei confronti delle masse rurali slave. Questa “colpa” ricadde su tutta la famiglia, sicché la giovane laureanda dell’Università di Padova fu sequestrata, violentata ed infine scaraventata nella foiba di Villa Surani nell’entroterra istriano il 5 ottobre 1943. Da allora il martirio della ventitreenne studentessa è diventato il simbolo delle sofferenze della popolazione italiana del confine orientale e gli esuli dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia ne hanno custodito la memoria per oltre mezzo secolo. Dobbiamo, però, ricordare che già nel 1949 il Rettore dell’Università di Padova Concetto Marchesi, uno dei padri costituenti nonché deputato comunista nelle prime legislature dell’Italia repubblicana, commemorò in una lapide affissa nell’ateneo la morte della studentessa e le conferì la Laurea honoris causa.
Grazie poi all’istituzione del Giorno del Ricordo con la Legge 92 del 30 marzo 2004, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ne ha riconosciuto ufficialmente la tragedia conferendole nel 2005 la Medaglia d’oro al merito civile alla memoria:
«Giovane studentessa istriana, catturata e imprigionata dai partigiani slavi, veniva lungamente seviziata e violentata dai suoi carcerieri e poi barbaramente gettata in una foiba. Luminosa testimonianza dicoraggio e di amor patrio. Villa Surani – 5 ottobre 1943»
Volendo usare una terminologia oggi tristemente entrata in uso, Norma fu vittima di un femminicidio, la cui narrazione in questi ultimi mesi è stata prima al centro del fumetto “Foiba rossa”, distribuito in centinaia di scuole in tutta Italia, e quindi portata sul grande schermo ed in prima serata in televisione nel film “Red land – Rosso Istria”. Si tratta di due progetti sostenuti dall’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e dalla Federazione delle Associazioni degli Esuli istriani, fiumani e dalmati, grazie a cui è stato possibile raggiungere ed impressionare migliaia di giovani lettori e di spettatori.
In questa maniera tale vicenda emerge dall’orrore delle foibe, si inserisce nella storia italiana e non più solo locale diventando patrimonio sempre più condiviso dalla comunità nazionale […]
Renzo Codarin
Presidente nazionale A.N.V.G.D.