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A Vasto una lezione di storia

 

Una rappresentazione scenica degli alunni dell’Istituto “Luigi Martella” si è tenuta l’8 febbraio a cura dei docenti, il racconto delle vicende accadute sul confine orientale che si è avalso della testimonianza dell’esule Magda Rover, testimone generosa e appassionata della storia personale e collettiva. E proprio lei ha voluto stigmatizzare, in un’intervista ai giornali locali, le versioni riduzionistiche e giustificazionistiche palesatesi nei giorni intorno al 10 Febbraio.

 

«Sono venuta a conoscenza del fatto che il giorno primo febbraio ha avuto luogo, nella sala convegni agli ex Palazzi scolastici di Corso Italia a Vasto, un incontro negazionista delle Foibe, con la signora Cernigoi, invitata dall’Anpi. Se veramente volete essere informati sull’argomento, sarò lieta di darvi qualche chiarimento in merito, in quanto io sono una esule istriana doc. scampata con la famiglia alla Foiba, probabilmente quella di Surani-Antignana, Pola.

 

Esodai dall’Istria nel dicembre del ’43. Eravamo in uno stato pietoso: pochi mesi di “cura” titina ci avevano gravemente provati ma, grazie a Dio, eravamo ancora vivi. Mio padre, in Istria, era già stato torturato e si trovava nel Castello di Pisino, pronto per essere caricato su un automezzo che lo avrebbe condotto alla foiba quando, provvidenziale per noi, ci fu un’avanzata di truppe tedesche che metteva in fuga i partigiani titini, permettendoci così, in seguito, di trasferirci nel Veneto. Mentre eravamo ancora in Antignana, nel dicembre del ’43, venne scoperta la foiba di Surani con il suo carico di morte. Vennero riesumate ventisei salme e avvolte ciascuna in un lenzuolo bianco, deposte, in attesa delle bare provenienti da Trieste, sulla piazzola della chiesetta antistante il cimitero. I parenti dei “desaparecidos” erano venuti per cercare i propri cari dissolti nel nulla. Io sfuggii all’attenzione di mia madre troppo presa nel tranquillizzare mio padre che, venuto a conoscenza dell’accaduto, era entrato in uno stato di angoscia e andava girando per la casa esclamando: “Io solo so quanto hanno sofferto. Io dovevo essere con loro!”. Mi trovai nel luogo del macabro, terribile “spettacolo”. I parenti delle vittime stavano sullo sfondo impietriti, sgomenti, probabilmente increduli. Io ne rimasi talmente scossa che comincia a sentirmi male, molto male. Ad un certo punto mi ritrovai nella piazzola-giardinetto del paese. Non sopportavo l’angoscia, giravo come una trottola, mi mancava l’aria, così decisi di cercare una foiba per sottrarmi, credo, a quella cosa spaventosa che mi sembrava un inferno. Salii sul muretto pensando che la terra potesse aprirsi per proteggermi, che ci fosse una foiba a salvarmi. Naturalmente la terra non si aprì e solo settantenni dopo scoprii l’orrore della vera foiba: era la foiba di Surani visitata il 14 giugno 2013, durante la commemorazione in ricordo del martirio di Norma Cossetto, divenuta emblema dello scempio subito dai nostri martiri, infoibati e non».

 

«Vorrei tanto – ha concluso la signora Rover – che le associazioni tutte abbiano il coraggio di cercare e di dire la verità. Non possiamo continuare a costruire la nostra povera Patria sulla menzogna, scaricando sugli altri tutte le colpe della tragedia della scorsa guerra civile. Non vogliamo dare ai nostri figli un po’ di pulizia morale, di coraggio, di verità?»

 

(fonte www.vasto24.it)

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