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Lo zaratino Schilke: eroe sconosciuto o pilota sfortunato? (Aeronautica ago/set 09)

di Carlo Cetteo Cipriani

Di Oscar Schilke s'era persa la memoria fin quando il 14 giugno 1998 l'agenzia di stampa ANSA, ripresa da Il Messaggero di Roma il giorno successivo, rilanciava una 'strana' notizia a suo riguardo, proveniente da Tirana in Albania.

Era stato il quotidiano Gazeta Shqiptare a rinverdire il ricordo riferendo che un pilota italiano, appunto Schilke, era stato abbattuto nel 1951 mentre volava sull'Albania. Secondo la ricostruzione del quotidiano il pilota italiano volava con un P38 1 sull'Albania meridionale per una missione di spionaggio nel tentativo di fotografare la nuova base per sommergi­bili che i sovietici stavano costruendo a Pasha Limani, vicino Valona. Abbattuto, sarebbe stato catturato dalle forze armate albanesi ed incarcerato; sembra che se ne siano perse le tracce nel 1960.

La notizia non fu ripresa da altri organi di stampa e morì lì.

Oscar Schilke era nato nel 1917 a Zara e si era poi arruolato nella Regia Ae­ronautica con il corso "Sparviero" dell'Accademia. Dopo le varie vicissitudini della II guerra mondiale, riprende la sua attività di volo passando poi al 3° Stormo.

Il quotidiano albanese Gazeta Shqiptare del 14 giugno 1998 dice:

"Se fosse stato ancora vivo il pilota e colonnello Oscar Schilke oggi conterebbe 91 anni.

Se fosse ancora vivo, come continua a sperare la sua famiglia, il pilota si troverebbe in Albania dove è stato catturato dall'esercito albanese il 13 ottobre del 1951 e imprigionato per anni senza che nessuno avesse notizie di lui. Quella mattina di ottobre, 47 anni fa, Schilke, volava a bordo di un aereo spia 'P38' della flotta aerea italiana, in missione segreta in Albania. L'oggetto della missione era fotografare le basi sottomarine costruite dai russi in Pasha Liman ma i contraerei albanesi 2 lo hanno individuato ed hanno aperto il fuoco fa­cendo cadere l'aereo italiano. Il pilota Schilke fu catturato ma questa storia non fu mai raccontata e rimase per anni un segreto. L'Albania ha sempre taciuto ed anche oggi mantiene il segreto in merito mentre la flotta italiana ha dichiarato che Schilke è morto durante un'esercitazione aerea sul mar Adriatico; ovviamente vi sarebbero stati dei problemi di stato se la flotta italiana avesse dichiarato che la morte era avvenuta durante una missione di spionaggio delle basi militari albanesi.

La verità è stata rivelata solo ora, e la Gazeta Shqiptare è in grado di ricostruire la storia grazie ai familiari del colonnello scomparso.

La mattina del 13 ottobre, l'aereo di fabbricazione americana 'P38'partì dall'aeroporto militare di Grottaglie, in Puglia, dirigendosi per l'Albania. Volava nelle montagne a sud dell'Albania quando fu colpito e catturato. Il pilota era ancora vi­vo e gli agenti della 'Sigurimi3' lo portarono all'ospedale di Korge dove è rimasto ricoverato fino al 1952. nell'ottobre del 1952 Schilke risultava prigioniero nel carcere di Tepelene con l'accusa di spionaggio militare anche se non è stato mai effettuato un processo. La famiglia era in contatto con Gog, aiutante del Re Zog, il quale era rifugiato in Italia e si suppone lavorasse come agente della CIA.

Gog indagò in Albania riuscendo ad avere informazioni sugli spostamenti del prigioniero. Scoprì che tra il 1953 ed il 1954 Schilke era stato rinchiuso nel Mini­stero degli Interni, a Tirana, nella mani della Sigurimi. Da lì uscì vivo in quanto negli ani 1955-56 venne spostato al carcere di Berat, dove lavorava come geometra.

