IL 12 ottobre scorso il Comitato provinciale di Milano dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia ha ripreso il consueto ciclo di videoconferenze del giovedì pomeriggio incontrando la Senatrice Mariapia Garavaglia.
La relatrice entra subito “in res”, nel vivo del tema, con queste parole:
La mia presenza alla vostra iniziativa è frutto di un impegno, motivato dall’esigenza di far rivivere una memoria, che non è ricordo storico, ma ripensamento e riproposizione dei principi che hanno animato i partigiani cristiani. È mio compito evidenziarne i valori, esprimendo gratitudine per coloro che hanno dato la vita per realizzare i loro ideali di libertà, permettendo a noi di goderne i frutti.
E prosegue:
Grazie a loro noi oggi possiamo vivere in una pace lieve, a differenza di quanto ci succederebbe se vivessimo oggi nella Mitteleuropea (Ucraina) o nel Medio Oriente.
Questo preambolo chiarisce le linee guida dell’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani e della sua Presidente, che, in merito alla sua presenza alla nostra conferenza, chiarisce che per lei è un onore essere invitata; riprende la relatrice:
La ripresa attenta e la ricostruzione puntigliosa degli avvenimenti passati si propone di trasmettere a chi non sa, e a chi non vuole sapere, che noi oggi possiamo vivere in libertà, anche se non tutti ne possono godere in eguale misura e in una condizione di sufficiente sviluppo economico. Una libertà che permette ad alcuni il negazionismo, di mascherare o travisare i fatti, come è accaduto spesso nell’interpretazione della storia del confine orientale: per motivi politici ed anche di odio nazionale.
Queste parole conducono al tema centrale della Conferenza, teso ad illustrare alcune peculiarità dell’Associazione dei Partigiani Cristiani e la comunanza di finalità con le nostre associazioni.
L’associazione è stata fondata appena dopo la Resistenza, per opera di alcuni partigiani cattolici come Enrico Mattei e Giovanni Marcora (vicecomandante della brigata Alfredo Di Dio – la persona che ha iniziato Mariapia Garavaglia all’associazione).
Costoro erano consapevoli che la loro fede e la militanza cattolica, che nei momenti di aberrazione totalitaria imponeva di preservare la dignità della persona umana, consentiva ad essi l’uso delle armi e quindi la belligeranza contro l’imperante nazifascismo.
Era manifesto il vilipendio della persona umana, quale operato dai nazisti nei campi di concentramento.
Ricorda che si è trattato di un movimento che si è sviluppato su base nazionale (la prima città che si è liberata autonomamente dai nazifascisti è stata Napoli), anche se il fenomeno della liberazione ha interessato solo minoranze
Dalla fine del secondo conflitto mondiale non si è parlato molto dei partigiani cristiani, che sono stati quasi dimenticati dall’opinione pubblica, a somiglianza dei giuliano-dalmati. Infatti i cattolici hanno avuto un certo pudore nel raccontare che hanno partecipato ad azioni di guerra.
L’on. Garavaglia ricorda che assieme alla Consigliera Ghidini ha evocato l’azione delle donne partigiane; l’esempio più noto è dato dalla militanza di Tina Anselmi, che ha confessato di aver avuto la fortuna di non essere stata costretta a sparare in nessuna condizione, anche se aveva la pistola sempre in tasca e l’avrebbe usata in caso di bisogno.
Tra i religiosi ben 141 sacerdoti sono stati martiri. Tra questi annoveriamo un “protomartire”, Don Minzoni, ucciso brutalmente nel Ferrarese dai fascisti, già nel 1923: di lui si è celebrato recentemente il centenario del sacrificio.
Grazie all’opera di catechisti impegnati negli oratori, i giovani che si professavano cattolici non obbedivano al fascismo, ma seguivano gli istitutori religiosi, frequentando i raduni degli scout piuttosto che quelli dei balilla, contrassegnati da ben altra qualità.
Tra le associazioni di partigiani la più nota è quella dell’ANPI, connotata dal gran numero di iscritti al Partito Comunista ed alla CGIL – ma non tutti gli aderenti sono comunisti, ad esempio la vicepresidente Anpi è la senatrice democristiana Albertina Soliani.
