L’esperienza dei Cammini del Ricordo è sorta in una scuola di Udine, nel 2013, grazie all’attività didattica di alcuni docenti e studenti del Corso turistico dell’Istituto “B. Stringher” diffusa nel web (Varutti 2013). Mai come quest’anno il Cammino ha riscosso un grande successo nelle scuole, essendo stato richiesto all’ANVGD da otto classi, accompagnate dai rispettivi insegnanti del Liceo classico “J. Stellini” e da una scolaresca del Liceo “C. Percoto” di Udine.
L’evento per il pubblico, organizzato dall’ANVGD di Udine nell’ambito della “Setemane de Culture Furlane”, programmata dalla Società Filologica Friulana, si è svolto il 7 maggio 2022, nonostante il tempo nuvoloso.
La camminata con il pubblico, molto interessato ai fatti storici del territorio, è iniziata da piazza Libertà, la antica piazza Vittorio Emanuele II, dove giunsero il 1° maggio 1945 le camionette dei neozelandesi per liberare la città dai nazifascisti, preceduti dai partigiani. I tre leoni marciani di piazza Libertà erano “consolazione per gli esuli”, come diceva Silvio Cattalini, esule da Zara e presidente ANVGD di Udine dal 1972 al 2017, perché ricordavano i leoni d’Istria, Quarnero e Dalmazia. Poi si è ammirata la Loggia del Lionello, ideata su progetto di Bartolomeo Costa Sbardilini da Capodistria, detto delle Cisterne, proseguita dall’orafo Lionello. Si è vista, in piazza Belloni, la scultura Sestante (1999), opera in ferro di Michele Piva (Fiume 1931 – Udine 2013).
Il professor Elio Varutti, Coordinatore del gruppo di lavoro storico-scientifico dell’ANVGD di Udine, ha illustrato le tappe della Camminata, portando il saluto del professor Federico Vicario, presidente della Società Filologica Friulana. Ha parlato della Confraternita di S. Girolamo degli Schiavoni. Sorta a Udine agli inizi del 1300, con sede in Porta Ronchi. Trasferita nel 1480 nel convento di S. Francesco (ora Via Beato Odorico da Pordenone), fu ancora spostata con l’annesso l’ospedale in Contrada di Boros, attale via S. Francesco, nella casa d’angolo opposto a quello dell’Oratorio della Purità. Tale oratorio è risultato di una sistemazione settecentesca del preesistente teatro della famiglia Mantica; contiene splendidi affreschi di Giovanni Battista Tiepolo (1759) e del figlio Domenico (Buora 1986 : 229). La confraternita, composta da “forensi” in prevalenza slavi, aveva un piccolo ospizio. Gli statuti redatti tra il 1452 e il 1475, tra le varie, contengono una disposizione per la quale i confratelli erano obbligati anche se nell’Ospizio non ci fosse stato alcun degente, di recarsi presso i confratelli ammalati nella città e dintorni, per assisterli e confortarli secondo gli ordini del Cameraro (amministratore), pena una multa di “1 L(ibbra) di olio” per illuminazione. Il cameraro era “Maistro Iacomo de Loch”, ossia dall’attuale Škofja Loka, sopra Lubiana a 35 km di distanza. Verso la fine del Cinquecento la confraternita fu incorporata in quella di S. Maria della Misericordia.
Il vicino Duomo, opera trecentesca, ma edificato sui resti di un’antica chiesetta di S. Girolamo, contiene due capolavori dell’arte organaria. Opera del maestro Marco Tinto (1518) è l’organo in cornu epistolae, ossia quello a destra guardando l’altare maggiore, con portelle dipinte da Pellegrino da S. Daniele e Giovanni Antonio il Pordenone, oggi alla Galleria d’Arte dei Civici Musei (Buora 1986 : 225). Una notizia a pochi nota è che a risistemare i cinquecenteschi organi del Duomo di Udine sia stato un dalmata. L’organaro don Pietro Nachini, nel 1745, riceve l’incarico di rifare l’organo in cornu epistolae. Lo stesso Nachini fabbrica, nel 1751, il dirimpettaio organo, detto in cornu evangelii, a sinistra dell’altare maggiore. Secondo le ricerche di Lorenzo Nassimbeni, docente al Conservatorio di Udine, in questo caso si tratta di un Grand’Organo (Do-1 – Do5). Esso rappresenta l’unica tastiera superstite tra quelle di estese dimensioni dell’insigne organaro dalmata. Pietro Nachini, in odierna grafia croata Petar Nakić, è il più celebre costruttore di organi della scuola veneziana settecentesca. Noto pure come Nacchini e con varie grafie slave, nasce a Bulić, villaggio presso Bencovazzo / Benkovac, in Dalmazia, nel febbraio 1694. All’età di diciotto anni, entra nel convento dei frati minori osservanti di San Lorenzo a Sebenico. Poi si trasferisce a Venezia, dove prosegue gli studi teologici, matematici e d’architettura; divenuto prete secolare, apre una bottega di organari. Nel 1737 acquista una casa di villeggiatura a Corno di Rosazzo (UD), nota oggi col nome di villa Nachini Cabassi. Con la vecchiaia affida la conduzione della bottega veneziana all’allievo Francesco Dacci (1712-1784). Si stabilisce poi con la sorella a Corno di Rosazzo, facendo costruire, nel 1761, pure un oratorio privato. Nel 1763, poco tempo dopo la morte del patriarca Daniele Dolfin suo protettore, cede la villa di Corno di Rosazzo ai nobili cividalesi Pontotti con tutti i possedimenti terrieri. Abbandona il Friuli, ritirandosi a Conegliano, dove muore il 16 aprile 1769 (Nassimbeni 2019 : 3).
