L’allarme è stato lanciato dai media croati, rivista economica “Banka” in testa. Con ritardo, perché i segnali di pericolo erano già manifesti nelle cifre del Dzs, l’Istat croato, alla fine dell’anno scorso. Ma forse gli ultimi dati sul Pil: -1% nel 2012, -5% la produzione industriale, -2% i consumi interni, circa 20% il tasso di disoccupazione, devono aver risvegliato l’attenzione sui problemi sociali nella stampa di Zagabria. Che titola: «Un terzo dei croati è povero». L’affermazione è suffragata dai numeri. Secondo l’analisi “Indicatori della povertà”, aggiornati al 2010 e pubblicati dal Dzs a novembre, «la percentuale di persone a rischio povertà» (meno di 280 euro al mese di reddito) era del 20,6% un anno e mezzo fa: in particolare over-65, disoccupati e famiglie monoreddito. Negli ultimi tre anni, all’apice della crisi, «la Croazia è salita al quinto posto nell’Ue per l’indice di povertà, dietro Lettonia (21,3%), Romania (21%), Spagna (20,7%) e Bulgaria (20,7%), percentuali molto alte rispetto alla media Ue, che è del 16,4%», scrive Banka. Ma un dato sottolineato dal Dzs è ancora più preoccupante. Il 32,2% dei croati non può più permettersi, «a causa delle scarse risorse finanziarie, almeno tre dei nove elementi» utilizzati dall’Europa per calcolare «il tasso di deprivazione materiale». E cioè comprare carne, pesce, pollo, riscaldare la casa, cambiare mobili ormai inutilizzabili, acquistare nuovi vestiti, concedersi un solo giorno di vacanza, invitare amici a cena o offrire a un amico un caffè o una bevanda al bar. «Ora abbiamo i dati Eu-Silc (statistiche sul reddito e le condizioni di vita) e possiamo fare un confronto all’interno dell’Ue. La disuguaglianza e la povertà relativa in Croazia si sono accentuate rispetto alle attese. Il declino economico ha dato origine ai nuovi poveri che hanno perso il lavoro e che perdipiù, dopo un periodo definito, non possono accedere ai sussidi di disoccupazione. Le maggiori perdite di occupazione si sono registrate in parti del Paese che in passato avevano avuto buone performance», illustra Paul Stubbs, senior researcher al prestigioso Istituto di Economia di Zagabria. La speranza è che l’ingresso nell’Ue migliori le condizioni economiche e sociali. «Non ne sono sicuro, forse non nel breve periodo perché già i benefici delle riforme sono apparenti. Ma un aumento degli investimenti diretti esteri, stimolato dall’entrata nell’Ue, potrebbe essere ipotizzabile», aggiunge Stubbs. La scelta più saggia per Zagabria sarebbe «bensì sviluppare un obiettivo realistico di riduzione della povertà, perché la crescita economica da sola, anche se può concorrere, non risolverà il problema. La Croazia oggi ha una povertà più forte delle previsioni e non investe molto per la spesa sociale». Fattori che devono cambiare al più presto per evitare ulteriori sofferenze a vecchi e nuovi poveri.
(fonte “Il Piccolo” 6 aprile 2012)