VISIGNANO – Le candele per noi accese/si stanno spegnendo ad una ad una…/ La notte, giunge, ormai,/né ci sarà più l’alba!/Un giorno, forse, si racconterà di un popolo che/per vivere libero/andò a morire lontano,…/
La lettura di questi versi (scritti da un altro esule, Luciano Milohnic) ad opera del dott. Angelo Turrin, presidente della Comunità di Visignano in esilio, ha fatto da significativa introduzione alla messa a cui, domenica scorsa, ha assistito oltre una sessantina di visignanesi in esilio, convenuti per l’occasione nel luogo natio. Un rito preceduto da una visita, non meno raccolta e sentita, al cimitero, situato all’estremità orientale dell’abitato, dove è stata deposta una corona alla lapide a ricordo dei tanti compaesani che, per eventi ben più forti della loro volontà, costretti a prendere la via dell’esilio, oggi si trovano sparsi nei diversi camposanti d’Europa e di altri continenti.
Poi la discesa, ripercorrendo la via che taglia longitudinalmente il paese in due parti. Tanti i ricordi, tante le sovrapposizioni e i confronti con quel passato in cui forse mai immaginarono che un giorno, per scendere lungo questo declivio, tanti fra loro avrebbero avuto bisogno di appoggiarsi ad un bastone. In mezzo, tutta una vita, in genere passata altrove.
A metà strada una sosta prolungata per assistere a un’interessante esposizione del prof. Korado Korlević, vero factotum dell’Osservatorio visignanese, che ha fatto conoscere, alla lettera, in tutto il mondo. Un racconto che non può non dare adito a qualche brivido quando spiega che in media ogni due mesi la Terra ha un incontro ravvicinato con “un’isola” che viaggia nello spazio. Una volta, anche solo fino a pochi decenni fa, si riteneva che gli asteroidi fossero circa 1.200. Oggi si dà per cento che le “isole”, ovvero i corpi con un diametro superiore a un metro che si muovono nello spazio siano oltre un milione. Scontata quindi la possibilità di incontri ravvicinati che potrebbero concludersi con impatti che potrebbero avere anche conseguenze devastanti per la Terra: l’ultimo incontro del genere si è verificato nel 1972.
Poi l’ultimo tratto di strada, a gruppi, in ordine sparso, per superare la piazza e infilare la leggera salita che conduce a quella chiesa dedicata ai protettori Quirico e Giuditta, di cui i visignanesi vanno da sempre fieri. Il presidente Turrin, ottant’anni e passa, tre figli, una vita passata a fare il farmacista a Santa Margherita Ligure, si volge e allarga le braccia: “Non è rimasto nessuno di coloro che un tempo abitavano in questa piazza”. Ma se il passato ha lasciato ferite che si riacutizzano ad ogni visita, non minor attenzione e cura vanno date al presente e al futuro. Questo è il paese che gli esuli amano con la stessa intensità provata fin da quando sono nati e quindi va data adeguata tutela e cura al suo retaggio storico e civile. Paventando, in concreto, rimaneggiamenti delle disposizioni riguardanti le tombe, nell’indirizzo ai presenti prima del rito, il dott. Turrin sottolinea la loro inopportunità: la storia non si può negare. Più che giusto perciò guardare al futuro, ma senza dimenticare il passato e da qui l’auspicio che anche la locale Comunità degli Italiani intervenga sulla questione.
Il solenne rito, celebrato dal parroco di Visinada, don Aloijzije Baf, presente pure il sindaco Angelo Mattich, è stata allietata dai canti del coro “Arpa” della CI diretto dal maestro Marko Ritoša, che nel suo indirizzo di saluto ha ricordato: “Non abbiano dimenticato le nostre radici, le nostre origini, la nostra cultura, il nostro dialetto” allo stesso modo in cui nella gioia dell’intimità affettiva abbiamo conservato gelosamente, con amore, nel dolore e nella gioia, le nostre tradizioni. A conclusione del rito il coro ha intonato il rituale “Va pensiero” che ha suscitato nuova commozione, tanto che parecchi presenti non hanno potuto trattenere le lacrime.
Quindi il pranzo conviviale e un’ultima visita allo splendido osservatorio sulla collina di Tizzano, prima dell’arrivederci all’anno prossimo.
Mario Simonovich