Rimasi allibito, come migliaia di cittadine e cittadine di Como e dell’Italia intera, compresi esponenti importanti della cultura nazionale e internazionale, quando fu bocciata dal precedente consiglio comunale la proposta di ricordare Alida Valli (qui l’articolo a firma di Pierpaolo De Mejo su CulturaIdentità) .
Alida Valli è un mito italiano, un’icona della cultura mondiale. Il nostro governo e le istituzioni nazionali l’hanno celebrata con un francobollo, ricordi e manifestazioni, è dunque ora che il comune di Como si ricreda.
Alida Valli, nativa dell’Istria, è strettamente unita a Como, dove abitò per alcuni anni della prima giovinezza, studiò e visse un grande amore finito in tragedia. E alla città lariana Alida Valli rimase sempre legata. Il suo vero nome era Alida Maria Laura Altenburger von Marckenstein und Frauenberg.
Nata a Pola il 31 maggio 1921, era figlia del barone Gino Altenburger, docente di storia e filosofia di origine trentina e trasferito al Liceo scientifico “Paolo Giovio” di Como con sede in via Rezia e morto prematuramente quando la figlia aveva appena quindici anni. La mamma, invece, era Silvia Obrekar, una pianista di origine slovena. La futura diva del cinema rimase in città con i genitori dal 1930 al 1936.
Finì le scuole elementari in via Briantea, frequentò le medie alle Canossiane di via Balestra e iniziò il ginnasio al Liceo classico “Alessandro Volta”. Adorava il lago e ne fece la traversata a nuoto. Come ricorda Marco Guggiari nel suo volume “Comaschi” dedicato a personalità lariane del ’900 pubblicato da “Editoriale”, «all’età di 14 anni, Alida fece una follia per tentare la strada delle scene che erano già il suo sogno. Vendette per 75 lire i gioiellini ricevuti in dono in occasione della Cresima e comprò il biglietto del treno per andare a Milano a un’audizione della Cinegrafica. Non andò bene, ma lei non si rassegnò e più tardi si recò a Roma al Centro Sperimentale per ritentare, questa volta con successo, l’avventura nel cinema. Decise di chiamarsi con il cognome d’arte Valli, scegliendone a caso uno tra quelli dell’elenco telefonico».
Fui felicissimo quando Poste Italiane decise di emettere un francobollo in onore di Alida Valli, accogliendo la proposta di CulturaIdentità, associazione culturale della quale faccio parte, il cui obiettivo è promuovere e valorizzare il patrimonio artistico e culturale italiano.
Il nostro presidente, Edoardo Sylos Labini, ha poi avuto la fortuna di iniziare la sua carriera di attore nel 1995 in un grande spettacolo, “Questa sera si recita a soggetto”, di Luigi Pirandello, diretto da un grande maestro della scena italiana, Peppino Patroni Griffi. Prima dell’avvento dei talent, per recitare si faceva la gavetta sul palcoscenico con piccolissimi ruoli accanto a mostri sacri dello spettacolo. In quel suo debutto ebbe l’onore di stare al fianco, in due anni di tournée, di un mito del cinema mondiale di tutti i tempi: proprio Alida Valli. E fummo felici che, nel centenario dalla sua nascita, sulle pagine di “CulturaIdentità” suo nipote Pierpaolo De Mejo la ricordò così teneramente in un bellissimo pezzo firmato da Raffaella Salamina.
Alida è un’icona italiana di bellezza ed eleganza, una donna coraggiosa, controcorrente, che a suo modo ha sempre sfidato il potere, da Hollywood al Caso Montesi, uno dei primi casi di cronaca nera del 1953. (qui l’articolo a firma di Eoardo Sylos Labini su CulturaIdentità). E poi Lei, istriana di Pola, quando vollero conferirle la cittadinanza di artista croata, ancora indignata dal massacro delle foibe ad opera delle milizie comuniste titine, rifiutandola disse: “Sono nata e morirò italiana, scrivetelo sulla mia tomba”.
Da Hitchcock a Visconti, in tanti hanno saputo magnificamente raccontare il magnetismo di quello sguardo che ora merita di essere immortalato e ricordato in una via di Como. In questa Italia dove teatri e cinema furono chiusi per quasi due anni, ricordare un’antidiva come lei, orgogliosa delle sue radici profonde, sarebbe un segnale molto importante, anche per Como, nella direzione del recupero di quell’immaginario simbolico con il quale la cultura italiana dovrebbe tornare ad essere grande nel mondo. Alida è stata simbolo di rigore, disciplina e metodo, facendo delle scelte sempre in nome dell’arte, della sua arte e non in nome o per conto di una segreteria di partito. Quando rifiutò Hollywood, la davano per spacciata ma lei risorse come una fenice, in quella indimenticabile fuga nelle calli di Venezia che davano proprio sul Teatro della Fenice, nel capolavoro di Visconti, “Senso“.
Allora, caro Sindaco, care e cari Consiglieri comunali, dedicatele una via!
Davide Fent
Fonte: CiaoComo – 03/12/2023