Sono stati proprio i comunisti a rendere difficoltosa la vita dei partigiani al nostro Nord-Est: è riconosciuta la loro responsabilità nell’eccidio della Brigata Osoppo, mascherato travisando la verità storica. Così è stata alterata la storia della Resistenza italiana. La relatrice si rivolge ai giuliano-dalmati, citandoli come testimoni di altrettanti travisamenti e tentativi di tacere sui loro sacrifici ed in generale sulla loro storia.
Se non ci fossero stati i partigiani cristiani, molto probabilmente gli italiani sarebbero parte dei territori della cortina di ferro. Non possiamo dimenticare quindi altri martiri della libertà, cioè i 300.000 giuliani costretti a scappare ed abbandonare averi ed affetti.
Gli esuli sono martiri della libertà anche loro.
L’aver taciuto per tanti anni su accadimenti quali le foibe è un fatto che disonora il popolo italiano.
Prosegue l’on. Garavaglia:
Noi riteniamo che le nostre associazioni abbiano un compito importante. Voi siete riusciti ad avere il Giorno del Ricordo, ma non ancora una pacificazione fra le date, una pacificazione all’interno della storia. Sì, è vero. Nel nostro paese viviamo pacificamente, ma che il 25 aprile non sia considerato una data di tutti, che nel parlare su quanto accaduto al nord-est si faccia ancora fatica, è una violazione ed una violenza ancora, sia sulla storia, che sulle persone.
E’ necessario far sapere, perchè il pericolo è che ci si abitui alle violenze, paventando quanto potrebbe accadere a proposito del Medio Oriente, da dove le notizie si susseguono senza far intravvedere una qualche soluzione. Sussiste così il pericolo che ci si distacchi da quella realtà e che interesse, coinvolgimento e partecipazione da parte dell’opinione pubblica vadano ad esaurirsi.
Ugualmente in Ucraina, il popolo sta resistendo, Putin non deve poter dimostrare che con l’aggressione riesce a eliminare una democrazia. Sorgono allora argomentazioni che sembrano lecite, come quelle legate ad un sentito disagio economico, frutto dei sacrifici che la nazione deve affrontare. Sono questi i sintomi di un inizio di disaffezione, comunque di perdita di interesse su fatti di importanza primaria, che interessano la nostra civiltà occidentale.
Le parole dell’On. Garavaglia indicano con chiarezza una strada da seguire congiuntamente:
Qual è il motivo per cui insistiamo e qual è il nostro compito in futuro? Intanto dobbiamo far sì che il 10 febbraio sia ricordato in Italia come è ricordata la Shoah e come è ricordato il 25 aprile. La Shoah ha messo in evidenza la spietatezza del regime nazista nel perseguire le persone fragili, proprio quelle che la nostra civiltà intende proteggere. Le date che ho evidenziato devono essere ricordate e le nostre associazioni hanno il compito, a volte un po’ pedante, di ricordarlo a tutti. Qualsiasi persona, di qualsiasi razza, di qualsiasi condizione, ha una dignità inviolabile. Parità di dignità comporta parità di diritti, ma anche parità di doveri
Adesso, fortunatamente, il Giorno del Ricordo è stato inserito nel calendario italiano civile perchè il Parlamento ha fatto una legge, dal 2004, e dal 2024, anche con il nostro impegno, facciamo in modo che sia ricordato. Perchè questo pezzo d’Italia e questa qualità dei cittadini italiani che sono rimasti esuli per sempre, hanno lasciato un pezzo della loro vita per venire in un paese in cui adesso son ben inseriti, ma ricordiamoci che hanno dovuto venire qua, non hanno scelto; la scelta è stata quella di ripudiare un regime, una modalità di vita. Se anche non ci fosse stata una pace ingiusta, conseguenza del fatto che nostro alleato era stato l’impero nazista che per l’alleanza aveva richiesto da parte nostra la sottoscrizione di patti, per questi motivi i giuliano-dalmati meritano la nostra gratitudine, perchè hanno voluto scegliere la libertà ed il sistema repubblicano italiano.
Allora dobbiamo fare in modo che il ricordo non sia ricordo, sia la rivisitazione di una storia affinché imparando dalla storia si operino scelte giuste. A questo scopo essenziale è l’essere uniti. Resistenza ora e sempre è il nostro motto, non è uno slogan, ma un impegno. Se voi mi chiamate io mi sento obbligata a partecipare, la resistenza è un modo di concepire la vita, il coraggio, la coerenza, la volontà di difendere la verità.
[In corsivo la trasposizione delle parole di Mariapia Garavaglia]