Era piena di studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori la Protomoteca del Campidoglio lunedì 12 febbraio in occasione delle cerimonia istituzionale del Giorno del Ricordo organizzata da Roma Capitale insieme al Comitato provinciale dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia.
Subito dopo l’esecuzione dell’inno d’Italia da parte del Maestro Francesco Squarcia con la viola, le immagini del cinegiornale d’epoca hanno subito proiettato studenti e docenti (provenienti dagli Istituti Federico Caffè, Niccolò Macchiavelli, Giulio Carlo Argan, Domizia Lucilla, Sacro Cuore, Alfred Nobel, Dance Arts Faculty, Austo ed Einstein-Bachelet), autorità e tutto il pubblico convenuto nella cruda realtà dell’esodo da Pola, del commovente abbandono della città dell’arena e del mesto arrivo della motonave Toscana a Venezia.
«Parlare di foibe ed esodo dopo tanto silenzio è doveroso, ma c’è ancora attesa per un risarcimento anche materiale – è quindi intervenuto il Sindaco della capitale Roberto Gualtieri – La comunità nazionale ha finalmente riabbracciato gli esuli ed i loro discendenti, consapevole che ciò che hanno subito non è giustificabile né ridimensionabile: non si può ricondurre questa tragedia alla reazione rispetto alle violenze ed alle politiche del fascismo contro gli slavi, si è trattato di fenomeni dissimili» Il primo cittadino della capitale, il quale peraltro ha origini lussignane, ha quindi evidenziato che il ricordo dell’esodo non è più un argomento divisivo, bensì condiviso in maniera unitaria all’interno della società civile.
Il Presidente della Società di Studi Fiumani Gianni Stelli ha quindi portato un messaggio di saluto, ricordando che «l’esodo è stata una cesura senza precedenti» anche perché in seguito ci sono stati l’occultamento della memoria, lo stravolgimento della toponomastica e la riscrittura della storia: fino a quando non si è istituito il Giorno del Ricordo, è stato merito delle associazioni degli esuli se si è conservata consapevolezza di quel che era successo. Erano a tal proposito presenti in sala rappresentanti dell’ANVGD, della SSF, della Società Dalmata di Storia Patria, dell’Associazione Dalmati Italiani nel Mondo – Libero Comune di Zara in Esilio, dell’Associazione Triestini e Goriziani a Roma, dell’Associazione Giuliani nel Mondo e dell’Associazione Nazionale Dalmata.
La moderatrice dell’incontro, Maria Grazia Chiappori (dottore di ricerca in Storia dell’Europa e consigliere nazionale dell’ANVGD), ha quindi dato la parola al Prof. Giuseppe Parlato, emerito di Storia contemporanea dell’Università degli Studi Internazionali di Roma, che ha tenuto una prolusione storica. Anch’egli ha esordito riconoscendo ai superstiti, ai parenti delle vittime ed alle associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati il merito di aver supplito con dignità alla carenza di attenzione per le loro tragedie da parte delle istituzioni.
«Ciò che patirono i nostri connazionali dell’Adriatico orientale del 1943-’45 non fu casuale – ha spiegato Parlato – bensì fu l’ultimo tragico passaggio di un processo di snazionalizzazione avviato nell’Ottocento delle autorità austro-ungariche e dai nazionalisti croati, allorchè si opposero con efficacia la Società Dante Alighieri e la Lega Nazionale. Tito realizzò mezzo secolo dopo la cacciata degli italiani e la cancellazione della memoria storica italiana in Istria, Carnaro e Dalmazia» L’oratore ha poi fatto riferimento al discorso del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della recente cerimonia istituzionale del Giorno del Ricordo, in cui il Capo dello Stato ha peraltro evidenziato che le foibe furono un episodio di ferocia che non può essere negato né minimizzato. L’illustre accademico ha quindi salutato con favore la pubblicazione da parte del Ministero dell’Istruzione delle linee guida per la didattica della frontiera adriatica, che stanno avendo ampia diffusione ed ha, infine, fornito una dimensione europea alle stragi delle foibe: «In Istria Tito volle colpire l’italianità, in Slovenia continuano a venire scoperte foibe e fosse comuni in cui sono cadute le vittime di una questione ideologica: l’eliminazione da parte della nascente dittatura comunista di tutti i suoi oppositori o presunti tali»
Marino Micich, Direttore dell’Archivio Museo Storico di Fiume con sede al quartiere Giuliano-dalmata di Roma, ha quindi ricordato i profondi legami culturali che hanno mantenuto coesa l’italianità sulle due sponde del mare Adriatico, citando personaggi di altissimo profilo come Niccolò Tommaseo, nato a Sebenico in Dalmazia e autore di uno dei primi dizionari della lingua italiana.
