A raccontarlo non pare vero. Eppure pur di uscire da Fiume, dopo l’arrivo dei miliziani titini del 3 maggio 1945, gli italiani escogitarono vari stratagemmi vincenti. Nel censimento del 1936 la città portuale contava 53.896 abitanti, che si ridussero a 42 mila nel mese di giugno 1945, quando furono censiti “alla buona” dalle autorità jugoslave. Oltre 2.000 scomparvero durante i primi mesi dell’occupazione titina e “a circa 9.000 gli Slavi rifiuteranno poi il diritto di opzione, dati del 1952” (Ballarini A 1986 : 169). Oltre 36 mila italiani esodarono da Fiume fino al 1946. La fuga continuò anche in seguito. Più del 70% della popolazione rispetto a prima del 1945 era scappata, causando, in una città già provata dalle distruzioni della guerra, il blocco di buona parte delle attività economiche. A poco valse il controesodo dei cantierini monfalconesi che, dopo il 1948, furono addirittura arrestati dall’OZNA e rinchiusi a Goli Otok, in quanto stalinisti e avversari della svolta politica di Tito, sganciatosi da Stalin.
Ha raccontato Chiara Dorini: “Mio nonno, Pasquale Dorini era il direttore del macello di Fiume e, nel 1945, quando arrivarono i titini in città mio papà Arno e i miei familiari si nascosero in una fossa di raccolta dei liquidi di macellazione, così si sono salvati. Mia madre, Marina Chiesa, detta Silvana, si è ricordata per un bel pezzo l’odore nauseabondo del sangue del macello“. Nonostante l’odore ributtante dato dalla macellazione suina, la famiglia Dorini si nascose e resistette a Fiume fino al marzo del 1946, momento dell’esodo, ma non partirono tutti insieme.
Non lasciavano uscire i genitori con i figli, allora una parente friulana dei Dorini, la signora Paola Chiesa, di San Lorenzo di Sedegliano (UD), intraprese un viaggio rocambolesco. “Mia madre, Paola Chiesa di diciassette anni, partì da Codroipo in treno – ha detto Antonella Del Pozzo – sarà stato il mese di settembre 1945 e raggiunse Trieste, dove grazie a dei conoscenti ottenne un lasciapassare per Fiume, così in treno andò là dai parenti Dorini, che le assegnarono sua nipote, la neonata Chiara, per portarla via da Fiume ritornando a Trieste, al confine i titini le lasciarono passare, perché diede loro una pregiata collana d’oro. Poi, sempre in treno, arrivò a Codroipo verso sera e, a piedi, giunse nel paesino di San Lorenzo di Sedegliano con la neonata in braccio e furono accolte affettuosamente dalla nonna Maria Bolaffio e da tutta la famiglia“.
Perché fare quel viaggio rischioso per portare via una bimba infante? “A Fiume c’era poco da mangiare dalla fine di aprile 1945 e c’era il coprifuoco – ha risposto Antonella Del Pozzo – le puerpere perdevano il latte per i loro bebè, capitò così pure a mia zia Silvana, allora le donne di famiglia decisero di far affrontare quel viaggio rischioso a mia madre per salvare l’infante Chiara, poi per il cibo, quando arrivava qualcosa, bisognava mettersi in coda con la tessera annonaria, oppure sperare nel mercato nero, ma i cecchini titini sparavano sugli italiani in coda per gli alimenti, erano tempi difficili, non c’era da mangiare e quelli sparavano alla gente inerme“. L’occupazione titina di Fiume è del 3 maggio 1945, preceduta dai cannoneggiamenti dei miliziani effettuati da Tersatto, come emerge dal Diario Conighi. Prima della fuga i nazisti fecero saltate con l’esplosivo le banchine del porto.
I Dorini partirono da Fiume singolarmente per non dare nell’occhio. “Ricordo che il papà di Chiara Dorini, mia cugina – ha detto Bruno Del Pozzo, fratello di Antonella – si chiamava Arno, diplomatosi al liceo classico ‘Dante Alighieri’, suonava il violino alla Filarmonica di Fiume, allora pur di andarsene dai nuovi arrivati ruppe una parte del suo prezioso strumento musicale, così alle guardie jugoslave mostrò il violino rotto da portare ad aggiustare a Trieste, dato che non c’erano liutai a Fiume e con quella scusa lo lasciarono passare, ma non tornò indietro, prese il treno per Udine, poi fino a Codroipo e nella casa dei parenti a San Lorenzo di Sedegliano“.
