È una storia complessa. L’alpino Annibale Tondolo, nato a Buja, provincia di Udine, il 16 ottobre 1911, pare che non dia più sue notizie dopo l’8 settembre 1943, mentre è a Spalato, in Dalmazia. La situazione militare è assai articolata. Certi militari italiani, stanchi del conflitto, abbandonano fucili e pistole. Altri li rendono inservibili. I partigiani jugoslavi pretendono da loro armi, munizioni e viveri per continuare la guerra contro i tedeschi. I titini iniziano, inoltre, a effettuare le prime fucilazioni di militari italiani, senza processo, considerandoli criminali di guerra, con un manifesto affisso sui muri della città dalmata. Poi arrivano i tedeschi, arrestando gli italiani. Chi non combatterà per il Terzo Reich viene deportato nei campi di concentramento in Germania. Alcune decine di ufficiali italiani, tuttavia con processo lampo, vengono fucilati dai nazisti a Signo, nell’entroterra dalmata, o presso una cava di ghiaia, a Treglia. Oggi le loro salme sono accolte a Venezia nel tempio votivo dedicato ai caduti delle due guerre mondiali.
“Per fortuna ha ottenuto il trasferimento da Fiume a Udine – ha aggiunto Raneri – nella caserma di via Grazzano, era maggio, o giugno del 1943 e come domicilio papà trovò casa a Varmo, vicino a Udine”. Quanti eravate a venir via da Fiume?
“Io ero un bimbo in fasce – ha concluso Pietro Raneri – posso raccontare quello che dicevano i miei genitori, veniamo via in quattro, i genitori e due figli, altrimenti chissà come sarebbe andata”.
In tale confusa situazione certi militari italiani riescono a sottrarsi alla cattura e a entrare nella Resistenza, a fianco dei titini. Altri ufficiali e militari della Divisione Bergamo, di stanza a Spalato, danno vita, nell’ottobre 1943, al battaglione Matteotti, composto da italiani e inquadrato nella III brigata proletaria, sotto il comando jugoslavo. Anche questo battaglione si ingrandisce raccogliendo sbandati provenienti da unità italiane diverse. Oltre 20 mila militi italiani passano con i partigiani nei Balcani (Vincenti 1980 : 20). La guerra continua fino al 1945.
Nonno Annibale quindi soggiorna in veste di straniero al lager di Gersthofen, città della Baviera nel circondario di Augusta (Augsburg), dal 30 aprile 1938 al giorno 8 settembre 1938, secondo gli Archivi di Arolsen (Germania), che è un Centro internazionale di documentazione sulla persecuzione nazista, con vari documenti da poco tempo disponibili nel web. Il documento in questione è datato a Gersthofen il 17 agosto 1946, sotto l’occupazione degli Alleati. Ogni Campo di concentramento era dotato di diversi sotto-campi nell’organizzazione nazista. Nei sotto-campi di Augusta, ad esempio come in quello di Pfersee, i prigionieri erano al lavoro coatto per la Messerschmitt (fabbrica di aerei da guerra) in base al “Concentration Camps: Full Listing of Camps” (Campi di concentramento: elenco completo dei campi) diffuso nel web dalla Biblioteca virtuale ebraica.
Qui cominciano i misteri della famiglia, perché non è mai stato riferito nulla sugli Stammlager. I nonni, è stato detto, lavoravano in Germania, ma non come prigionieri nei Campi di concentramento. Lo stupore di Gabriella Fabbro, esaminata la Collezione delle famiglie Fabbro-Tondolo, è forte: “Mia zia Germana è nata a Ludwigsburg [vicino a Stoccarda, NdR] nell’ottobre 1939 – ha detto – mia madre Luciana il 13 dicembre 1940 e mio zio Roberto a Buja nell’aprile 1944”. Poi si scopre che: “Alloggiavano nel campo stesso: Stalag V-A Ludwigsburg – ha aggiunto la testimone – la via è Kammererstrasse 9, la Strada delle camerate. Attualmente a quell’indirizzo ci sono delle industrie. In sintesi mia madre e mia zia sono nate nello Stalag. È probabilmente per questo motivo che abbiamo fotografie di loro due entro l’anno, probabilmente fatte a Buja, le bambine erano sicuramente state portate qui in fasce, e inviate poi al campo. Mia mamma chiamava ‘mame’ la nonna che le ha cresciute a Buja e ‘mamute’, la mamma piccola, la madre biologica che non hanno conosciuto nei primi anni di vita. Il puzzle si sta ricostruendo”.
Come si è accennato l’alpino Annibale Tondolo “con fluente conoscenza della lingua tedesca, nonché provetto sciatore” è disperso in Dalmazia, o a Fiume e in Istria, nel tentativo di rientro a casa assieme a taluni commilitoni sbandati. Allora, come emerge dalla Collezione di documenti Fabbro-Tondolo, nel 1959, viene stilata e firmata da Norina Barnaba in Tondolo la dichiarazione di morte presunta di Annibale Tondolo, indirizzata al Tribunale di Tolmezzo (UD), per avere accesso alla pensione di guerra. Una fonte scritta, del 1980, riporta così: “Tondolo Annibale da Buja (S)”; è citato a pag. 134 nella nota 30 del libro di Federico Vincenti. La “S” sta per soldato, poi ci sono quelli con la “P” di partigiano. Secondo tale fonte Nonno Annibale è dunque tra i caduti nel “tormento dell’8 settembre 1943 (…) o nella conseguente deportazione in Germania”.