Successivamente di Schilke si occupò il segretario dell'ambasciata italiana in Tirana, Vittorio Rotondaro, il quale venne a sapere che il prigioniero era stato trasferito di nuovo nella sede della Sigurimi a Tirana e che la sua liberazione era prossima. Nel giugno 1960 Schilke si trovava ancora in prigione e da quell'anno nessuno ha avuto più sue notizie; il consigliere Rotondaro fu trasferito a Rabat è nessuno si occupò più di lui.

Qual è il destino del pilota? E' ancora vivo? Perché tanto mistero sulla sua morte?

Il nipote che vive a Parma lancia un appello a chiunque sappia qualcosa sulla morte di suo zio, anche solo per trovare i resti."

A completamento il quotidiano riporta un'intervista al nipote del cap. Schilke, Enrico. Egli dice le cose che so­no riportate nell'articolo, ed in più la notizia di una nota di protesta albanese nel giorno dell'abbattimento 4, aggiungendo che erano stati fatti vari tentativi per liberare il pilota, compresa la disponibilità al pagamento di una ingente somma, trami­te i servizi segreti, ma all'incirca dall'inizio degli anni '60 non si seppe più nulla.

La missione di volo, come risulta dagli atti della commissione d'inchiesta, era decollata dall'Aeroporto di Palese Macchie-Bari alle 8.31 del 13 ottobre 1951 con atterraggio previsto per le 1200. Si trattava di un volo isolato con velivolo F.38 del 3° Stormo, a quota di 20.000 pie­di sul percorso Bari-Foggia-Lecce-Catania-Napoli-Bari, nell'ambito delle esercitazioni preliminari "Centaurus". Le condizioni meteorologiche non erano avverse in quanto si aveva solo su tutta la Calabria copertura totale, fino a 3.000 metri, con mare mosso al largo.

Il volo fu seguito via radio dai goniometri di Amendola (Foggia) e Lecce, la voce del pilota riportata come tranquilla, alle 9.32 sorvolava Lecce. Però alla 9.51, in una delle ultime comunicazioni diceva: "Sono da un quarto d'ora nelle nubi – forse dovrò tornare indietro – qua c'è un inferno". Dopo le 9.55 nessun'altra comunicazione era stata rilevata. Ovviamente iniziarono subito dopo le ricerche con­dotte nello Ionio da aerei dello stesso stormo e del Centro Soccorso – 88° Gruppo idrovolanti basato a Grottaglie. Gli esiti furono negativi, salvo l'avvistamento confuso di un salvagente alle 15,55, da parte di un velivolo C-45. Successive indagini sul posto non porteranno ad altri rinvenimenti. Le ricerche saranno sospe­se alle 10,45 del 15 ottobre, anche per le condizioni meteo che erano peggiorate, nello Ionio.

La stampa parlò poco dell'incidente. Il quotidiano della zona La Gazzetta del Mezzogiorno del 18 ottobre dava la notizia, probabilmente di fonte della Marina Militare, che riferiva delle ricerche effettuate a vuoto dalle unità navali, per cui il pilota si doveva considerare deceduto.

Si dava così avvio alle procedure per la definizione delle cause dell'incidente, secondo le disposizioni allora vigenti, disposte nel supplemento 2 al Foglio d'Ordini del 5 maggio 1950. Fu quindi costituita una commissione composta dal colonnello pilota Nicola Nicolai quale presidente, dal tenente colonnello pilota Aldo Rossi e dal tenente colonnello ingegnere Tommaso Tangari quali membri e dal capitano pilota Vitaliano Limonciello membro e segretario.

