«Colui che si deterge», recita la traduzione letterale dal greco antico. «Colui che rende orgogliosa la Croazia», sarebbe oggi una parafrasi più azzeccata. Una parafrasi per descrivere “l’Atleta di Lussino” o “Apoxyomenos croato”, che dir si voglia. Statua del I-II secolo prima di Cristo, ritrovata 16 anni fa davanti alle acque dell’isola di Lussino, che sta gettando nuova e preziosa luce sul patrimonio artistico di Zagabria grazie alla sua esposizione al Louvre di Parigi. Louvre che dedica una sala intera al gioiello artistico arrivato da Lussino, nell’ambito di un più ampio festival della Croazia in Francia, “Croatie, la voici”.
Ed ecco qui anche l’Apossiomene, la cui storia è raccontata nei dettagli dal sito ufficiale del più visitato museo al mondo. Si tratta di «una replica ellenistica o romana di un originale in bronzo della seconda metà-fine del IV secolo a.C.». «Nel 1996, un subacqueo dilettante», il turista belga René Wouters, scendeva per un’esplorazione nelle acque profonde davanti a Lussino, nei pressi dell’isoletta di Vele Orijule/Oriole Grande. «A 45 metri di profondità», Wouters scoprì la statua, adagiata su un letto di sabbia, tra le rocce.
Il rinvenimento, illustra il museo parigino, ci dà la «possibilità di ammirare oggi uno dei rari bronzi antichi ancora esistenti».
E il bronzo, sopravvissuto, «ci fornisce una rara e preziosa vista» d’insieme su quest’arte poco conosciuta, che in questo caso coglie il momento in cui l’atleta «rimuove dal corpo gli olii e la sabbia» alzatasi dal pavimento della palestra. Un’opera, alta quasi due metri, riportata alla luce nel 1999 dopo essere finita in mare durante il trasporto, due millenni prima, forse durante una tempesta. Passarono tre anni prima che «gli archeologi croati» fossero in grado di recuperarla dalle profondità e iniziassero a restaurarla, ricorda il sito ufficiale del Louvre. Dopo quasi sette anni di lavori, l’opera bronzea – «straordinaria» la definisce Le Figaro – è finalmente stata restituita alla sua bellezza originaria, dopo un restauro paziente e complicato.
Ma qual è la reazione al cospetto dell’Atleta di Lussino dei visitatori francesi e dei turisti stranieri? «È difficile dirlo, perché l’Apoxyomenos è incluso nella collezione permanente» del museo, «non si tratta di una mostra separata e dunque non possiamo conoscere il numero esatto dei visitatori», spiega al telefono da Zagabria Iskra Karnis Vidovic, restauratrice, storica dell’arte e organizzatrice dell’allestimento assieme a Jean-Luc Martinez e Sophie Descamps-Lequime per il Louvre. Nondimeno, «sappiamo che il Louvre accoglie nove milioni di visitatori all’anno, la statua sarà ospitata al museo per tre mesi». E i conti, sull’enorme platea che potrà ammirare l’Atleta, sono presto fatti.
Ma già raggiungere il Louvre è un risultato importante, un successo per l’Istituto per cui lavora Karnis Vidovic e per Zagabria. Un successo non solo per la riuscita dell’opera di ripristino, ma anche per le conoscenze acquisite in corso d’opera. Il restauro «è durato sei anni, abbiamo ricevuto anche un grande sostegno da parte dell’Italia», in particolare «dall’Opificio delle Pietre Dure» di Firenze, sottolinea la storica dell’arte. «Possiamo dire di avere imparato molto e attraverso questo progetto abbiamo sviluppato una rete di contatti con esperti e istituzioni», spiega. «Siamo orgogliosi di questo restauro», assicura. E orgogliosi anche perché lo sbarco al Louvre è dipeso da un «invito da parte del Louvre.
L’intenzione della Croazia – chiarisce Karnis Vidovic – non era quella di esibire la statua in giro per il mondo, ma di invitare esperti e turisti a visitarla nel nostro Paese. I francesi hanno richiesto la statua», segno dell’importanza e del valore artistico dell’opera.
E, dopo la fine della mostra al Louvre nel febbraio 2013, quale sarà il futuro dell’Apoxyomenos? «La statua tornerà in Croazia», assicura Karnis Vidovic, «e sarà esposta a Lussino, in un piccolo museo a un passo dal mare», Palazzo Quarnero a Lussinpiccolo. «E sarà un “one man show”, un museo dedicato solo alla statua», conclude.
Ma mentre il bronzo inorgoglisce la Croazia e suscita vivissimo interesse in Francia, sul versante cisalpino c’è spazio anche per qualche polemica. «Anche lo splendido Atleta si è visto attribuire la cittadinanza croata, benché sia copia romana del I secolo a.C. da originale greco forse del IV secolo. Per analogia, Diocleziano a breve avrà la carta d’identità croata, essendo nato a Salona, in Dalmazia», si legge sul sito web dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, a commento di un recente articolo de “La Voce del Popolo” che annunciava lo sbarco al Louvre dell’opera d’arte.
«La definizione non è in se stessa illegittima, perché l’Atleta è stato trovato in Croazia, è proprietà del governo croato, e quindi, usando l’aggettivo in senso moderno, può ben essere definito croato. Certo, forse non è la migliore possibile, proprio perché si presta a interpretazioni equivoche specie se ci sono in gioco dolorose contrapposizioni nazionali», spiega il professor Ludovico Rebaudo, autorevole docente di storia dell’arte classica all’università di Udine. «Se vogliamo essere pignoli, il bronzo è greco come ambito culturale, romano per cronologia e croato per appartenenza odierna». Dice ancora l’esperto: «Quando l’Atleta è stato esposto a Palazzo Medici a Firenze gli organizzatori avevano usato l’espressione Atleta di Croazia. Sembra la stessa cosa, ma non lo è. È un’espressione molto più neutra, perché è normale citare le opere d’arte in base al luogo di conservazione (l’Atleta di Vienna, il Kouros di New York) e perché la definizione richiama precedenti famosi. Uno per tutti, visto che la mostra è a Parigi: il Gran Cammeo di Francia, che certo francese non è, ma si chiama così da secoli».
«Meglio», conclude Rebaudo, «non caricare la scelta di un aggettivo di significati eccessivi. Non dimentichiamo che la mostra è stata organizzata» nell’ambito di “Croatie, la voici”, «e gli organizzatori hanno, come dire, tirato l’acqua al loro mulino, insistendo sull’oggi. Sul fatto che l’Atleta tornerà in Croazia «e lì i turisti, se vorranno, potranno andare a vederlo».
Stefano Giantin
“Il Piccolo” 7 dicembre 2012