di m.u. su Il Piccolo del 29 maggio 2010
Dal 1997 in poi l’abbraccio musicale de “Le Vie dell'amicizia” ha toccato città che il corso della storia, in momenti diversi e per motivi differenti, ha trasformato in passato in terre teatro di conflitti e sofferenza. Sarajevo, che ha ospitato la prima edizione e l’ultima, oppure Beirut, al cui Forum l’esibizione è stata allestita nel 1998. L’anno dopo, un testo cristiano come la Messa de Requiem di Verdi era stata eseguita a Gerusalemme davanti a israeliani e palestinesi radunati tutti assieme. Nel 2002 le note di “Va’ pensiero” avevano commosso il popolo americano accorso a Ground Zero per assistere alla performance nel luogo simbolo del dramma vissuto l'11 settembre 2001 con l'attacco terroristico alle Torri gemelle.
Riccardo Muti, però, non nasconde che di tutto questo percorso proprio la sua 14.a fermata, quella triestina datata 13 luglio prossimo, avrà un significato particolare: «Trieste sarà la tappa più importante di tutto il cammino fatto fin qui». Parole che non possono lasciare indifferenti, proprio per il fatto che non sono frutto del caso. Ma di valutazioni approfondite sulla storia di queste terre. Muti si fa largo nel passato della città: «L’appuntamento di Trieste – dice – ha un significato molto particolare. Porta all’attenzione un problema vicino a noi, con tre Paesi che si specchiano sullo stesso mare e che sono stati protagonisti della storia del Novecento. L’evento del 13 luglio sarà importante se riuscirà a ricomporre ciò che finora forse non è stato ancora ricomposto. Un momento utile ad ammorbidire i retaggi della storia».
Italia, Slovenia e Croazia pronte a darsi idealmente la mano a Trieste, non a caso la città di frontiera per antonomasia, rafforzando così – simbolicamente – gli enormi passi avanti fatti negli ultimi anni nei rapporti diplomatici e di buon vicinato fra i tre Paesi. «Le Vie dell’amicizia non è un espediente per andare nei vari luoghi del mondo, eseguire della musica e dire: allora, siamo amici – continua Muti –. Noi intendiamo invece sottolineare la potenza della musica: l’amicizia infatti è un comune sentire. La musica di questo messaggio è ambasciatrice somma: non porta con sé concetti, editti, proclami, ma unisce attraverso il comune sentire, concetto che ribadisco, per mezzo di quei suoni che sono le vibrazioni dell’anima che noi creiamo». Emblematica, per lo straordinario direttore d'orchestra napoletano, ambasciatore dell'arte italiana nel mondo, è per esempio «la stretta di mano che sul palco gli orchestrali e i musicisti si scambiano pur senza conoscere i reciproci nomi». Come già successo, fra persone di etnie e culture differenti. E come accadrà anche a Trieste, nuovamente.
Muti tornerà a suonare in terra triestina dopo tanti anni: «Precisamente non ricordo quand’è stata l'ultima volta… Sicuramente agli inizi della mia carriera c’ero venuto per lavorare sia con l’orchestra triestina che con quella della Scala. La scelta di Trieste, peraltro, rappresenta la seconda tappa italiana de “Le vie dell’amicizia”, dopo quella del 2008 a Mazara del Vallo: una sorta di congiungimento ideale fra il Sud e il Nord del Paese». A dire il vero, l’evento era stato ospitato nel 2007 anche a Roma, al palazzo del Quirinale, ma nell'occasione si era trattato di una scelta indotta dall'impossibilità di suonare – come invece programmato in origine – in Libano. Un cambiamento di rotta motivato dalla necessità di garantire la sicurezza agli artisti impegnati, in considerazione degli scontri che non avevano smesso di insanguinare il territorio libanese.