L’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia esprime il proprio parere favorevole all’idea di collocare la statua del Vescovo Antonio Santin nell’area del Santuario Mariano di Monte Grisa, come peraltro sta richiedendo una petizione già sottoscritta da oltre un migliaio di triestini. Alla luce delle lungaggini che accompagnano la conclusione del progetto originario, il quale voleva elevare tale monumento alla sommità del Molo IV del Porto Vecchio di Trieste, e considerato che l’opera è già pronta, l’ANVGD auspica che la nuova proposta si realizzi in tempi rapidi.
D’altro canto l’imponente Santuario nazionale a Maria Madre e Regina sorse proprio in seguito al voto che il Vescovo di Trieste e Capodistria Santin espresse nella tragica primavera del 1945, nel momento in cui le truppe tedesche in ritirata minacciavano di fare esplodere il porto e le principali vie di comunicazione del capoluogo giuliano. Vent’anni dopo, al momento dell’inaugurazione, questo luogo di culto, intimamente collegato alla Madonna di Fatima, divenne anche un punto di riferimento per la comunità italiana rimasta in Istria sotto la dominazione del regime di Tito, in quanto chiaramente visibile dalle coste istriane settentrionali.
Tale Chiesa al suo interno presenta legami ancor più profondi con la vicina penisola, sui quali si sofferma il Presidente nazionale ANVGD, cav. Renzo Codarin: «Il Santuario di Monte Grisa contiene altari dedicati ai santi patroni delle terre dell’Adriatico orientale, su cui da cinquant’anni il popolo dell’esodo si è spesso raccolto in preghiera e raccoglimento. Il Vescovo Santin – spiega Codarin – si distinse non solo nella salvaguardia di Trieste italiana nella fase finale della Seconda Guerra Mondiale, ma in seguito ebbe a cuore la sorte delle migliaia di esuli istriani, fiumani e dalmati che transitarono per Trieste o vi rimasero a lungo nei campi profughi.»
In effetti nelle tre nicchie a destra del presbiterio sono collocati altrettanti altari, dedicati a San Giorgio patrono di Pirano, alla Madonna del Carmine e ai Santi Mauro e Donato patroni di Isola d’Istria, alla Patrona d’Italia Santa Caterina da Siena. Nei bracci trasversali della pianta a croce si contrappongono, tre a tre, quelli dedicati a Gesù Risorto e i Santi Patroni delle Chiese Istriane, ai Santi Vito e Modesto patroni di Fiume, ai Santi Girolamo e Simeone patroni di Zara e della Dalmazia, ai Santi Cirillo e Metodio apostoli dei popoli slavi, al Patrono d’Italia San Francesco d’Assisi e a Sant’ Antonio di Padova.
Collocare qui la statua di Santin (Rovigno 1895 – Trieste 1981), ritratto nella singolare posa sferzata dalla bora, assumerebbe un significato simbolico particolarmente importante, poiché dal piazzale del Santuario si dominano il Golfo di Trieste e l’Istria, i luoghi nei quali il presule si fece carico delle gravi responsabilità che lo hanno inserito da protagonista nella storia del confine orientale italiano. Si dimostrò, infatti, severo censore delle leggi razziali proclamate da Benito Mussolini proprio a Trieste nel 1938; in una città tradizionalmente laica assurse a defensor civitatis nel momento in cui il porto giuliano affrontava la drammatica transizione dalla spietata presenza militare tedesca all’occupazione dell’esercito jugoslavo che avrebbe scatenato i Quaranta giorni del maggio-giugno 1945 caratterizzati da deportazioni e uccisioni nelle Foibe; fu violentemente aggredito a Capodistria da militanti comunisti sloveni in occasione della festa di San Nazario del 1947.
Da queste considerazioni l’auspicio dell’ANVGD che la petizione promossa l’estate scorsa possa riscontrare l’opportuna attenzione da parte delle autorità competenti e la statua di Monsignor Santin abbia finalmente una sua adeguata collocazione.
Lorenzo Salimbeni