SCHERBINA «Vorrei invitare tutti, sloveni, britannici e americani, qui riuniti oggi nello stesso spirito mostrato nel luglio scorso a Trieste (con l’incontro dei presidenti italiano, sloveno e croato, ndr) a rendere omaggio al coraggio dei soldati delle nostre nazioni». Così l’ambasciatore inglese a Lubiana Andrew Page ha concluso il suo discorso commemorativo alla tredicesima celebrazione dei padalci, i paracadutisti italo-sloveni, a Scherbina/Škrbina. Alla cerimonia hanno preso parte anche l’addetto militare dell’ambasciata Usa in Slovenia, il maggiore Ryan Brock, autorità locali e reduci. Oltre, naturalmente, ai primi promotori di un’azione che ha permesso di tirare fuori dai cassetti della storia la ”scomoda” vicenda delle squadre speciali inviate a combattere a fianco del IX Korpus.
A tenere vivo il loro ricordo dopo la guerra e negli anni della federazione jugoslava furono i pochi sopravvissuti, Ivo Božicv, emigrato in Canada, Stanko Simcvicv, Cvetko Šuligoj e Ciril Kobal, dell’Isdl (e già membro dell’organizzazione terroristica Tigr). Solo dopo l’indipendenza della Slovenia, nel 1994, fu posta una targa a Paljevo, sulle colline sopra la valle dell’Isonzo, e quindi a Scherbina, grazie a sottoscrizioni private. Poi John Earle, con il suo libro ”Il prezzo del patriottismo”, e il giornalista della Rai di Trieste e ricercatore Ivo Jevnikar, hanno collaborato a mantenere viva la tradizione di commemorare ogni anni i padalci italo-sloveni. La targa di Scherbina elenca 18 nomi: quattro caduti in battaglia, due uccisi dai cetnici e dodici di cui ”si è persa ogni traccia”.