È stato dunque proiettato il breve filmato “Le amiche ritrovate” realizzato dagli studenti della scuola Serafini di Polesella: l’amicizia cui si fa riferimento nel titolo è quella tra l’istriana Giovanna detta Vanna e la rodigina Mirella, giunta con la famiglia ad Albona. Le due bambine vanno a scuola insieme e stringono un profondo rapporto che solamente i tragici sviluppi della Seconda Guerra Mondiale riescono a interrompere. Le loro famiglie abbandonano l’Istria in momenti diversi, Giovanna in particolare vive il trauma dell’esodo fino a giungere al Villaggio Giuliano-dalmata sorto alla periferia meridionale di Roma e da qui riuscirà a rintracciare la sua amica e a riprendere la loro amicizia.
E Vanna Martinuzzi era proprio presente al tavolo dei relatori per fornire ulteriori dettagli sulla sua vita in Istria, sull’esodo e sull’arrivo a Roma, ove avrebbe poi lavorato come insegnante di scuola materna, facendo crescere nel ricordo delle proprie origini e della propria storia intere generazioni di figli dell’esodo. È stato rappresentativo della dignità e del riserbo con cui gli esuli hanno conservato la propria storia l’incipit del suo intervento: «C’è stato l’esodo e mi sono successe tante cose che adesso non vi sto a raccontare e poi sono arrivata a Roma…» e solamente gli inviti dei presenti l’hanno convinta a raccontare le tappe di quel pellegrinaggio attraverso i Campi Profughi di Trieste, Udine e Servigliano nelle Marche.
Le conclusioni della cerimonia sono state affidate a Donatella Schürzel, Presidente del Comitato provinciale di Roma dell’ANVGD, la quale ha ricordato che tra gli esuli della prima generazione tanti sono poi diventati emigranti, dovendo rinunciare alla propria cittadinanza per poter partire con lo status di apolidi: una scelta tragica per chi aveva abbandonato la propria terra per amore dell’Italia. Storie che finalmente il Giorno del Ricordo ha portato alla conoscenza di tutti, ma la professoressa Schürzel ha ricordato che il 10 febbraio 2003, un anno prima che tale data venisse individuata per celebrare il Giorno del Ricordo appunto, si svolse al Quartiere Giuliano-Dalmata un’imponente cerimonia in cui gli esuli vollero ricordare quel Trattato di Pace che aveva strappato le loro terre all’Italia e portato all’Esodo di 350.000 istriani, fiumani e dalmati: «Una regione italiana all’epoca si svuotò completamente. Trieste divenne la capitale morale dell’esodo perché è la città che ha accolto più esuli – ha precisato la vicepresidente nazionale vicario dell’ANVGD – ma il Quartiere Giuliano-dalmata di Roma rappresenta la capacità di andare avanti assieme che ha caratterizzato gli esuli, anche se da diverse provenienze. Partendo da qui e con la collaborazione di autorità e istituzioni abbiamo raggiunto risultati inimmaginabili: la Casa del Ricordo, che l’amministrazione comunale ha affidato all’ANVGD Roma e alla Società di Studi Fiumani, la Corsa del Ricordo, che è giunta all’XI edizione, e tra poco ci sarà di nuovo il Viaggio del Ricordo a Trieste ed in Istria»
Le note del “Va’ Pensiero” con la viola del Maestro Squarcia hanno concluso la cerimonia, sulle note di quello che è diventato l’inno dell’Esodo giuliano-dalmata.
Lorenzo Salimbeni