Ricordi della gioventù di Nazario Sauro a Capodistria

10 agosto 1916 – 2023 Ricordi di famiglia nel 107° Anniversario del Martirio dell’eroe capodistriano Nazario Sauro.

«Nazario Sauro, grande anima dell’irredentismo adriatico, spirito libero e indomito, padre di famiglia, personaggio storico che fece propri gli ideali mazziniani di libertà, di giustizia e di indipendenza, simbolo assoluto di italianità, Colui che amò l’Italia più di Sé Stesso fino al sacrificio estremo».

Con queste parole, nei suoi racconti in famiglia, di cui conservo un ricordo indelebile, il mio nonno paterno Giovanni Gioseffi rievocava la figura di Nazario Sauro di cui fu amico e compagno di scuola presso il Liceo “Carlo Combi” di Capodistria, fucina del movimento irredentista adriatico. Nazario Sauro e Giovanni Gioseffi erano due giovani studenti istriani sudditi dell’Impero Austro-ungarico, tanto ostili all’aquila bicipite quanto innamorati dell’Italia, dell’Istria e del suo mare. S’incontrarono sui banchi di scuola per diventare amici e condividere sul mare di Capodistria frequenti uscite su una piccola barca che Nazario Sauro, a detta del nonno, si era costruito con mezzi artigianali ma assai efficaci. Potevano così liberamente parlare dell’Italia, la loro Patria e della tanto anelata redenzione.

Amico loro e compagno di scuola fu anche Giovanni Quarantotto che divenne poi uno storico famoso che il nonno incontrava durante i raduni degli esuli e con il quale mantenne fino in età avanzata una fitta corrispondenza epistolare. A lui toccò scrivere il testo della lapide affissa sulla casa natale di Nazario Sauro a Capodistria, quando divenne museo dopo la fine della Prima Guerra Mondiale per ricordare il sacrifico estremo del martire.

Nella famiglia del nonno Giovanni si è sempre respirata aria di patriottismo; ci raccontava che suo nonno si arruolò volontario nel 1849 per difendere la neonata Repubblica di Venezia e che lo zio Gregorio Draghicchio, famoso e valente ginnasta, svolgeva a Trieste insieme a Guglielmo Oberdan un’intensa attività di divulgazione degli ideali irredentistici pagando con il carcere il suo amor di patria.

Completati gli studi, il nonno cominciò la sua attività lavorativa a Parenzo come cancelliere del tribunale ma, subito dopo gli venne revocata la nomina per i suoi manifesti sentimenti di italianità e trasferito in seguito a Rovigno.

C’è un episodio che il nonno amava raccontare e che ho ritrovato sotto il titolo “La beffa di Parenzo” nel libro “Nazario Sauro, Storia di un marinaio” scritto dal nipote Romano Sauro e da suo figlio Francesco.

Nazario Sauro, il 12 giugno 1916, dopo essere divenuto tenente di vascello della Marina italiana a seguito dell’ingresso in guerra dell’Italia a fianco delle potenze dell’Intesa contro l’Austria-Ungheria, guidò il cacciatorpediniere Zefiro ad ormeggiarsi al molo di Parenzo dove catturò un prigioniero che fu subito interrogato per fargli confessare dove si trovavano gli hangars per idrovolanti dai quali partivano gli apparecchi austriaci per colpire Venezia e che furono subito dopo distrutti nel corso di un bombardamento. Fu questa una delle numerose audacissime e fulminee imprese condotte da Nazario Sauro nei porti istriani che egli conosceva dettagliatamente. Non appena il nonno ne venne a conoscenza, si precipitò sul molo di Parenzo e tagliò un pezzo della cima dell’ormeggio portandolo con sè. Quando seppe, dopo circa due mesi della tragica sorte dell’amico e compagno di scuola Nazario, condannato a morte con l’accusa di tradimento dagli austriaci e giustiziato a Pola il 10 agosto del 1916, il nonno conservò quel pezzo della cima come una reliquia. Immenso il dolore da lui provato per l’impiccagione del martire capodistriano.

Tra i cimeli della mia famiglia sopravvissuti all’esodo dall’Istria, esodo che travolse uomini e cose, c’è anche una stelletta, che apparteneva al nonno Giovanni, su cui da un lato appare l’effige di Mazzini e dall’altro quella di Garibaldi. Questa stelletta, che ha più di 120 anni, ha un grande valore affettivo ma anche simbolico perché chi la portava manifestava apertamente la sua appartenenza al movimento irredentista a cui il nonno aderì da giovanissimo.

Durante l’esodo biblico dalla città di Pola, assegnata definitivamente alla Jugoslavia di Tito con la firma del Trattato di Pace di Parigi del 10 febbraio 1947, furono riesumati i resti dell’Eroe capodistriano, tolti di sotto al grande blocco di pietra dell’Istria e traslati a Venezia a bordo della nave Toscana.

Gli ideali di Patria, di Libertà e di Giustizia, per cui Nazario Sauro s’immolò costituiscono un patrimonio morale da trasmettere alle giovani generazioni.

Loredana Gioseffi 

 

 

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