Tito Stagno è nato a Cagliari nel 1930 da padre e madre sardi. Il padre funzionario statale subì diversi spostamenti di servizio dalla Sardegna a Parma, nel 1938 a Cervia e nel 1939 a Pola, dove fu promosso direttore della Confederazione Industriale ricoprendone la carica fino al 1947. Nel maggio del '45 venne arrestato dai titini ma, protetto dagli inglesi, riuscì a cavarsela rientrando sano e salvo in Sardegna.
Tito a Cagliari terminò gli studi ginnasiali e si iscrisse all'università nella facoltà di medicina. Nel '54 entrò alla RAI come giornalista, poi come conduttore televisivo diventando uno dei volti più popolari dell'epoca.
Raccontò tutte le imprese spaziali sovietiche e americane, fino al primo lancio sulla luna nel 1969. Per anni curò e diresse "La domenica sportiva" con Gianni Brera e non solo. Accompagnò ed intervistò in tutto il mondo i personaggi più in vista della politica italiana ed estera, gli attori più noti italiani e americani, i calciatori più famosi e i papi Giovanni XXIII e Paolo VI. Familiarizzò con gli astronauti dell'Apollo 11, uno dei quali lo soprannominò «Signor chiaro di luna»: da qui il titolo del suo ultimo libro Mister Moonlight – confessioni di un telecronista lunatico, edizioni Mini-mumfax.
Nella sua lunga carriera ha riscosso molti elogi da colleghi e non solo. Di lui Piero Angela ha scritto: «Una vita vissuta da protagonista della TV e da testimone del suo tempo». Massimo Gra-mellini ("La Stampa") ha scritto: «Adrenalina, cultura, competenza e capacità narrativa». Paolo Nespoli (astronauta) ha detto: «Con quella sua telecronaca del '69 a me da ragazzo ha fatto venire voglia di andare sulla Luna». E potrei citarne molti altri ancora.
A questo punto vi racconto come ho avuto modo di conoscere Tito Stagno.
All'inizio del 1943 a Pola cercavano dei ragazzi per girare un film, "Marinai senza stelle", ed un mio amico mi trascinò alle selezioni. Il regista Francesco De Robertis, uomo di mare molto competente che a Pola aveva già girato "Uomini sul fondo: ALFA-TAU" (la storia di un sommergibile in tempo di guerra), per questo film scelse Tito nella parte del personaggio principale, "Murena", mentre altri vennero presi come comparse. Tito era un ragazzo sveglio che sprizzava energia da tutti i pori, con gli occhi ridenti e i capelli biondi bruciati dal sole e dalla salsedine che gli ricadevano sempre sugli occhi, come la maggior parte dei ragazzi di allora. Lo incontrai nuovamente alcuni mesi dopo quando tornò da Roma, dove erano state girate le scene degli interni e scherzando gli dicevo che mi aveva portato via la parte di "Murena", ma in realtà sapevo che lui era il più adatto per quella parte.
Il film narra la storia di una nave scuola che mentre era in navigazione di addestramento ricevette l'ordine di rientrare immediatamente perché stava per scoppiare la guerra. I marinaretti venivano portati a terra in un castello. Dopo diverse peripezie due di loro, Murena e Riccio, riuscivano ad imbarcarsi su due navi differenti per fare ritorno a casa. Murena si era imbarcato su di un caccia e, quando nello scontro a fuoco la bandiera di battaglia viene colpita cadendo in mare, lui si truffa per recuperarla, diventando così un eroe bambino. Il film, a seguito degli avvenimenti dell'8 settembre e successivi, fu sospeso per essere ripreso e proiettato nelle sale cinematografiche alla fine della guerra.
Quando incontravo Tito ai giardini, lo fermavo per chiedere come procedessero le riprese, ma era una scusa per far vedere alle ragazze che lo conoscevo (ormai era diventato celebre). Infatti, molte mi fermavano chiedendomi di essere presentate, ma io trovavo il pretesto che aveva già una ragazza molto gelosa di nome Elena, figlia di un sottufficiale della Marina. Questa ragazza esisteva veramente ed era una che piaceva a me, frequentava il Circolo sotto il Zaro sempre con i genitori ed era "verboten" avvicinarmi, in quanto ero poco presentabile giacché indossavo un vestito in cui ero cresciuto dentro ed un paio di sandali autarchici. La vedevo solo alle adunate del sabato nella Casa Balilla dove con le compagne, dirette dal maestro Magna-rin, cantavano «Noi siamo l'alba d'or/noi siamo la speranza in fio/ Italia, Italia, bimbe…» (non ricordo il seguito; forse Edda Garim-berti lo rammenta) ed io me la mangiavo con gli occhi.