Il Trekking è proseguito verso la Chiesa della Beata Vergine del Carmine, perché qui furono celebrati centinaia di matrimoni di esuli del Centro Smistamento Profughi (Csp) di via Pradamano nel 1953-1956. Oltretutto qui si può ammirare il sarcofago di Filippo De Santi, del 1331, contenente le spoglie del Beato Odorico da Pordenone. Egli evangelizzò in Oriente, fino in Cina e fu beatificato nel 1755. Suoi miracoli sono attestati nel Trecento a Pirano, Parenzo e Isola d’Istria.
Poi si è andati al Parco Vittime delle Foibe, del 2010, via Bertaldia angolo via Manzini, soffermandoci al Cippo con targa ricordo. Nel 2019 ha ricevuto dal Comune di Udine la nuova intitolazione di Parco Martiri delle Foibe, non senza subire alcuni deprecabili atti di vandalismo, accaduti per la prima volta in città. Il traguardo del Trekking del Ricordo è stato il Csp di via Pradamano, 1945-1960. Di qui passarono in fuga dalle violenze titine oltre 100 mila esuli d’Istria, Fiume e Dalmazia, per essere sventagliati in oltre 140 campi profughi d’Italia (Rumici 2009). Qui c’è una Lapide del Comune di Udine del 2007.
“Go visto brande e mia cugina che dormiva in campo e a mangiar con noi in casa – ha raccontato nel 2004 Elvira Dudech, da Zara – jera fioi che i piangeva, i voleva la casa, le mame diceva: No gavemo più casa”.
Progettato nel 1934 dall’architetto Ermes Midena (1885-1972), il complesso era un Collegio Convitto della Opera Nazionale Balilla (ONB), poi divenne di proprietà alla GIL. Con pitture murali di Afro Basaldella nel 1936, fu caserma tedesca (1944-1945) e inglese (1945-1946). Come già detto di qui passarono più di centomila giuliani, istriani e dalmati, ma anche balcanici in fuga dal comunismo iugoslavo. Qui trovarono un primo alloggio e un po’ di solidarietà prima di proseguire verso altre mete, nazionali ed estere.
Davanti alla lapide del Csp in via Pradamano ha parlato anche Bruno Bonetti, vice presidente dell’ANVGD di Udine, con avi di Spalato, Brazza e Zara, dopo aver portato i saluti di Bruna Zuccolin, presidente del sodalizio. “Vorrei menzionare un altro esodo – ha detto Bonetti – che avvenne nel 1920 e nel 1931 in Dalmazia. Analogamente con quanto sarebbe successo per opera del fascismo al di qua del confine, dopo la presa del potere, i croati incominciarono ad accanirsi contro i dalmati italiani. Le vetrine dei loro negozi venivano fracassate e squadre di picchiatori aggredivano chi rivendicava i diritti della minoranza italiana”.
“Le persecuzioni si intensificarono nel 1928 – ha aggiunto Bonetti – quando le lotte interetniche sconvolsero il regno serbo croato sloveno e, dopo il colpo di Stato del 1929, quando re Alessandro avocò a sé tutti i poteri per sedare i dissidi e cambiò il nome dello Stato in Jugoslavia, portando avanti un programma di assimilazione forzata di tutte le differenze culturali dei popoli che lo componevano. Fu così che il cementificio Gilardi & Bettiza di Spalato, la più importante industria della città, fu ceduto il 25 marzo 1929 alla famiglia croata Ferić. Quanto ai Gilardi, lo stesso anno dovettero ritirarsi a Zara, che era terra italiana, ignari che di lì a poco nel 1943 li avrebbe aspettati un nuovo esilio”.
C’è chi, come Franco Grazzina, esule da Fiume a Gorizia, ha detto di “aver dormito per terra nel 1949 al Campo profughi di Udine, solo con una coperta e dei fogli di giornale – poi ha aggiunto in un’intervista del 2013 – per mangiare si faceva una lunga fila con la gamella, poi siamo andati a vivere a Venzone e poi a Gorizia”. Ad esempio le sorelle Egle e Odette Tomissich, nate a Fiume, ricordano il Csp di Udine, perché nelle camerate c’erano le brande e la corrente elettrica, che mancavano, invece nel 1948, al Crp del Silos a Trieste, dove i profughi dormivano sul pavimento.
