“Abbiamo ancora molti progetti in cantiere. Questa è soltanto una parte della storia”. Così ieri Glorija Paliska, sindaco di Arsia, durante la conferenza stampa convocata per la presentazione del progetto d’adattamento ad attrazione turistica di una galleria di 1,5 chilometri dell’ex miniera carbonifera Carlotta, nella quale, dalla sua apertura nel 1928 e fino alla chiusura nel 1966, lavorarono più di 10mila operai. L’iniziativa, avviata dal Comune di Arsia sei anni fa e finanziata con i mezzi del Bilancio comunale con un importo di 870mila euro, si è conclusa di recente e il percorso rinnovato inizierà ufficialmente ad accogliere i primi visitatori il 17 luglio prossimo.
Come confermato ieri durante lo stesso incontro riservato ai giornalisti da Jasmin Mahmutović, direttore dell’Ente turistico di Arsia, la visita alla galleria di Carlotta e il suo adattamento fanno parte del progetto ufficialmente noto come “Kova Experience”, in cui “kova” è il termine zacavo per “miniera”. Con la sua apertura ufficiale tutti gli interessati avranno l’opportunità di scoprire com’era lavorare per otto ore nel sottosuolo in questa parte della Regione istriana. Un’esperienza sulla quale ieri, durante la conferenza stampa, si sono soffermati tre ex minatori, che lavorarono ad Arsia e in altre parti dell’Albonese: si tratta di Rasim Čaušević, Izudin Fejzić e Drago Rajković. Presente pure il professor Mario Dobrilović, della Facoltà d’Ingegneria mineraria, geologica e petrolifera di Zagabria, istituzione incaricata della sovrintendenza dei lavori d’adattamento. Dopo la conferenza stampa, il professor Dobrilović ha fatto da guida ai giornalisti che hanno visitato il percorso.
Un ritorno nel sottosuolo
“Abbiamo il nostro patrimonio minerario che vogliamo rivitalizzare. Oggi siamo orgogliosi di poter presentare la galleria di Carlotta, al cui adattamento abbiamo lavorato negli ultimi sei anni, mentre i lavori d’allestimento sono durati un anno e mezzo. È stato un vero e proprio lavoro di squadra; abbiamo lavorato tutti insieme, con diversi collaboratori esterni. Molto sapere è stato investito in tutto ciò. Il percorso è stato pulito, adattato per una visita in sicurezza, illuminato e sono stati anche installati dei sensori di sicurezza”, ha dichiarato la Paliska, confermando che la documentazione compilata prima dell’avvio dei lavori lungo il percorso è stata molto impegnativa e complessa.
Il tutto era iniziato con l’assegnazione del terreno, all’epoca statale, da parte del governo al Comune. Nel frattempo, prima di riuscire ad avviare i lavori d’adattamento della miniera, il Comune aveva inaugurato il suo mini museo, denominandolo “Kovarska kuća ‘Arsia’” (Casa del minatore “Arsia”), una parte del quale è stata adattata per assomigliare a una miniera carbonifera, mentre l’altra parte è stata arredata per rappresentare un tipico appartamento dei minatori ad Arsia.
Ricorderemo che la cittadina fu progettata dall’architetto triestino Gustavo Pulitzer Finali. Inaugurata nel 1937, fu costruita per le esigenze della miniera, proprio quella che ora ufficialmente fa parte dell’offerta turistica istriana. Arsia gode da alcuni anni lo status di bene culturale protetto e viene studiata anche da architetti provenienti da varie parti d’Europa. Il nuovo prodotto turistico, prima dell’inizio dei lavori visitabile nell’ambito del progetto “Istra inspirit” e per motivi di lavoro e studio, accoglierà ora, tra i primi, gli abitanti di Arsia nell’ambito di una Giornata delle porte aperte. Le visite dureranno circa 2,5 ore e comprenderanno pure un’introduzione sulla storia di Arsia e delle attività minerarie.
«Nessuno si arrabbiava»
“Nessuno pensava che l’ex miniera carbonifera sarebbe stata convertita in un prodotto turistico. Oggi, però, dopo diversi anni di lavoro a questo scopo, inauguriamo la nostra ‘Kova Experience’”, ha detto Mahmutović. A esprimere soddisfazione sono stati pure i tre ex minatori, tra i quali Drago Rajković, di Arsia, ebbe l’opportunità di iniziare il suo percorso lavorativo proprio ad Arsia poco tempo prima della chiusura della miniera di Carlotta, nel 1966. Continuò a lavorare nelle altre parti dell’Albonese fino al 1981. “Mi fa piacere che sia stata adattata a uso turistico, perché dopo la chiusura della miniera tutti si erano scordati di Arsia. Ora avremo il turismo, il che è una cosa positiva, anche se questa era una cittadina mineraria, con tutta una serie di fabbriche. Senza industria non c’è vita. La città non è deserta, però ci sono pochi contenuti, mentre una volta, molti decenni fa, avevamo pure una piscina cittadina”, ha detto Rajković, soffermandosi sull’impianto che il Comune intende rinnovare e per il quale dispone già del permesso di costruire, che, però, deve essere aggiornato. Come ha affermato il sindaco, l’obiettivo finale è la costruzione del futuro Museo minerario nell’area dell’ex centrale termica Carlotta, vicino all’ingresso nell’omonima miniera.
”Anche per le gallerie minerarie nel territorio di Albona e per quelle nella zona di Sottopedena dovrebbe essere fatta la stessa cosa”, ha detto Rasim Čaušević, che lavorò nella miniera di Tupliaco fino alla sua chiusura, avvenuta nel 1999: fu l’ultima miniera nell’Albonese a chiudere i battenti. Čaušević era triste per la cessazione delle attività minerarie perché per lui ciò significava una brutta fine anche per un’importante tradizione locale, che diede pane a molte famiglie della Croazia, della Bosnia ed Erzegovina, della Macedonia, della Slovenia e di molti altri Paesi. A suo avviso, le autonomie locali responsabili per le miniere di Albona e di Tupliaco, che si trova vicino a Sottopedena, dovrebbero seguire l’esempio di Arsia. “Quello che mi spingeva sempre in miniera era quell’unità, la fratellanza, l’amicizia, gli scherzi che ci aiutavano ad arrivare alla fine del turno con maggiore serenità. Una volta scendevano nello stesso tempo tra 600 e 700 minatori, di diverse nazioni. Anche se si diceva durante il turno qualche brutta parola, nessuno si arrabbiava, tutto si prendeva alla leggera”, ha dichiarato Izudin Fejzić, che, se potesse, farebbe di nuovo il minatore.
Tanja Škopac
Fonte: La Voce del Popolo – 06/07/2023