Dopo il primo bombardamento del 9 gennaio 1944 la casa in cui abitavo in via Tartini fu rasa al suolo; mia madre rimase sotto le macerie per 10 ore, ma si salvò. Io andai ad abitare dai miei nonni in via F. della Torre dove c'era la centrale del latte, e non ho più incontrato Tito.
Nel libro Mister Moonlight Stagno ricorda tutta la sua vita ed evoca in continuazione Pola e l'Istria anche perché il nostro mare, le spiagge e le grotte assomigliano molto a quelle della sua Sardegna. Pola è sempre stata fino alla fine del '46 una città magica, inconfondibile, allegra (dopo solo pianto e disperazione) e chi vi si stabiliva anche solo per pochi anni subiva il suo fascino; ne imparava subito il dialetto, le abitudini e lo stile di vita; bastava che fosse un tipo disponibile alla battuta, allo scherzo, al canto, alla buona tavola e veniva subito integrato. Chi lasciava Pola per motivi di servizio o di lavoro se la portava sempre nel cuore e anche dopo anni ricordava quel periodo in cui vi aveva vissuto come uno dei più belli della propria vita.
Sentii parlare nuovamente di lui dopo la metà degli anni '60 quando faceva le telecronache sportive alla RAI. Ho avuto modo di vederlo bene in TV nel '69 quando ha descritto alla perfezione l'allunaggio del LEM. Era sempre lo stesso, con quel suo viso simpatico ed i capelli come allora. Era inconfondibile, l'avrei riconosciuto tra mille!
Tra gli inviti ricevuti per il Giorno del Ricordo del 10 febbraio scorso, c'era quello di Tito Delton che alle 18.30 presentava un suo libro al Circolo della Stampa: 19 febbraio 1947 – Fuga dall'Istria. Eravamo in parecchi ad ascoltarlo, anche molti non esuli interessati alla nostra storia. Del libro non posso ancora dare un parere, non avendo ancora avuto il tempo di leggerlo, ma la persona mi è sembrata molto valida e positiva.
Alle 21.00, al Conservatorio "Giuseppe Verdi" di Torino, c'era il coro "Lino Mariani" di Pola che si esibiva con un repertorio di nostre canzoni e, alla stessa ora, al Circolo dei Lettori, Tito Stagno presentava il suo libro: per nessuna ragione al mondo avrei rinunciato ad incontrarlo. Mandai mia moglie al Conservatorio con l'accordo che l'avrei raggiunta dopo non molto ed io andai ad incontrare Tito.
Prima della presentazione del libro, mi presentai ricordandogli i nostri contatti avuti a Pola. Nel sentire il nome della nostra città gli occhi gli si illuminarono e sorridendo con gioia allargò le braccia; pensavo volesse abbracciarmi ma si trattenne e incominciò subito a parlarmi perfettamente nel nostro dialetto, mai dimenticato. Io scherzosamente gli rinfacciai di avermi portato via la parte nel film e quando gli chiesi che cosa ricordasse con maggior piacere di quell'esperienza sorridendo rispose: «La moglie del regista; era un pezzo di figliola.». Chiesi chi ricordasse ancora del ginnasio G. Carducci; mi rispose il preside Craglietto, molto severo ma molto competente, e poi i compagni Farao, Puchar e Stefani.
Nel frattempo la gente aveva preso posto in sala ed era impaziente che iniziasse la serata (i gaverà pensà: «ma chi xe 'sto rompi bale!»). A malincuore dovetti interrompere la piacevole conversazione; dissi che volevo scrivere qualcosa su "L'Arena di Pola", giornale che lui ricordava benissimo. Lui mi diede il suo libro con dedica con la promessa che mi avrebbe spedito una fotografia per il giornale. Ha voluto il mio indirizzo e numero di telefono e spero di risentirlo perché ho altre domande rimaste in sospeso da porgli. Sono volato al Conservatorio, dove da poco era incominciato lo spettacolo, ma di questo scriverò un'altra volta.
Soarez Di Lazzaro