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Addio a Licia pasionaria comunista cacciata dal partito (Il Piccolo 04gen13)

Se n’è andata anche l’ultima rivoluzionaria comunista triestina. Licia Chersovani si è spenta il giorno di San Silvestro in una casa di riposo, il prossimo settembre avrebbe compiuto novant’anni. Il suo rigore morale e la sua ampia cultura sono unanimemente riconosciuti così come il ruolo di un certo rilievo ricoperto nella vita cittadina sia dal punto di vista storico-politico che da quello scientifico essendo stata docente universitaria di Fisica e professoressa della stessa materia all’Istituto Volta.

 

Nel lontanissimo 1948 l’episodio che segnò, forse in negativo, tutta la sua vita e che viene riferito dalla storica e amica Marina Rossi: assieme ad altri due studenti triestini saltò la direzione provinciale del partito e si presentò direttamente a Botteghe Oscure chiedendo di essere ricevuta da Palmiro Togliatti per presentargli una relazione sulla diffusione degli deali comunisti nella nostra zona. Tanto bastò per attirarle le ire di Vittorio Vidali, padre padrone oltre che uomo del Kgb che la fece espellere dal Pci in cui non sarebbe mai più rientrata.

 

«Solo in epoca recente è stata riabilitata formalmente dal docente Riccardo Luccio, membro della direzione comunista», ricorda Marina Rossi. L’espulsione le fece perdere la borsa di studio con cui era stata mandata a studiare a Praga, meta di tanti comunisti dell’epoca. Il sociologo e giornalista Rocco Turi in un libro ricorda il suo trasferimento in Cecoslovacchia assieme ad altri tre triestini: Isans Rado, Giacomo Buttoraz e Ivo Stoppan. Buttoraz diventa direttore della radio clandestina “Oggi in Italia” e avrebbe svolto attività informativa a favore dei servizi segreti cecoslovacchi. I comunisti italiani avrebbero anche seguito i corsi di una scuola di «sabotaggio e attentati» nota come Scuola politica del compagno Synca. Vittorio Vidali avrebbe infatti dislocato una sorta di quinta colonna per due possibili vie di penetrazione dei sovietici a Ovest: una attraverso Trieste e l’altra attraverso l’Alto Adige.

 

La formazione comunista di Licia Chersovani risaliva all’università di Padova dove in tempo di guerra si era iscritta a Medicina. Secondo Marina Rossi avrebbe manifestato questi ideali già al Petrarca, ma a detta del giovane storico triestino Patrick Karlsen da giovane avrebbe invece manifestato una certa vicinanza agli ideali fascisti come del resto il 95% degli italiani. «Ricordo una bella ragazza passata dal cantare Giovinezza alla Gioventù comunista», sostiene Lino Carpinteri. E infatti Licia era stata più di una volta presa di mira dalle vignette della Cittadella perché alla guida degli studenti comunisti, come riferisce lo stesso Karlsen, si scontrava anche fisicamente con i goliardi che invece facevano riferimento agli ideali repubblicani e liberali.

 

Ma durante la guerra si era anche presa i suoi bei rischi quale staffetta partigiana. Riconobbe la sua amica Carla Petracco tra gli impiccati dai nazisti in via Ghega grazie al maglione che lei le aveva prestato. Cacciata dal Pci assieme a Fausto Monfalcon, accusato di trozkismo era entrata nel Psiup, poi aveva lavorato anche all’Istituto per la storia del Movimento di liberazione dove Tullia Catalan la ricorda come «una persona di grande onestà, con la schiena dritta e capace di grandi aperture verso i giovani». «Dopo il crollo del comunismo era entrata in Rifondazione – ricorda Marina Rossi – ma ha trascorso gli ultimi due anni in modo melanconico, delusa anche da questo partito.»

 

Silvio Maranzana

“Il Piccolo” 4 gennaio 2013

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