«Un grande immenso dolore». Nino Benvenuti ha la voce incrinata e trattiene a stento le lacrime. Ha appena saputo della morte di Emile Griffith. «L’ultima volta che ci siamo visti è stato un anno fa» ricorda l’ex campione del mondo.
Quei loro tre celebri match, a cavallo tra il 1967 e il 1968, nel tempo hanno cementato tra loro un’amicizia che è durata tutta una vita. Tre anni fa si erano rivisti a Roma per un’iniziativa benefica nella lotta all’Alzheimer, malattia di cui Griffith era affetto da tempo. ‘Emiliò, come lo chiama affettuosamente ancora oggi Benvenuti, erano perfino coetanei: l’ex campione americano era più vecchio di appena due mesi.
«Per me era un grande amico, anzi un fratello – dice l’ex campione istriano – Sapevo che se avessi avuto bisogno lui c’era sempre, e lui pensava lo stesso di me. Ultimamente se la passava male, anche ai grandissimi capita di non riuscire a prepararsi al domani, a un futuro senza la boxe. O lui o altri hanno aiutato Emilio a spendere, così si è trovato senza nemmeno il minimo per vivere». «Non me l’aspettavo, la sua morte improvvisa per me è un tormento» confessa Benvenuti. Il suo pensiero è subito volato a quei tre storici match di 45 anni fa. «Abbiamo vissuto sul ring 45 round insieme, ci siamo dati un’infinità di colpi», e non dimentica la costola rotta che gli fece perdere la rivincita del ’67.
«Emilio era l’atleta per eccezione, l’avversario che sapeva dare sempre il massimo. Non cercò mai di colpirmi in modo scorretto – racconta -, e se avesse voluto avrebbe saputo essere anche scorretto. Era un pugile pulitissimo, di me aveva una grande ammirazione, aveva un grande rispetto e una grande stima». Alla fine del primo match, quello in cui Benvenuti strappò la corona dei medi all’americano, Griffith gli dette la mano ammettendo sportivamente la sconfitta.
«Ci sentivamo – prosegue – come due cavalieri che si sfidano all’ultimo sangue. Se avessi potuto parlargli in italiano gli avrei detto questo. E so che anche lui pensava la stessa cosa». Come dovrebbe ricordare uno come Griffith il mondo della boxe? «Come un campione di correttezza, ha dato un’immagine pulita al pugilato» continua. «Nella graduatoria di tutti i tempi tra i medi – dice – è stato secondo solo a Sugar Ray Robinson e Carlos Monzon. Io come altri ho goduto il vantaggio di essere un peso medio naturale. Lui era più un welter come statura e muscolatura». Nella sua personalissima classifica dei più grandi medi di tutti i tempi ammette che l’americano gli era superiore. «Se fosse stato un medio naturale anche lui non lo avrebbe battuto mai nessuno. È stato – conclude Benvenuti – più grande di me…».
da Il Messaggero 23 luglio 2013
Griffith e Benvenuti nel loro ultimo abbraccio (foto Il Messaggero)