Riportiamo l'articolo di fondo di Lino Vivoda apparso sull'ultimo numero di Istria Europa", il periodico da lui diretto.
Consigliere benemerito dell'ANVGD, Vivoda ha partecipato al recente Congresso nazionale della nostra Associazione, ricavandone considerazioni che, al di là della diversità dialettica, rispecchiano un modo sano e pulito di proporre le proprie opinioni.
Quando nel febbraio del 1947 – quello del famigerato Diktat – ero alloggiato nel Campo Profughi Giuliani Caserma “Ugo Botti” di La Spezia, similmente a quanto accadeva alle migliaia di profughi dalle città della Venezia Giulia, già italiane e cedute alla Jugoslavia, sparsi nei circa 140 tra Campi profughi ed alloggiamenti vari di fortuna (conventi, campi di concentramento riutilizzati, scuole, ospedali, caserme, edifici diversi, sparsi in tutta l’Italia, da Trieste alla Sicilia, psicologicamente disperati come naufraghi in mezzo ad un mare periglioso, l’unica isola di salvataggio era il “Comitato”. Veniva così designato “de tout coeur”, il Comitato provinciale dell’ANVGD (acronimo di Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia) sorta a Milano nel 1945 ad opera dei componenti del Comitato di Liberazione Italiano di Trieste, rifugiatisi per sfuggire all’infoibamento ad opera dei partigiani di Tito imperanti nella città giuliana durante i famosi quaranta giorni, e con la collaborazione di Lino Drabeni assieme ad alcuni altri profughi.
Il Comitato infatti era da tutti riconosciuto come l’organo di tutela e di rappresentanza dei profughi giuliano dalmati. Ne erano stati creati circa 85 nelle maggiori provincie italiane. Ai Comitati ci si rivolgeva per ogni tipo di assistenza, ricevendo sempre un conforto per lo meno morale. Ai Comitati ci si iscriveva per essere ancora una stessa famiglia, come nel coro del verdiano Ernani, per sentirsi uniti, fratelli nella diaspora.
Nel Comitato di La Spezia ho fatto tuta la trafila: iscritto, componente l’Esecutivo provinciale, Presidente del Comitato (per circa dieci anni ed altrettanti più tardi in quello di Imperia), poi dal V Congresso nazionale di Torino 1961 Consigliere nazionale, poi Componente l’Esecutivo nazionale e Commissario nazionale dei Gruppi Giovanili Adriatici, con rango di vicepresidente nazionale. Nel Consiglio nazionale sono stato sempre rieletto, per oltre quarant’anni, in tutti i Congressi sino al 2002 a Roma, quando sono stato nominato Consigliere nazionale onorario (una specie di senatore a vita). Ho partecipato quindi al recente Congresso nazionale – il XIX – tenutosi a Varese e posso quindi parlarne senza tema di essere tacciato di parte per le osservazioni sullo svolgimento, non essendo in gioco la mia rielezione.
Con l’esperienza degli anni passati posso dire che l’organizzazione è stata ottimale, curata sino nei minimi dettagli dal Segretario nazionale Fabio Rocchi – nipote dell’indimenticabile padre Flaminio, benemerito dell’ANVGD – grazie anche ai supporti odierni dell’informatica. Un esempio: prima della partenza dei Consiglieri è arrivata una e-mail con le informazioni meteorologiche per il periodo dello svolgimento del Congresso.
Ma un grande grazie va rivolto anche alla Presidente del Comitato di Varese, l’avvocato Sissy Corsi, esule da Pola, chiamata dai congressisti la nostra “principessa”. Grazie alla sua presenza radicata sul territorio abbiamo avuto una notevole rappresentanza di autorità, dal Prefetto ai Sindaci di Varese, Busto Arsizio, Gallarate, e molti altri autorevoli cittadini di Varese che hanno portato la loro solidarietà.
Il dibattito congressuale è stato vivace, vi hanno partecipato 34 oratori – immancabile come sempre il mio intervento – alcuni dei quali nettamente schierati contro la presidenza si sono ritirati non partecipando al voto. Data la mia posizione non ho partecipato alle trattative, ma mi hanno riferito che non è stato possibile raggiungere un accordo tra i due gruppi. Sembra che i falchi abbiano preferito la rottura ad un accordo. Questa è una nota stonata: bisogna sempre prevedere la possibilità di una rappresentanza alla minoranza. Io l’ho sempre applicata ed ho anche avuto la soddisfazione della vittoria congressuale, passando da minoranza a maggioranza a Brescia-Gardone.
L’altra nota degna di rilievo è la notevole presenza di giovani al Congresso, con responsabilità dirigenziali. Ad essi, pieni di entusiasmo, nei quali mi sono riconosciuto ai miei esordi congressuali, auguro una lunga e proficua operosità per la sopravvivenza della nostra ANVGD. Presidente dell’ANVGD è stato rieletto Lucio Toth, col quale non concordo pienamente, ma al quale va riconosciuto il grande attivismo e la preparazione culturali. Uno dei migliori sulla scena in questo momento.
Lino Vivoda