Tiziano Scarpa, autore che bazzica i territori del modernismo con la disinvoltura e l’intelligenza di un performer – quale effettivamente è – che non si risparmia. L’autore di romanzi avant-pop come «Occhi sulla graticola» e «Kamikaze d’occidente», di un poema tragicomico quale «Groppi d’amore della scuraglia» e il fondatore di riviste on-line come nazioneindiana.com e ilprimoamore.com nonché di una guida turistica controcorrente sulla sua città intitolata «Venezia è un pesce», nel 2006 è stato ospite per un mese del Comune di Zara nell’ambito del Festival del racconto europeo. Per un mese Scarpa ha vagato in bicicletta per la nobile, tormentata, affascinante ex capitale della Dalmazia e ha puntato il suo sguardo e la sua penna di poeta su quanto di più prossimo ci fosse a intorno un’idea di «bellezza». E lo ha fatto, com’è nella sua poetica, muovendosi sempre sul sottile crinale di una parola concepita nella sua pienezza, pensiero e fisicità, scrittura e oralità. Il risultato è il «Discorso di una guida turistica di fronte al tramonto» (Amos Edizioni, pagg. 107, 13,00 euro, tirata in mille copie numerate), con testo croato a fronte nella traduzione di Snježana Husic, racconto in versi in cui una guida immaginaria porta turisti immaginari alla scoperta dei monumenti più celebri, ma anche degli angoli meno frequentati. Senza rinunciare a rappresentare sprazzi della vita quotidiana a Zara, gli abitanti, il dialetto che si parla, suggestioni immediate.
E si comincia proprio con la guida che illustra ai turisti uno spettacolare tramonto a Punta Bajlo, di fronte all’isola di Ugljan.
«Nessun poeta, oggi – risponde Scarpa -, ha più il coraggio di infilare un tramonto nei suoi versi. Oggi la ”bellezza” è diventata merce, in arte la bellezza ha avuto lo stesso destino del nuovo: tutti ne stanno alla larga. Per me invece la bellezza è un dissidio interiore, e la sfida era quella di poter tornare a mettere un tramonto in una poesia, accettando i rischi del kitsch».
E come c’è riuscito?
«Grazie ad Alfred Hitchcock, che passando per Zara disse che lì si vedeva il tramonto più bello del mondo. È una cosa di cui i zaratini vanno molto fieri, e Con un testimonial come lui i tramonti di Zara sono sdoganati per sempre».
Però tra i luoghi «turistici» c’è anche l’impianto di riciclaggio di Gaženicka cesta, con i suoi mucchi di immondizie.
«E ci sono anche i casermoni moderni. Cercare la bellezza non significa fare a meno di seguire un modernismo estetico come, per esempio, quello di Bernd e Hilla Becker, che vanno in giro a fotografare e catalogare vecchi edifici industriali».
I versi delle poesie sono molto prosastici, colloquiali, eppure la struttura metrica delle poesie è quella classica in endecasillabi e settenari.
«Le poesie non mi sono state commissionate, sono un’idea che mi è venuta lì. Le scrivevo giorno per giorno, in una specie di diario, immaginando di fare io da guida a un gruppo di turisti. Poi Snježana le ha tradotte e sono state lette alla fine del soggiorno, durante l’incontro di saluto in biblioteca. Ma quei versi non sono improvvisati, non sono buttati lì, e ho scelto questa struttura metrica perché si capisse il lavoro che c’è dietro».
Qualcosa è rimasto fuori?
«L’ultima poesia: era dedicata alla luna di Zara. Volevo iniziare con il tramonto e finire con la luna, ma non ce l’ho fatta. Dopo Lepoardi e Zanzotto mettere la luna in una poesia è ancora troppo. Ci ho provato, ma ho fallito».