La commissione raccolse i dati, le informazioni, le testimonianze e redasse le conclusioni finali contenute in un verbale datato a Bari nel gennaio 1952 che per le questioni più importanti

dice:

" … Constatato:

a) l'impossibilità di poter precisare la località dell'incidente ma, riportando su carta la presunta rotta seguita dal velivolo in relazione ai rilevamenti ricevuti, solamente il punto in cui è avvenuto l'ultimo collegamento radio;

b) che sia da scartare la caduta dell'aereo su terra non essendo sinora perve­nuta alcuna comunicazione a riguardo;

b 5) che in dipendenza di quanto sopra specificato non è possibile effettuare il prescritto sopraluogo per l'esame dei resti del velivolo;

c) ..

d) che non sia da scartare una avaria al velivolo, che tuttavia, non essendo stata segnalata via radio, avrebbe dovuto verificarsi o in concomitanza con l'inefficienza della radio o pochi istanti dopo;

e) che l'inefficienza della radio, nel caso si fosse verificata molto prima dell'incidente, sia da scartare in quanto il velivolo in questo caso avrebbe quasi certamente e date le condizioni atmosferiche fatto scalo a Crotone o Catania, non continuando una navigazione senza poter usufruire di alcuna assistenza da terra ed in previsione del sorvolo di un lungo tratto di mare… ;

f) che sia poco attendibile l'ipotesi di un suo dirottamento e sconfinamento data la assoluta mancanza di notizie al riguardo;

g) che le avverse condizioni atmosferi­che di cui fa cenno il pilota in una delle sue ultime comunicazioni (09,51 – Sono da un quarto d'ora nelle nubi – Forse dovrò tornare indietro – Qua c'è un inferno) avrebbero dovuto essere circoscritte alla zona e quota di volo, dove probabilmente si è verificato l'incidente in quanto non avevano impedito venti minuti prima, la navigazione di altro velivolo sullo stesso percorso;

h) che la insufficiente attrezzatura dell'F.38 per il volo IFR dovuta alla mancanza dell'antighiaccio non faccia escludere il verificarsi di formazioni di ghiaccio (lo zero termico era intorno ai 3000mt. mentre l'apparecchio navigava a 7000mt.);

i) la non avvenuta richiesta di assi­stenza di emergenza da parte del pilota; Conclude: E' da ritenersi che l'apparecchio sia precipitato quasi istantanea­mente.

Probabile causa della caduta: La causa che ha probabilmente determinato la caduta dell'aereo è, a parere della sottoscritta commissione, da attribuirsi alla perdita di controllo del velivolo dovuta a

1°) errore di manovra nella condotta del volo strumentale;

2°) a probabile improvvisa formazio­ne di ghiaccio;

3°) a malore, provocato: …"

Nelle Memorie Storiche del 3° Stormo del 4° trimestre del 1951 dell'incidente si dà appena notizia nello specchio 'Consuntivo degli incidenti di volo' dove viene iscritto il velivolo F.39 – MM 4203 per cause non precisate, non rientrato alla base, e dando come disperso il pilota, Schilke, appunto.

Il comandante del 3° Stormo era il ten. col. Pilota Giuseppe D'Agostinis, il comandante del 28° Gruppo era il mag­giore Pietro Garfagnoli (peraltro in licenza in quei giorni, sostituito dal capitano pilota Adriano Merani, comandante della 260a Squadriglia).

L'analisi dei fatti si presta ad alcune considerazioni e valutazioni.

La ricostruzione presentata dalla commissione d'inchiesta è verosimile, anche se lascia riflettere il sub e) della rela­zione in quanto si trattava di un pilota di buona esperienza, avendo già 600 ore di volo di cui 238 col velivolo F38, che in condizioni atmosferiche avverse avrebbe di certo mutato rotta o si sarebbe diretto all'atterraggio su altri aeroporti.

E' ormai accertato che nella situazione strategica dell'epoca si facessero voli di ricognizione sul territorio albanese, sia perché quel governo inviava note di protesta, sia perché confermato in epoca successiva da vari piloti anche in articoli apparsi su vari periodici (*).

Difficile è sapere se il velivolo di Schilke fosse uno di questi e se stesse svolgendo attività di ricognizione fotografica, che era una delle attività svolte dal 3° Stormo (3 missioni per 7ore e 50 minuti nel 4° quadrimestre del 1951), oppure un sempli­ce volo per testare la Difesa Aerea albane­se. Come scritto nella relazione della commissione d'indagine sull'incidente, il volo era preparatorio all'esercitazione 'Centaurus', o 'Centauro' come riportano le Me­morie Storiche precisando che si trattava di una esercitazione con la Difesa Aerea italiana, iniziata il 23 ottobre.

