Volendo-nolendo, un’ come mi, determinista, a volte diventa – cabalista.
Perché me vien in mente tutti ‘sti anni col Nove, col numero 9, per esser ciarissimo.
Capita el 2009, e tutti i disi che la sarà più dura che ‘l 1929 quando dai grattacieli de New York ghe svolava muci de “batman”, miliardari andadi in tilt (xe qualchedun che pol spiegar perché in buon italiano se disi TILT?).
E dopo, cioè, prima e dopo, ghe ne iera de far col’ nove. Diese anni prima del 1929, succedeva el 1919 quando da queste parti i primi squadristi esercitava le primissime manganelade e la bibita del Nuovo Ordine Mondiale; oio de ricino. E diese anni dopo el 1929 arriba-arriba-arriba el 1939 quando i nazisti entra in Polonia, e la Seconda guera mondiale comincia.
Per non mancar l’occasion, xe l’anno importante anche per mi personalmente, siccome son nato, come suddito del Regno d’Italia ed Impero d’Abissinia (o d’Etiopia, no me ricordo?) – Emilio Luciano Racozzi. E guarda caso, proprio qua rientro nella storia, per forza del Re&Imperatore + el Duce iero italiano. Ma rientro no per quel, ma legendo su La Voce una polemica bizzarra che ne riporta nei anni del “secondo impero romano”.
Stimatissimo da parte mia, Sergio Romano parla degli irredentismi che cambiano i toponimi a vicenda – l’Italia a Bolzano (solo là?), e la Jugoslavia “in Istria e Dalmazia”, dimenticando che, da queste parti, i toponimi ed omonimi, lingue e culture sia italiani sia croati coesistono da secoli, da molto prima degli irredentismi che “purificavano” tutto, anche il sangue.
E tutto questo soltanto per giustificare l’ingiustificabile ignoranza, il pressapochismo dei suoi giornalisti che in tutta Italia scrivono RIJEKA invece di FIUME nel dare notizia del campionato europeo di nuoto in vasca corta. Per poi scivolare nella colpa (!) quando sminuisce i nostri Italiani, di Fiume e di Pola, mentre afferma che non è per loro che bisogna scrivere Fiume e Pola, bensì che i nomi italiani delle città vanno indicati (almeno tra parentesi) per i Fiumani e i Polesani esodati. I primi – spiega –, rappresentano “una piccola percentuale della popolazione” – O TEMPORA! O MORES!
E loro, i nostri Italiani, lottano da decenni per il loro mantenimento e per il bilinguismo, per il mantenimento della cultura italiana sul versante orientale dell’Adriatico, ma sembra che siano “quantité négligeable” proprio come lo eravamo anche noi – Slavi e Latini –, per le Grandi potenze quando dovevano decidere dei confini che ci avrebbero separato.
Per questo motivo non mi soffermerei sulla crisi economica che in questo 2009 si presenta minacciosa proprio come nel 1929, né sullo “squadrismo da show-biz” croato che avanza verso l’Istria come fece nel 1919 quello con i manganelli (è interessante notare che oggi come allora si combattono gli “slavi comunisti”, il che da queste parti viene interpretato come una lotta tra fascismo e antifascismo), né di come nel 1999 si sono concluse, forse, le Guerre balcaniche né di come nel 1939 iniziò la Seconda guerra mondiale.
Parlando di ANNO BABAU mi soffermerei piuttosto su un fenomeno su un’assoluta novità. Mi soffermerei sull’IRREDENTISMO INTERSLAVO, un fenomeno del tutto nuovo, ma già ben definito e realizzato, che in Istria e dintorni viene presentato a tutti – Croati, Sloveni e Italiani.
Quelle situazioni “grottesche” viste sul Dragogna, scene che non potevano venire in mente nemmeno a un Goldoni o a un Hašek, non accennano a placarsi dato che Quella Persona ha ottenuto un suo confine privato TRE L’UE E LA BARBARIE, confermando così la regola aurea dell’irredentismo, quella secondo la quale LADDOVE VIVE ANCHE UN SOLO NOSTRO CONNAZIONALE è territorio nostro.
Ma questa burlesca che ci fa sorridere fa presto a trasformasi in un ossicino che si è conficcato in gola e rischia di farci soffocare, perché sono le situazioni come questa che danno vita a un nuovo astio tra SLOVENI E CROATI per poi degenerare in una cecità assoluta che impedisce di ragionare.
Da Istriano desidero dirvi che il “come” e il “quando” sono assolutamente indifferenti quando si parla del contenzioso confinario nel Golfo di Pirano, è altrettanto indifferente iil momento in cui la Croazia aderirà all’UE, perché il nazionalismo campanilista da operetta cro-slo è riuscito già a rovinare i rapporti tra due Popoli amici CHE ORA NON SONO PIÙ LEGATI DA UN SENTIMENTO DI AMICIZIA, E CHISSÀ SE MAI PIÙ LO SARANNO!
Nell’UE o fuori dall’UE, nella NATO o fuori dalla NATO, le nomenclature slovena e croata, stimolandosi a vicenda attraverso i media e i chiacchieroni nazionalisti hanno realizzato soltanto un punto comune – sono riuscite a cucire adosso ai due Paesi l’immagine di provincie europee senza speranza, un immagine che non sarà facile scrollarsi di dosso.
Ora la Croazia e la Slovenia hanno una sola via d’uscita: rimanere ferme sulle posizioni “nazionali” inconciliabili tra loro. La Croazia non deve acconsentire ad alcun compromesso sul confine e la Slovenia deve indire un referendum e impedire che la Croazia entri a far parte dell’UE! Perché, se sono credibili, queste nomenclaure statal-egoiste e cripto-irredentiste di Lubiana e di Zagabria devono trovare una soluzione nell’immediato – un accordo, un compromesso transitorio, l’arbitrato –, ma per dirla in parole povere: non sono capaci di farlo!
Milan Rakovac