Anche in letteratura ci sono le curiose storie per partire da Fiume a gambe levate. Ha scritto Gianni Angelo Grohovaz: “I fiumani scampava via da Fiume come che i podeva: qualchedun in divisa de garibaldin, qualche altro con el timbro de la tesera del pan (perché gaveva el timbro con la stela rossa), qualche altro con i documenti falsi. Me ricordo el Nereo Lenaz el gaveva una tesera che dixeva: ‘El compagno Glauco pol viagiar fino a Trieste’. El più academico dei lasapasar dixeva testualmente: ‘Omo va e torna indrio’, con tanto de firma de un comisario leterato” (Grohovaz G A 1974 : 26). Chi andò via da Fiume travestito da “garibaldino”, significa che mise i panni del partigiano italiano della Brigata ‘Garibaldi’, d’ispirazione comunista, molto gradita ai titini. Lo stesso Autore ricorda che i partigiani dalla gente del Golfo del Quarnaro erano detti: “Sumari”. Deriva dal croato šumama (= bosco), dato che i cospiratori stavano nella boscaglia.
Da ultimo si ricorda che nel settembre 1946 l’ingegnere Carlo Alessandro Conighi, classe 1853, presidente della Camera di Commercio e Industria sotto l’Austria Ungheria e consigliere di D’Annunzio nel 1919, dette l’addio alla propria casa di Fiume e partì per Trieste, con la scusa di una visita oculistica, secondo il certificato medico della collezione familiare e il racconto di una parente, Miranda Brussich. Non tornò indietro, ma riparò a Udine, dove visse esule in una soffitta di amici fino al 5 agosto 1950, giorno del suo decesso.
Fonti orali; interviste di Elio Varutti (ANVGD Udine) con taccuino, penna e macchina fotografica del giorno 11 maggio 2024 a San Lorenzo di Sedegliano (UD), se non altrimenti indicato.
– Miranda Brussich vedova Conighi (Pola 11 agosto 1919 – Ferrara 26 dicembre 2013), int. del 21 agosto 2013 a Ferrara, in presenza della figlia Daniela Conighi.
– Chiara Dorini, Fiume 1945.
– Antonella Del Pozzo, Codroipo (UD) 1954, con messaggio in Messenger del 21 maggio 2024.
– Bruno Del Pozzo, Codroipo 1947.
– Aldo Suraci, Fiume 1940, int. a Udine del 17 ottobre 2017.
Bibliografia e fonti del web
– Annuario del regio Liceo Ginnasio “Dante Alighieri” in Fiume, anno scolastico 1925-1928.
– Amleto Ballarini, L’olocausta sconosciuta. Vita e morte di una città italiana, Roma, Edizioni Occidentale, 1986.
– Mario Blasoni, “Chiara Dorini, ritorno a Fiume dopo 60 anni”, «Messaggero Veneto» del 28 giugno 2004.
– Rodolfo Decleva, 2 – 3 maggio 1945, L’occupazione jugoslava di Fiume. Testimonianza depositata in data 1° Ottobre 2020 presso la Società di Studi Fiumani in Roma, Via A. Cippico 10, testo in Word, pp. 2; Collezione Elio Varutti, ANVGD di Udine.
– Gianni Angelo Grohovaz, Per ricordar le cose che ricordo. Poesie in dialeto fiuman, Toronto (Canada), Dufferin Press, 1974.
– E. Varutti, Diario di Carlo Conighi, Fiume aprile-maggio 1945, on line dal 7 giugno 2016.
—
Progetto di Elio Varutti, docente di Sociologia del ricordo. Esodo giuliano dalmata all’Università della Terza Età (UTE) di Udine. Ricerche e Networking di Tulia Hannah Tiervo, Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Lettori: Antonella Del Pozzo, Chiara Dorini, Fulvio Pregnolato, la professoressa Daniela Conighi (ANVGD Udine) e il professor Enrico Modotti. Adesioni al progetto: Centro studi, ricerca e documentazione sull’esodo giuliano dalmata, Udine. Fotografie da collezioni private della famiglia Dorini e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine. – orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vice presidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito web: https://anvgdud.it/
Fonte: Elio Varutti – 21/05/2024