LETTERE
Una gentile signora abitante a Muggia ma nata a Pola, mi ha spedito in questi giorni due trafiletti ritagliati dal Piccolo, pubblicati il 28 ottobre 2008 e il 12 gennaio 2009, nei quali due lettori del quotidiano sfogano il loro disappunto verso gli esuli istriani e dalmati colpevoli, con il loro arrivo a Trieste, di aver «portato via» terreni, case e lavoro ai triestini costringendoli a emigrare in Australia. Non sono i soli ad aver dimostrato «la fratellanza italiana» verso gli istriani e dalmati della diaspora: sessant’anni prima, in molte città italiane (tranne Bergamo, Brescia e qualche altra) sono stati accolti peggio che a Trieste.
E per la verità Trieste, ancora sotto il controllo del Governo militare alleato, si rifiutò di accogliere i profughi provenienti da Pola. Era disponibile soltanto a mettere a disposizione dei magazzini per il deposito provvisorio delle masserizie dei profughi, come risulta dagli «Atti e Memorie del Cln di Pola luglio-ottobre 1946». Accolse, qualche anno più tardi, i profughi e gli scampati dal «paradiso titino», la gran parte contadini dei centri agricoli dall’Istria e, dopo il 1975, anno del Trattato di Osimo, tutta quella povera gente della zona «B» la quale, in nome della pace e dei buoni rapporti tra i popoli, con la nazionalizzazione delle loro terre da parte della Iugoslavia, fu spogliata di tutti i suoi averi e costretta a cercare altrove, dove poteva, una possibilità di sopravvivenza.
Per quanto riguarda l’emigrazione dei triestini in Austrialia, quanti erano: cento, trecento, mille? Stento a credere tuttavia che la colpa di questo espatrio fossero gli istriani e dalmati esuli: l’emigrazione nel nostro Paese è sempre stato un fenomeno endemico, a cominciare dal 1876 con la popolazione del Meridione d’Italia verso le Americhe, e culminata, dopo la fine della seconda guerra mondiale, verso l’Australia, il Canada, l’Argentina, la Germania, i Paesi europei del Nord, e tanti altri.
Non sanno il signor Sergio Baldassi e la signora Daniela Iellen, protestatari sul Piccolo, che dei trecentocinquantamila esuli istriani più di un terzo ha dovuto emigrare non solo in Australia ma anche nelle due Americhe, per non aver potuto trovare un lavoro e una sistemazione abitativa degna di tale attributo in Italia? Non sanno quei signori ch edopo dodici anni di permanenza nei campi profughi, disseminati in varie città italiane, centinaia di famiglie anche di cinque, sei persone, costrette a vivere in spazi di tre metri per tre (i cosiddetti box), erano ancora in attesa di un alloggio (caserma Ugo Botti a La Spezia, tanto per fare un esempio)? Senza contare che la gente dell’esodo, spogliata di tutte le sue proprietà con la pulizia etnica messa in atto da Tito contro gli istriani e i dalmati di origine e di sentimenti italiani, deportandoli e infoibandone decine di migliaia per poter così impossessarsi di un territorio mai appartenuto né alla Iugoslavia né ad alcuno dei Paesi di appartenenza dopo la costituzione di uno stato unico, ha dovuto pagare con i suoi averi le sue proprietà, i danni di guerra di tutti gli italiani verso la Iugoslavia, compresi quelli dei triestini.
Tempo fa, non ricordo su quale giornale, avevo letto che la colpa degli istriani è stata quella di non aver fatto opposizione al regime di Tito e di non essere rimasti nelle loro case. Come avrebbe potuto una popolazione uscita da una guerra disastrosa, che aveva provocato lutti e distruzioni in ogni famiglia, soprattutto dai bombardamenti, affamata e disarmata, governata da una forza militare, quella degli alleati, con prevalenza inglese, che ha dimostrato in più occasioni di favorire le pretese degli iugoslavi a danno dei diritti della popolazione italiana, combattere in difesa della propria terra con qualche speranza, non dico di ottenere un risultato ma, semplicemente, di non essere annientata; considerando che Tito mirava proprio a questo: far sparire dall’Istria ogni traccia d’italianità?
Il signor Sergio Baldassi, a conclusione della sua polemica, si domanda: «… non si sono accorti, dopo sessant’anni, che se l’Italia fascista di Mussolini, alleata della Germnia di Hitler, non avesse occupato la Jugoslavia, gli esuli istriani e dalmati vivrebbero ancora nelle loro terre?»
La mia risposta è: «Non si è ancora accorto il signor Sergio Baldassi, dopo sessant’anni, che nell’Italia fascista di Mussolini, alleata della Germania di Hitler, non erano soltanto gli istriani e i dalmati, ma anche i triestini, i veneziani, i lombardi, i piemontesi, i liguri e tutti gli altri italiani, compresi gli stessi signori Baldassi e Iellen, o i loro genitori, ma che a pagare l’occupazione della Jugoslavia sono stati soltanto gli istriani e i dalmati?».
Tullio Tulliach (Torino)