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Macini: la mia gente soffriva e non capivo perché (Voce del Popolo 17 apr)

Su Onda news (testata giornalistica edita da Colombo Studio Art, www.ondanews.it) lo scorso 12 aprile è comparsa l’interessante intervista con Maria Gabriella Macini, nipote di esuli fiumani, che per gentile concessione dell’autrice, Paola Testaferrata, vi riproponiamo.
Nata a Novara nel 1955, scrittrice, poetessa regista e autrice teatrale, Maria Gabriella Macini vive a Sala Consilina, in provincia di Salerno. Suo nonno per parte paterna, che era di origini toscane, arrivò a Fiume con D’Annunzio e s’innamorò e sposò una fiumana. Ed è alla nonna Norma che l’autrice ha dedicato il libro intitolato “Noi figli dell’esodo” (Editore Guida – Napoli), in cui narra non soltanto il dramma degli esuli fiumani ma anche le vicende personali della sua famiglia. Madre di due figli, (Sara di 20 e Matteo di 23 anni), appassionata di pittura, oltre a quest’opera Maria Gabriella Macini ha scritto un altro libro intitolato “Le radici del futuro” (Simone Edizioni). A giugno uscirà il romanzo “Vite graffiate” in cui narra la vita di tante donne. Sta inoltre portando in scena un’opera teatrale sulla vita del celebre poliziotto Joe Petrosino, dal titolo “Zio Joe”, che sarà rappresentata tra giorni nella Certosa di Padula, località in cui Petrosino nacque e che il 22 e 23 aprile ricorderà proprio con questo spettacolo il 150.mo anniversario della sua nascita. In ottobre, con la sua compagnia teatrale “Il cantiere dei sogni”, Maria Gabriella Macini metterà in scena un musical intitolato “Foibe”. Ma veniamo all’intervista.

Prendere un caffè con Maria Gabriella è piacevole quanto chiacchierare con lei. Il caffè si gusta lentamente e così anche Maria Gabriella si propone delicatamente e, mentre parla, ci affascina e ci conquista, perché fra le tante parole esce fuori la sua personalità che, se all’inizio appare dello stesso colore arancione del cielo al tramonto, poi si tramuta nel colore rosso incandescente della lava di un vulcano in eruzione. Non resta che guardarla ed ascoltarla stupiti., così come, meravigliati per la chiarezza e l’importanza delle tematiche, si leggono i suoi romanzi “Noi figli dell’esodo”, Editore Guida e “Le radici del futuro”, Simone Edizioni.

Perché hai sentito il bisogno di narrare “l’esodo” ?

“Il bisogno di narrare l’esodo nasce da una profonda sofferenza dell’anima. Da sempre, da quando ero piccolissima, ho percepito un disagio che era palpabile; lo potevo ‘toccare’ tastando quel velo di malinconia che avvolgeva tutta la mia gente, un villaggio composto da millecinquecento, duemila famiglie. Eravamo tutti esuli: Fiume, Zara, Pola, Dignano, Capodistria, Lussino, Lussinpiccolo. La mia gente lottava per la sopravvivenza, testa china, senza parole, né pensieri, né sogni. La mia gente soffriva e io non capivo perché. Mi faceva male quel silenzio, mi faceva star male perché non aveva giustificazione né risposte ai miei occhi di bambina. Spesso mi trovavo a pensare che forse era colpa mia, colpa di noi bambini ed anche questi erano pensieri che facevano male. Crescendo, negli anni, ho appreso l’esodo per ciò che era stato. L’ho appreso dalla mia famiglia, dalla mia gente: ognuno aggiungeva un tassello, ognuno metteva il proprio dolore sul tavolo della Storia. Il tempo stava curando le ferite e la mia gente poteva togliersi le bende. A quel punto anch’io potevo togliere le mie e così … ecco il libro”.

Quanto è stato importante il “segnale” d’amore che ti hanno lasciato i tuoi genitori?

