Buon compleanno, carissimo Abdon Pamich. Il leggendario marciatore fiumano compie oggi 80 anni. È stato uno dei più grandi e longevi marciatori della storia, almeno prima che la specialità subisse le innovazioni proveniente dall’Europa orientale. L’esperto inglese Mel Watman lo ha definito “the most consistently great long distance walker of all time”.
In un ventennio di attività si presume che Pamich abbia percorso a piedi almeno due volte il giro del mondo. Ha partecipato a cinque Olimpiadi, conquistando la medaglia d’oro nel 1964 (e salendo altre due volte sul podio), e a sei edizioni dei Campionati d’Europa, vincendo due titoli consecutivi nel 1962 e nel 1966. La marcia è esercizio atletico di rigore estremo e Pamich l’ha interpretata sempre con esemplare correttezza stilistica. Erede della gloriosa scuola italiana che si rifaceva agli Altimani e ai Frigerio, ha contribuito alla sua continuità con una dedizione e una tenacia quasi ascetica.
Sempre molto riservato e fin troppo taciturno, ben proporzionato nel fisico (1.83 per 74 chili le sue misure standard), ha avuto le armi vincenti nella determinazione estrema e in un temperamento capace di sostenerla. Specialista dei 50 chilometri, la “distanza della verità”, possedeva la rara capacità di emergere nella parte conclusiva delle gare, quando più crudelmente la fatica mordeva muscoli e volontà.
In occasione del suo compleanno un gruppo di amici del sito specializzato Marcia Italiana, fra i quali Maurizio Damilano, Augusto Frasca, Vanni Loriga e Vittorio Visini, si è fatto promotore presso la Presidenza federale affinché si faccia una giornata di festa anche per ricordare il 49° anniversario della sua vittoria Olimpica di Tokyo 1964. Il Presidente federale Alfio Giomi si è dichiarato senz’altro d’accordo nel supportare questa iniziativa, la cui data è stata fissata il prossimo 18 ottobre, alle ore 11.30, presso la sede della Federazione Italiana di Atletica Leggera a Roma.
Nato il 3 ottobre del 1933 a Fiume, figlio di un commercialista, una lontana discendenza per parte di nonna da un Solomon doge veneziano, l’inconsueto nome da protomartire cristiano, nel 1947 fu costretto a rifugiarsi con la famiglia in un campo profughi. Dopo gli studi di agrimensura, ha conosciuto l’atletica a Genova, seguendo le orme del fratello maggiore Giovanni, presso la gloriosa AAA creata da Tullio Pavolini e dove il prezioso e riservato Giuseppe Malaspina lo ha trasformato in animoso marciatore da lunghe distanze.
Sposato a 24 anni, due figli (Tamara e Sennen, altro nome da martire cristiano), ha gareggiato quasi tutta la vita con la maglia della società per la quale lavorava nel campo dei petroli, la Esso. E contro la quale, a fine stagione agonistica, ha battagliato a lungo in sede legale per vedersi riconoscere diritti d’immagine e prebende economiche.
In nazionale dal 1954 al 1973 (con la maglia azzurra ha collezionato 43 presenze), Pamich ha fatto il suo esordio internazionale con un settimo posto nella 50 chilometri agli Europei di Berna del 1954. Due anni più tardi, ai Giochi di Melbourne, distrutto dal caldo, fu quarto nei 50 e undicesimo nei 20 chilometri. Nel 1958, ancora agli Europei di Stoccolma, salì per la prima volta sul podio con il secondo posto nei 50.
Alle Olimpiadi di Roma, malgrado le grandi attese, dovette contentarsi della medaglia di bronzo, alle spalle del piccolo inglese Thompson e dell’anziano svedese Ljunggren, che l’avevano distanziato nella prima parte del circuito. Nel 1961 ha conquistato il primo successo internazionale vincendo i 50 nell’edizione inaugurale del Trofeo Lugano. Il 19 novembre dello stesso anno, sulla pista dello stadio Olimpico, ha stabilito i primati mondiali delle 30 miglia e dei 50 chilometri. Nel settembre 1962, a Belgrado, chiudendo la prima parte della sua stagione agonistica, si è laureato campione d’Europa (4h19’46”6) lasciando a quasi 5’ il secondo classificato.
Il successo più importante lo ha ottenuto a trentun’anni appena compiuti, il 18 ottobre 1964, in un giorno di pioggia e di vento, vincendo a Tokyo l’oro olimpico in 4h11’12”4 al termine di un lungo duello con l’inglese Vincent Nihill, arresosi solo nel finale (4h11’31”2 il tempo conclusivo). La gara, per Pamich, fu resa ancora più drammatica da un attacco di violenti dolori gastro-intestinali causati da un bicchiere di the freddo, risolto al 38° chilometro con una sosta dietro un cespuglio.
Due anni più tardi, agli Europei di Budapest, allungò la sua serie d’oro vincendo ancora il titolo continentale (4h18’42”). Il prosieguo della carriera lo ha visto ancora impegnato in sede olimpica al Messico, nel 1968, quando da precarie condizioni fisiche fu costretto al ritiro. Nel 1969, ai Campionati d’Europa di Atene, tornato sui 20 chilometri, si fece ancora valere con un sesto posto. Molto amara invece risultò l’ultima presenza olimpica, nel 1972, quando alle soglie dei quarant’anni venne squalificato sui 50, un infortunio nel quale non era mai incappato prima. Nella sua lunga attività – tra il 1955 e il 1971 – il silenzioso Pamich ha conquistato 40 maglie tricolori, equamente distribuite tra 10 chilometri su pista, 20 e 50 chilometri su strada. Ancora oggi nessun altro italiano è giunto a tanto.
“la Voce del Popolo” 3 ottobre 2013