C’è da dire che gli agenti della propaganda jugoslava, nel dopoguerra, per avvalorare la teoria del paradiso socialista di Tito, diffondono notizie false e tendenziose riguardo al soldato italiano lasciatosi affascinare da qualche bella jugoslava e accasatosi colà. I disperati familiari dell’italiano, senza notizie, invece chiedevano se fosse stato eliminato in una foiba o in uno dei gulag jugoslavi, come ha riferito Gianluigi Covatta. Si sa che ancora nel 1962 c’erano ben 36 italiani reclusi nel carcere di Sremska Mitrovica (Ballarini e Sobolevski 2002 : 88). In tali carceri c’è un po’ di tutto: cominformisti e stalinisti del 1948, forse fascisti del 1945, forse solo italiani e basta. Fin qui le parole di Ballarini e Sobolevski.
Come mai certi militari italiani sono tenuti in cattività nei gulag dalle guardie jugoslave fino oltre gli anni ’60 del Novecento? Ce lo scrive Gianni Barral, che provò, a vivere nelle baracche del Campo di concentramento titino controllato dal Comitato popolare più terribile dell’OZNA, il servizio segreto jugoslavo, che non era certo tenero. Gli aguzzini di guardia portavano tale argomento: “Pensa a cosa avrebbero fatto a noi, se avessero vinto la guerra” (Barral 2007 : 175).
Fonti orali – Le interviste sono state condotte a Udine da Elio Varutti con penna, taccuino e macchina fotografica.
– Gianluigi Covatta, Fiume 1943, int. del 17, 25 febbraio e 1° aprile 2022, in presenza della moglie Luisa Petricig
– Gabriella Fabbro, Buja 1985, int. del 9 marzo 2023 e messaggi in Messenger dal 7 febbraio 2021 al 12 marzo 2023.
– Pietro Raneri, Fiume 1943, int. del 9 gennaio 2023.
Collezione privata: Gabriella Fabbro, fotografie, dichiarazione di morte presunta e appunti.
Cenni bibliografici e archivistici
– Arolsen Archives, Archiv zu den Opfern und Überlebenden des Nationalsozialismus, Bad Arolsen, Deutschland, personen Tondolo Annibale, geburtsdatum 16.10.1911.
– Amleto Ballarini e Mihael Sobolevski (a cura di), Le vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni (1939-1947) / Zrtve talijanske nacionalnosti u rijeci i okolici (1939.-1947.), Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, Roma, 2002.
– Gianni Barral, Borovnica ’45 al confine orientale d’Italia. Memorie di un ufficiale italiano, Milano, Paoline, 2.a edizione, 2007.
– Concentration Camps: Full Listing of Camps (Campi di concentramento: elenco completo dei campi) diffuso nel web dalla Biblioteca virtuale ebraica.
– Stalag V-A of Ludwigsburg, Germany, 2023.
– Terre di Toscana – Valdarno Superiore, Progetto Laran, KL Koncentration Lager 1943-1945. Albo d’Onore dei soldati del Valdarno Superiore deportati nei campi di prigionia e di concentramento nazisti, a cura di Antonio Losi, [S. l., s. n., ma: Comune di Montevarchi (AR)], 2020.
– E. Varutti, “A piedi in Terrasanta e ritorno”, «Il Friuli», n. 44, 21 novembre 2003.
– E. Varutti, La patria perduta. Vita quotidiana e testimonianze sul Centro raccolta profughi Giuliano Dalmati di Laterina 1946-1963, Aska edizioni, Firenze, 2021. Dal 2022 disponibile anche in e-book.
– E. Varutti, Tenente Raffaele Covatta nel gulag titino di Vršac, in Vojvodina, 1945-’47. La lista dei reclusi, on line dal 12 aprile 2022 su evarutti.wixsite.com
– Vincenti, Federico, Partigiani friulani e giuliani all’estero: appunti storici sui volontari e sui militari che fuori d’Italia combatterono per la libertà, [S. l., s. n., ma: Udine, ANPI], 1980.
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Ringraziamenti – La redazione del blog, per l’articolo presente, è riconoscente alla professoressa Gabriella Fabbro, di Buja, per aver cortesemente concesso, il 12 marzo 2023, la diffusione e pubblicazione dei materiali della ricerca. Grazie agli operatori e alle direzioni degli archivi consultati. Si ringraziano, infine, per la collaborazione riservata Bruno Bonetti, vicepresidente dell’ANVGD di Udine e Claudio Ausilio, esule di Fiume a Montevarchi (AR), delegato provinciale dell’ANVGD di Arezzo.
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Progetto e testi di Elio Varutti, Coordinatore del gruppo di lavoro storico-scientifico dell’ANVGD di Udine. Lettori: Gabriella Fabbro, Bruno Bonetti, Claudio Ausilio, il professore Enrico Modotti e Barbara Rossi (ANVGD di Udine). Aderiscono il Centro studi, ricerca e documentazione sull’esodo giuliano dalmata, Udine e la delegazione provinciale dell’ANVGD di Arezzo. Networking di Sebastiano Pio Zucchiatti e Elio Varutti. Fotografie dal web o delle collezioni citate. Ricerche a cura di Elio Varutti presso l’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine. – orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vicepresidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito web: https://anvgdud.it/
Fonte: Elio Varutti – 16/03/2023