“Determinante oltre che importante! Vi immaginate un esodo di 350.000 esseri umani che sparge odio? Dio mio, non oso pensarci ! I miei genitori, la mia gente ha fatto sì che noi figli, e oramai nipoti e pronipoti dell’esodo, crescessimo liberi dal rancore e dall’odio. Dico liberi perché dei sentimenti così negativi non possono fare altro che male ed i miei genitori, la mia gente tutta, di male ne aveva subito e visto molto, molto più dell’Europa tutta, non solo durante il conflitto ma immediatamente dopo. Quando si festeggiava la pace, da noi si intensificarono gli infoibamenti.

Qual è la tua città d’origine?

“Fiume. Definita da D’Annunzio “la perla” del Quarnaro. Fiume “la gloriosa”, Fiume “l’irredenta”. Fiume dalla lunga, gloriosa, travagliata storia”.

Cosa hai provato nel venire ad abitare a Sala Consilina, un paese del Sud?

“Adesso dirò una cosa un po’ ‘brutta’, ma così è: io non ho radici, non mi sento mai, veramente a casa da nessuna parte e comunque mi piace ogni luogo, perché lo prendo per quello che è, nel bene e nel male. Del Sud amo la gente, così simile alla mia, per certi versi; amo le sue bellezze naturali, tanto, ma tanto simili all’Istria e alla Dalmazia; amo le radici che sono anche quelle di mio marito, dei suoi avi e dei nostri figli”.

La tua scrittura è sempre molto impegnata. Quanto è importante questa “memoria” per i giovani?

“Scrivo ciò che sento. Vivo il mio tempo e lo vivo con il cuore e con l’anima. Non potrei scrivere senza essi. Per i giovani la memoria non è solo consapevolezza, credo sia anche un punto di partenza. Come dire: ecco abbiamo a disposizione questo, utilizziamolo bene,non commettiamo gli stessi errori, prendiamo coscienza di noi e proseguiamo forti di una memoria collettiva che unisce e costruisce”.

Dimenticare certi eventi storici è impossibile, ma quale traccia hanno lasciato nei tuoi genitori ed in te?

“Dimenticare è impensabile, ma ricordare nella giusta chiave è fondamentale, vitale, oserei dire. I miei genitori, la mia gente tutta porterà per sempre la lacerazione nel cuore e credo, ormai, anche nel D.N.A. Ma è una ferita che non si cicatrizzerà del tutto se la comunità internazionale non riconoscerà in pieno i torti che abbiamo subito. È ancora un processo molto lungo, tortuoso e complicato, ma io ci spero e ci voglio credere. Forse il segno è proprio questo: la speranza in qualcosa di giusto e di migliore”.

La Gabriella che conosco è una donna sempre attiva, amante della scrittura e dell’arte. Sono queste “compagne” di solitudine?

”Indubbiamente. Una grande solitudine di fondo, dovuta soprattutto al vuoto che mi circonda e nel quale non ho voglia di tuffarmi. È un vuoto fatto di frastuono e non mi piace, perciò ben vengano i miei libri, i miei disegni.Tutto ciò che è anima e cuore e che non fa rumore”.

Com’è il carattere di Maria Gabriella?

”Il mio carattere? Se lo conoscessi, smetterei di soffrire. In realtà non so come sono. Sono. Vivo di emozioni, sensazioni, pensieri, ma circoscriverli in un carattere… no. Semplicemente, penso di essere una semplice, complicata e contraddittoria creatura. Ma la contraddizione è vita, no?”

Con il suo sguardo vivace ci sorride e saluta i lettori di OndaNews. I suoi occhi chiari guardano altro. La sua mente già pensa oltre.

Ecco, è proprio ora che ritroviamo quelle gradazioni di rosso che ci ricordano prima i colori del tramonto e poi quelli di un vulcano. In quella “semplice, complicata, contraddittoria creatura” che scrive la sua vita, dipinge le sue emozioni, che ama la terra in cui vive come ama la terra in cui è nata e da cui è dovuta fuggire, ritroviamo una grande forza: la forza della Vita.

Paola Testaferrata

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