Il 26 ottobre 1954 finì la Seconda guerra mondiale anche a Trieste

Quasi 10 anni di attesa. Quasi un decennio di occupazione straniera. L’infinito dopoguerra triestino finalmente terminava il 26 ottobre 1954. Allo scoccare della mezzanotte di quel giorno varcarono il confine tra l’Italia ed il mai costituito Territorio Libero di Trieste i primi soldati italiani.

Il capoluogo giuliano viveva allora ciò che il resto dell’Italia settentrionale aveva vissuto nella primavera del 1945. L’insurrezione del Comitato di Liberazione Nazionale di Trieste del 30 aprile 1945 aveva sostanzialmente posto fine all’occupazione nazista, ma l’indomani non giunsero gli angloamericani e non si potè festeggiare la libertà e la fine della guerra sventolando il Tricolore. Era giunto l’esercito della Jugoslavia comunista non per liberare una città che già si era liberata bensì per occuparla. E con Trieste tutta la Venezia Giulia e Fiume, come era già successo a Zara nel novembre del 1944.

Dal primo maggio 1945 al 26 ottobre 1954 l’italianità ebbe vita difficile in una delle città simbolo della vittoria in quella Prima guerra mondiale che fu vissuta come la Quarta guerra d’indipendenza che completò il Risorgimento e l’unificazione nazionale. Già il 5 maggio 1945 una manifestazione patriottica fu repressa a fucilate con morti e feriti dalle forze jugoslave, preludio dei 40 giorni di sequestri, processi sommari, deportazioni verso i campi di concentramento, nuove stragi nelle foibe. Sotto gli occhi degli angloamericani che non volevano creare attriti con un esercito comunque alleato e protetto da Stalin: in Istria e a Fiume, ove la presenza angloamericana era pressoché nulla, l’epurazione politica nei confronti di chi si opponeva al progetto espansionista di Belgrado fu ancora più cruenta.

Il 12 giugno 1945 a Trieste, Gorizia e Pola finirono i Quaranta giorni di occupazione “titina”, si stabilì un’amministrazione militare alleata in attesa della conferenza di pace, mentre nella penisola istriana l’amministrazione militare jugoslava avrebbe continuato a colpire rappresentanti ed istituzioni dell’italianità autoctona. Ed emissari jugoslavi sarebbero giunti anche a Pola per compiere sulla spiaggia di Vergarolla il 18 agosto 1946 la prima strage della storia della Repubblica italiana, che con i suoi oltre 100 morti è rimasta quella con il maggior numero di vittime.

 

Il Trattato di Pace del 10 febbraio 1947 avrebbe lasciato ancora in sospeso la questione di Trieste: Gorizia e Monfalcone all’Italia, Fiume, Zara e l’Istria alla Jugoslavia, un Territorio Libero di Trieste in sospeso tra i due blocchi della guerra fredda, terminale adriatico di quella cortina di ferro che Winston Churchill già nel marzo 1946 aveva denunciato. Il governatore del TLT non venne mai individuato dal Consiglio di Sicurezza della neonata ONU, quindi a Trieste (Zona A) mantenne i poteri un Governo Militare Alleato e sull’Istria settentrionale (Zona B) si instaurò un Governo Militare Jugoslavo che proseguì nel processo di assimilazione del territorio all’interno delle strutture della dittatura di Tito. Nella città di San Giusto non mancavano le quinte colonne jugoslave e per evitare disordini le autorità vietarono l’esposizione di bandiere nazionali e lo svolgimento di manifestazioni patriottiche.

Alla vigilia delle elezioni del 18 aprile 1948 la Dichiarazione Tripartita illuse triestini, istriani e opinione pubblica italiana che fosse giunto il momento del ritorno del TLT all’Italia, ma si trattò una mossa propagandistica finalizzata a mettere in difficoltà il Partito Comunista, legato alla Jugoslavia e all’Unione Sovietica, su una questione di grande interesse nazionale. Il 20 marzo 1952 i triestini tuttavia scesero in piazza chiedendo il rispetto di quella dichiarazione e le manifestazioni represse con la forza ottennero solamente un maggiore coinvolgimento di personale amministrativo italiano nel governo locale.

Nell’estate del 1953 l’instabilità governativa italiana alla vigilia della II Legislatura indusse Tito, nel frattempo  uscito dalla sudditanza nei confronti dell’Unione Sovietica e diventato interlocutore delle potenze occidentali,  a rivendicare l’annessione del TLT e molti rimasero sorpresi dalla reazione del Presidente del Consiglio Giuseppe Pella che ordinò la mobilitazione dell’esercito. La tensione rimase nell’aria e sarebbe sfociata nelle grandi manifestazioni patriottiche di novembre: ancora una volta scendere nelle strade di Trieste con il Tricolore scatenò una violenta reazione, con 6 morti e decine di feriti.

5 ottobre 1954: il Memorandum di Londra fissa per tre settimane dopo il passaggio delle consegne. Nella Zona A subentrerà l’amministrazione civile italiana, nella Zona B l’amministrazione jugoslava non sarà più militare bensì civile. Un altro passo avanti per la completa annessione dell’Istria al regime titino si era compiuto, ma in Italia prevalse l’euforia per il ritorno di Trieste.

Quel 26 ottobre sotto una pioggia battente finalmente i triestini potevano sventolare il Tricolore ed accogliere i propri soldati ed i rappresentanti del governo nazionale: finiva un’attesa cominciata la sera del 30 aprile 1945. In quella folla esultante tanti erano gli esuli istriani che condividevano l’entusiasmo patriottico della giornata con l’amarezza nel cuore di chi sapeva che nel frattempo il proprio esilio era ormai definitivo.

Lorenzo Salimbeni 

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