Definiti come “sussidiati”, i piccoli profughi ricevevano penna, pennino e carta, come ha ricordato nel 2008 Vittorio Zannier, figlio di Santina Pielich, originaria di Fiume e di Pietro Carlo Zannier, un sopravvissuto al campo di sterminio nazista di Dachau. La famiglia Zannier visse al Villaggio Metallico fino al 1956, quando per traslocare “fu sufficiente un motocarro Ape, da così poche cose che avevamo”. Vittorio Zannier si sente friulano, essendo nato a Udine nel 1951 e parla in marilenghe. “Tai pîts o vevi i çucui fats cu la gome dai budiei de biciclete cjatâts te Tor – ha raccontato Vittorio Zannier – e si lave a scuele a pîts cui fîs dal maresiâl, si jentrave tun negozi par cjoli merendinis, ‘e paie la mame’, e disevin i fîs dal maresiâl e alore jo o ai fat come lôr, dopo però me mari mi à dât un tango, che mi lu visi ancjemò” (Ai piedi avevo gli zoccoli fatti con la gomma delle vecchie camere d’aria gettate nel Torre, e si andava a scuola a piedi con i figli del maresciallo, si entrava in un negozio per prendere le merendine, ‘paga la mamma’, dicevano i figli del maresciallo e allora ho fatto come loro, dopo però mia mamma mi ha punito, che me lo ricordo ancora oggi). Altri ricordi di aiuti ricevuti? “Pe prime Comunion no vevi il vistît – ha concluso Vittorio Zannier – e pre Battigelli, plevan di Sant Gotart, al à paiât lui il vistît par me, li dai Combattenti, in place dai grans e, di frutin, o ai stât tal asîl de Cjase dal Frut di Via Diaz” (Per la prima Comunione non avevo il vestito e don Battigelli, il parroco di San Gottardo, ha pagato il vestito per me, nel negozio Ai Combattenti, in piazza dei Grani – piazza XX Settembre – e da bambino sono stato all’asilo della Casa dell’Infanzia di Via Diaz).
Dato che il Parco Martiri delle Foibe è sito in via Manzini, è stata brevemente descritta la biografia del giurista friulano. Vincenzo Manzini (Udine, 20 agosto 1872 – Venezia, 16 aprile 1957) è stato un giurista, avvocato e accademico italiano. Allievo di Enrico Ferri, è stato avvocato e professore universitario di Diritto e Procedura penale nelle Università di Ferrara, Sassari, Siena, Università di Napoli, Torino, Pavia, Padova (1920-1938), Roma (1938-1939), e ancora Padova (1939-1943). Tra il 1928 e il 1930, su incarico del guardasigilli Alfredo Rocco si occupò della redazione del Codice penale (tuttora in gran parte vigente) e soprattutto del Codice di procedura penale (quest’ultimo riformato nel 1955 e quindi integralmente sostituito dalla riforma del 1988).
Fuori itinerario, è stato nominato il Piazzale Norma Cossetto, martire istriana. Intitolato dal Comune di Udine, con l’ANVGD, l’11 febbraio 2022 il luogo intende far memoria della giovane studentessa di Visinada, seviziata da 16 titini e gettata nella foiba di Villa Surani. Il piazzale a lei dedicato è nel quartiere di Sant’Osvaldo, a pochi metri dal quarto Villaggio giuliano costruito in città per integrare gli esuli.
La Camminata del Ricordo, patrocinata dall’Università della Terza Età di Udine, si è svolta con la collaborazione dell’Associazione Insieme con Noi, presieduta da Germano Vidussi e del Circolo culturale “Alfredo Orzan” della Parrocchia di San Pio X di Udine, nell’ambito della Setemane de Culture Furlane, con oltre 190 appuntamenti. Tra i partecipanti del Trekking del Ricordo più incuriositi ci sono state una signora di Ravenna e poi la signora Elena, nata in Ucraina e socia dell’ANVGD di Udine “per solidarietà”.
Cenni bibliografici e sitologici
Buora 1986 = Maurizio Buora, Guida di Udine. Arte e storia tra vie e piazze, Trieste, Lint, 1986.
Nassimbeni 2019 = Lorenzo Nassimbeni, Don Pietro Nachini, artefice d’organi. I documenti conservati all’Archivio di Stato di Udine, catalogo della mostra, 21 settembre-7 dicembre 2019, Archivio di Stato di Udine.
Rumici 2009 = Guido Rumici, Catalogo della mostra fotografica sul Giorno del Ricordo, Roma, ANVGD, 2009.
Varutti 2013 = Elio Varutti, Itinerario giuliano a Udine. Esodo istriano, un brano sconosciuto di storia locale, Udine, Istituto “B. Stringher”, anno scolastico 2012-2013.
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Note – Itinerario a cura di Elio Varutti, coordinatore del Gruppo di lavoro storico-scientifico dell’ANVGD di Udine. Networking a cura Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Lettori: Bruno Bonetti, Eda Flego e Marco Birin. Fotografie di Bruno Bonetti, E. Varutti e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in Via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine. – orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vice presidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi.
Fonte: ANVGD Udine – 09/05/2022