di CLAUDIO ERNÈ
Prima una famiglia con due bambini; poi una giovane coppia.
I funghi velenosi hanno intossicato nell’ultima settimana a Trieste sei persone che giocoforza hanno dovuto ricorrere alle cure dei medici del Pronto soccorso e poi a quelli del reparto di Medicina d’urgenza dell’Ospedale di Cattinara. Poche ore dopo aver mangiato non si sa con precisione quali specie, hanno iniziato ad avvertire nausea, vomito, diarrea, crampi addominali, cefalea, sudorazione e sintomi di vertigine. Le terapie a cui sono stati sottoposti, hanno scongiurato guai maggiori e a meno di 24 ore dal ricovero tutti gli «avvelenati» hanno potuto far ritorno a casa.
Nel primo caso, quello dalla famiglia con i due figli, i funghi erano stati acquistati in Slovenia, su uno dei tanti banchetti schierati a lato delle strade. La mamma li aveva poi cucinati a casa e serviti in tavola. Nel secondo caso i due coniugi hanno dichiarato ai medici di aver pranzato in Croazia in una trattoria non meglio specificata. Nessuno dei funghi responsabili di questi due casi di avvelenamento fortunatamente apparteneva a specie pericolose e tristemente note come l’Amanita phalloides, l’Amanita virosa e l’Amanita verna i cui effetti devastanti sono ritardati rispetto al momento dell’ingestione del piatto di funghi. I sintomi dell’avvelenamento si manifestano anche a più di 30 ore di distanza dall’ingestione e spesso è troppo tardi per intervenire perché il fegato è già compromesso.
«Non bisogna fidarsi mai della propria esperienza nel riconoscimento delle innumerevoli specie di funghi. Ce ne sono 40 mila di cui solo una decina mortali» afferma Vezio Panzani, per molti anni ispettore dell’Azienda sanitaria nel punto di controllo di Riva Ottaviano Augusto, all’interno del mercato ortofrutticolo all’ingrosso. Lì ogni giorno dal lunedì al venerdì tra le 8 e le 9.30, tutti i cittadini possono far «visitare» da esperti micologi i funghi raccolti o acquistati oltreconfine. L’esame è gratuito.
«In Slovenia i controlli non sono molto accurati anche perché viene raccolto un po’ di tutto. Il numero dei bravi micologi è esiguo e qualche esemplare può sfuggire alle verifiche di massa. «In questa stagione – continua Vezio Panzani- nei prati del Carso è presente l’Amanita phalloides che può essere scambiata dai non esperti per un prataiolo o per una russola. Anche l’Entoloma lividum, mortale come l’Amanita phaloides, è presente sul Carso e assomiglia a un prataiolo. Ha un un bell’aspetto e un profumo piuttosto gradevole. e induce spesso in errore i raccoglitori. Chi in questi giorni è finito all’ospedale potrebbe essere stato vittima di qualcuno che ha scambiato dei ’falsi chiodini’ per quelli buoni e li ha tranquillamente venduti sul suo banchetto».
Secondo l’ex ispettore dell’Azienda sanitaria «ogni fungo è diverso dall’altro ed è importante che alle ’visite’ di controllo ci venga esibito tutto il raccolto non solo una sua campionatura. Questa scelta potrebbe rivelarsi pericolosissima, se non fatale».
Ma non basta. Devono essere sottoposti a verifica anche i funghi acquistati dai privati che dalla Slovenia e dalla Croazia arrivano con la loro merce a Trieste ma soprattutto quelli raccolti da soli nei boschi dell’estrema periferia cittadina. Anche chi si ritiene un esperto talvolta sbaglia, com’è accaduto nell’ottobre del 2001 a un pensionato di 76 anni, Nicola De Luca. Un piatto di funghi in cui era finita un’ Amanita phalloides raccolta nel parco di Villa Giulia, lo ha ucciso in tre giorni, nonostante tutti i tentativi dei medici.