BRESCIA, Il passaparola fra gli amici da mesi era sommesso e dolente: «Come sta Mario?» era la domanda ripetuta a bassa voce. Mario Venturini, assessore all'Urbanistica in Loggia dal 1998 al 2008, da due anni combatteva la sua battaglia – dura e dignitosa – contro un male terribile. La malattia non gli aveva impedito di essere presente, anche recentemente, a incontri pubblici in cui non nascondeva le difficoltà crescenti: prima il bastone, poi la carrozzina, sempre cappelli e papaline che mal celavano la calvizie da chemio. Poche settimane fa aveva visitato il vagone del metrò esposto a Brescia. Due mesi or sono aveva tenuto un intervento appassionato e stra-applaudito a un convegno sulla «Brescia negata». Nel settembre dell'anno scorso era stato lui a tenere un'orazione funebre, tenera e straziante, davanti al feretro di Giulia Giori, la figlia degli amici Mino e Cristina Novelli.
IERI MATTINA la morte è arrivata e ha ghermito lui, senza esitare. Lasciando nel dolore e nello sgomento la moglie, Laura Foglio. Da alcuni giorni Venturini era ricoverato all'Hospice della Domus salutis. La salma è composta nell'obitorio della casa di cura di Mompiano, diventata subito meta di un pellegrinaggio continuo. Il riserbo della famiglia è stato travolto dal desiderio di amici, conoscenti, colleghi di partito e avversari politici di dare a Mario l'ultimo addio. Di tributare l'estremo omaggio che merita un uomo probo, un amministratore galantuomo, un intellettuale vigile e curioso, rigoroso e molto amato. I funerali sono previsti domani, alle 9, in forma privata
MARIO VENTURINI era nato a Pirano, in Istria, il 15 agosto del 1946. A ferragosto avrebbe compiuto 63 anni. Dopo la fine della guerra e l'assegnazione dell'Istria alla Jugoslavia titina la sua famiglia era riparata in Italia: profughi giuliano-dalmati.
Venturini studia a Brescia, si laurea in ingegneria aeronautica al Politecnico di Milano. Si forma una prima famiglia da cui nasce il figlio Nicola. Arriva l'insegnamento: disegno tecnico delle macchine a fluido è la sua materia al Moretto. È anche preside per cinque anni all'Ipsia di Rovato prima di tornare al Moretto. È apprezzato consulente di aziende private, specie a Lumezzane. La sua scelta di campo politica è netta: tessera Pci e poi un ruolo di primo piano nell'ufficio studi e formazione della Fiom in cui lo chiama Giorgio Cremaschi.
Tecnico atipico, lettore onnivoro e acuto di libri, intelligenza vigile e versatile, Venturini è un intellettuale a tutto tondo. «Gramsciano» dicono gli amici. Incrocia le vicende delle riviste di cultura dell'epoca, dall'Altra Brescia in poi.
Negli anni Novanta arriva l'impegno diretto in politica. Nel 1991 manca di poco l'elezione in Consiglio nelle fila del Pds, la ottiene nel 1994.
Martinazzoli è sindaco, Corsini assessore all'Urbanistica, Venturini collabora con lui a stendere bibliografia e citazioni del suo «Libro verde». Quando Corsini è eletto a Montecitorio, assessore diventa Marino Cadeddu e Venturini diviene capogruppo Pds. Nel 1998 la svolta: Corsini da sindaco lo vuole assessore. Dopo pochi mesi il Tar boccia il Piano regolatore firmato da Bernardo Secchi. Tutto da rifare. Con una squadra giovane e affiatata (Roberto Moreni, Mario Manzoni, Giampiero Ribolla, Camilla Rossi, Tommaso Mettifogo) Venturini scrive il nuovo Prg: la linea culturale di Secchi non è rinnegata, la sfida della qualità urbana è sempre alta, le urgenze sempre più drammatiche. Interi pezzi di città vanno ripensati, la Brescia industriale si converte al terziario, a nuove socialità. C'è la scommessa su una nuova centralità del capoluogo, irrompe il tema-metrò.
Il bubbone-Carmine viene affrontato con un Piano che rispecchia il suo approccio pragmatico e problematico. La domanda di case economiche trova nuove risposte a Sanpolino. Dopo la fine dell'esperienza di giunta, pur con i problemi di salute che incalzano, Venturini non si ritira. Interviene ancora nei dibattiti urbanistici. Con lucidità e passione.
«Per lui – ricorda Paolo Corsini, suo amico fin dai tempi dell'Arnaldo e dell'Università – l'urbanistica era una sorta di disciplina antropologica. Ho sempre ammirato la sua conoscenza della città e la sua disposizione ad ascoltare i cittadini nelle mille assemblee che abbiamo fatto. Amava la città, non gli interessava l'architettura come gioco formale ma come scienza di vita. Per lui l'urbanistica era una forma di amore per la città». Dell'amico, Corsini ricorda «l'onesta intelellettuale limpida e cristallina. Brescia diventa più povera senza la sua umanità, la sua onestà, la sua generosità».
ROBERTO MORENI, con lui «padre» del Prg di Brescia, non nasconde la commozione: «Ci siamo voluti bene. Molto. Nel suo lavoro intendeva seguire e sviluppare una linea inaugurata da Bazoli 25 anni prima, secondo una cultura che era fatta anche di comportamenti. La sua urbanistica non era solo di vincoli, che pure servono, ma era un'idea di futuro e di città». Venturini, ricorda Moreni, aveva doti non comuni: «Era una persona di straordinaria intelligenza. Onesto e umile. Sapeva ascoltare gli altri e mettersi in discussione».
Laura Castelletti lo definisce «unico, speciale, intelligente, sensibile, rigoroso, colto, affettuoso, timido, combattivo, sempre disponibile per un consiglio, mai aggressivo, consigliere di letture profonde».
Claudio Buizza, a lui legato da tante affinità culturali e politiche, definisce Venturini «l'ultimo intellettuale gramsciano in circolazione. Ha saputo farsi amare, tutti hanno riconosciuto le sue grandi doti e capacità come assessore. Ha amato moltissimo la città e ha svolto il suo lavoro di amministratore con una passione che non ha avuto eguali». Giorgio De Martin, segretario cittadino Pd: «Una persona buona e giusta. un amministratore che ha guardato solo all'interesse della città, mai al proprio tornaconto». Cordoglio è stato espressa ieri anche da Rifondazione, attraverso il commissario Ugo Boghetta, e da Brescia Mobilità. Venturini è uno dei «padri» della metropolitana e la società ricorda che «l'attività di Mario Venturini è sempre stata volta, con scrupolo, intelligenza e generosità, al servizio della città».
Giuliano Campana, presidente del Collegio costruttori: «Era un galantuomo, e per me questo vuol dire tutto. Una persona retta, ligia, preparata». Cesare Galli, a lungo capogruppo della Lega: «Venturini – dice – era un galantuomo, e questa è una dote sempre più rara in politica. Era una persona con cui si poteva ragionare, perchè cercava la verità. Abbiamo battagliato ma ci univa il profondo rispetto della politica come modo per servire gli interessi reali delle persone».
Anche per questo Venturini lascia un vuoto grande. In chi ha avuto la fortuna di conoscerlo. In tutta la città.
Massimo Tedeschi