L'ultima comunicazione del pilota registrata dice: "Sono da un quarto d'ora nelle nubi – forse dovrò tornare indietro – qua c'è un inferno". Questa è la versione dei documenti ufficiali, ma se si fosse trattato effettivamente di una missione sul territorio albanese la comunicazioni riportate sui do­cumenti avrebbero potuto esser più o meno censurate. Può sì esser intesa relativamente alle condizioni meteorologiche, ma "un inferno" può anche far pensare che potesse esser sotto attacco da parte della contraerea albanese.

Altra considerazione è che l'articolo fu pubblicato dal quotidiano albanese nei giorni in cui la NATO, fra cui l'Italia, bombardava il Kossovo. Parlare di una vecchia intrusione aerea italiana in Albania poteva esser un avvertimento alle for­ze italiane e della NATO di porre attenzione perché gli Albanesi erano ca­paci di difendersi. Ma la pubblicazione potrebbe esser casuale ed in qualche modo 'spinta' dalla famiglia che cercava an­cora notizie del congiunto.

Contro l'ipotesi del volo sull'Albania c'è il fatto che gli albanesi, all'epoca sotto il duro, e faziosamente comunista, governo di Enver Hoxha, non abbiano sfruttato la questione a scopi di propaganda contro l'Italia e la NATO, aggressori del pacifico ed eroico popolo albanese impe­gnato nella costruzione del socialismo.

Le notizie avute dalla famiglia da parte di rifugiati albanesi in Italia, circa la detenzione del cap. Schilke, potrebbero essere delle invenzioni per carpire denaro e ritagliarsi uno spazio di visibilità.

In sostanza la vicenda non è com­pletamente chiara ed a quasi 60 anni dalla morte non è possibile stabilire se il capitano Oscar Schilke sia uno sfortunato aviatore o un eroe misconosciuto.
 

 

(*) In tema di ricognizioni fotografiche con i P-38 sulla Jugoslavia e sull'Albania Aeronautica ha già pubblicato un articolo di Gregory Alegi dal titolo "Lampi sulla Jugoslavia" apparso a pag. 13 del numero 6/1999, articolo nel quale – a pag. 16 – tra gli "altri sconfinamenti", viene ri­cordato proprio quello probabile di Oscar Schilke, rimasto misterioso.
 

(1) – Il P38 Lightning sviluppato a fine anni 30 per le aviazioni statunitensi sia come bombardiere che ricognitore. Impiegato su tutti i fronti di guerra, fra cui l'Italia, provocando gravi danni. L'Aeronautica Militare italiana ricevette dagli USA 100 aerei P38, assegnati a vari stormi, ma con la sigla F38.
 

(2) – I radar, i missili, gli aerei, della contraerea? L'articolo non lo dice.
 

(3) – La famigerata Drejtoria e Sigurimit te Shtetit (direzione della sicurezza di stato), nota comunemente come Sigurimi, fu la polizia segreta albanese durante la dittatura comunista, costituita già nel marzo 1943.
 

(4) – Della nota di protesta parla il quotidiano di Bari La Gazzetta del Mezzogiorno del 14 ottobre 1953 (p. 2) riportando la notizia da Londra 13.10 se­condo cui Radio Tirana aveva annunciato che ''sabato scorso l'Albania ha protestato presso il Governo italiano'' per i sorvoli di aerei italiani sul territorio albanese. La protesta quindi era almeno del 7 ottobre 1953. Lo stesso quotidiano il 27.10 (p.2) pubblicava una nota datata Roma 26 ot­tobre: "Respinta dall'Italia una protesta albanese". Le date escludono che si tratti del volo di Schilke. Letterale, è un errore evidente di battitura.

 

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