di MADDALENA REBECCA
Il ”caso” Villa Tarabocchia, la palazzina liberty costruita negli anni Venti a Lussinpiccolo dal capitano Eustacchio e requisita dopo la guerra dal regime di Tito, potrebbe presto approdare in tribunale. Stanchi di bussare invano alle porte dal ministero degli Esteri e di non ricevere risposte dai vertici dell’Università popolare – l’ente che, per conto della Farnesina, di recente ha acquistato e riassegnato la residenza -, i fratelli Luzzatto Fegiz, eredi diretti di Eustacchio Tarabocchia, stanno seriamente pensando di ricorrere alle vie legali. Una scelta difficile e tortuosa, vista però come l’ultima carta da giocare per poter vedere riconosciuti i propri diritti.
L’eventuale causa, attualmente all’esame di uno studio milanese, punterebbe ad invalidare l’atto di compravendita, redatto nel 2002 ma perfezionato solo l’anno scorso, che ha segnato il passaggio di proprietà di villa Tarabocchia. L’ultimo di una lunga e dolorosa serie. La residenza affacciata sullo squero di Lussinpiccolo, dopo esser stata sottratta ai legittimi proprietari, nel marzo del ’48 era stata ”presa in consegna” dalle autorità jugoslave. E in seguito, dopo aver ospitato a lungo la sede della Milicja, la polizia titina, negli anni ’80 a sorpresa era stata ceduta dal Comune di Lussinpiccolo ad una cittadina croata, Bizerka Zecevic. La stessa che, appunto nel 2002, aveva scelto di rinconsegnarla in mani italiane, ben diverse però da quelle dei legittimi proprietari, e di venderla per 670 mila euro.
A sborsare tale cifra, attraverso la mediazione dell’Università popolare, era stato il ministero degli Esteri, deciso a far diventare la palazzina, in seguito ribattezzata villa Perla, sede della Comuntà degli italiani di Lussinpiccolo. «Una destinazione – spiega Alice Luzzatto Fegiz – che mia madre (Ivetta Tarabocchia, figlia di Eustacchio, morta nel 2007 all’età di 94 anni ndr) aveva condiviso, seppur ponendo precisi vincoli. Il 19 dicembre 2002 le era stato chiesto di firmare una lettera di intenti, una sorta di scrittura privata, alla presenza dei rappresentanti della Comunità italiana di Lussinpiccolo e dell’Università popolare. Con quel documento rinunciava alla restituzione della villa a due condizioni: che la palazzina diventasse sede dei Lussignani e ospitasse un asilo dove i bambini potessero imparare l’italiano, e soprattutto che venissero concessi per sempre a lei e ai suoi eredi due locali più servizi, da utilizzare nei mesi estivi. Una richiesta molto precisa – continua Alice Luzzatto Fegiz -, messa nero su bianco all’articolo 1 della lettera d’intenti e richiamata poi anche nell’atto di compravendita di villa Perla, firmato lo stesso giorno in un’altra sede, ma senza che mia madre fosse presente».
L’articolo 5 del contratto di acquisto, infatti, recita così: «L’Università popolare si impegna a destinare l’immobile oggetto del presente atto a sede della Comunità degli italiani e dell’asilo italiano di Lussinpiccolo, a non vendere detto immobile e a non costituire su di esso diritti reali di garanzia né diritti reali o personali di godimento a favore di terzi, ad eccezione (e questo è il punto in cui potrebbe insinuarsi l’azione legale ndr)) di due locali destinati in uso ad una terza parte».
«Quando l’Università popolare ha acquistato la palazzina per conto della Farnesina – prosegue Alice Luzzatto Fegiz – era quindi perfettamente al corrente dell’esistenza delle disposizioni di mia madre. Eppure ha agito come se la proprietà fosse del tutto libera da vincoli. Un comportamento a nostro avviso del tutto illegittimo e ingiustificato e che nessuno, all’interno dell’ente, si è mai preso il disturbo di spiegare. Le tante lettere e richieste di chiarimento inviate anche di recente sono rimaste infatti lettera morta».
Di qui l’intenzione di avviare una causa causa contro l’Università popolare. «Siamo stati ignorati per otto anni – continua la figlia di Ivetta Tarabocchia -. Adesso è davvero venuto il momento di far valere i nostri diritti. Vogliamo far dichiarare nullo l’atto con cui nel 2009 l’ente, già allora presieduto da Silvio Delbello, acquistò la villa intestandola poi alla Comunità degli italiani di Fiume e riconoscendo infine come beneficiari gli italiani di Lussino. E, a questo punto, chiediamo anche che ci venga riconosciuto il mancato usufrutto visto che per la perdita di villa Perla – conclude Alice Luzzatto Fegiz – abbiamo ricevuto dal ministero del Tesoro italiano una cifra ridicola, circa 30 mila euro».
Una mossa, quella della possibile azione legale, a cui l’Università popolare di Trieste risponde elencando con precisione tutti i passaggi della storia recente della palazzina di Lussinpiccolo (ne riferiamo nell’articolo a fianco ndr). Compresa la verifica effettuata nel 2004 in cui il Consiglio direttivo dell’ente constatò “l’impossibilità in termini giuridici di gravare il contratto di compravendita con il comodato d’uso a favore della Ivetta Tarabocchia Luzzatto Fegiz, deliberando di proseguire con la procedura di compravendita prescindendo dai contenuti della lettera d’intenti sottoscritta due anni prima”. Il diritto invocato dagli eredi insomma, secondo l’Università popolare, sarebbe di fatto inesigibile.