di FURIO BALDASSI
TRIESTE Integrazione o separatismo? Minoranza o riserva? Multiculturalità o conservatorismo filologico? Viaggia attorno a questi tre quesiti la discussione innescata da Damijan Terpin. Che, a sinistra come a destra, viene peraltro vissuta come una scivolata pericolosa. Cripto-nazionalistica, quasi. Di sicuro inopportuna e fuori tempo massimo. Dice ad esempio il segretario provinciale del Partito democratico, Roberto Cosolini: «Siamo al puro folclore. Mi pare che il problema dell’integrazione del plurilinguismo e del rispetto dell’identita dovrebbero essere occasione di un dibattito serio e vedo invece che qualcuno ne fa un’occasione per guardare indietro al secolo passato, e non mi sta bene».
A questo punto, e lo si capisce subito, l’appartenenza c’entra poco. Ha spiazzato persino una sinistra che della difesa dei diritti della minoranza slovena aveva fatto storicamente una bandiera. Dice, ad esempio, Fabio Omero, capogruppo Pd in consiglio comunale: «All’inizio della mia carriera ho insegnato in Carso, a Opicina, e non siamo mai riusciti neanche a far coincidere gli orari di riposo della scuola italiana e di quella slovena, che avrebbero permesso ai ragazzi di fare assieme la ricreazione. Quella che a me allora pareva una naturale forma di integrazione è rimasta lettera morta. Evidentemente è ancora così».
Perplesso si dice anche Piero Camber di Forza Italia. «Così come gli italiani vanno nelle scuole slovene così gli sloveni vengono nelle scuole italiane. E la scelta matura già dagli asili nido, perché quelli sloveni hanno più posti. È una maniera, per entrambi, di imparare un’altra lingua, e la vedo molto positiva. L’integrazione, l’italiano? I ragazzi carsolini, ai miei tempi, dicevano le parolacce perfettamente in italiano, e allora? Non capisco dove stia il problema. Vogliamo o non vogliamo l’integrazione? O la vogliamo solo per prendere e per non dare?».
«La verità – commenta Antonio Lippolis, consigliere comunale di An – è che ci sono più servizi a disposizione della minoranza. Ben maggiori di quanto sia ampia la minoranza stessa. Tante aule sono vuote, e ben vengano dunque gli studenti italiani. Ricordo che in via dell’Istria, un paio d’anni fa, avevamo inaugurato delle classi bellissime ma mancavano gli studenti!».
Su un piano più istituzionale la mette invece Roberto Sasco dell’Udc. «Sono stato per anni assessore provinciale all’Istruzione e ritengo che nelle scuole dell’obbligo esistano occasioni di incontro e socializzazione. E la tutela non cozza contro questa esigenza. Sul Carso molte scuole hanno in comune mensa e spazi esterni di gioco, gli sloveni non devono temere questo. Spero che le parole di Damjan Terpin non si pongano come duro contrasto. Di sicuro, la comunità che si chiude in se stessa si estingue…».
«Un’uscita un po’ esagerata» la giudica infine Roberto Decarli dei Cittadini. «Mi sembra si siano messi sulla scia di Brezigar, con la questione dei cartelli bilingui, per rilanciarsi. È quella dell’integrazione la formula giusta, ma ci vuole misura ed equilibrio. Ultimamente si sono ottenuti risultati insperati rispetto a 15 anni fa. Ora serve pazienza. E non forzare la mano».